CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 dicembre 2013, n. 27511
Lavoro – Riconoscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato – Nullità del contratto di apprendistato – Prova per testi.
Svolgimento del processo
Con sentenza pubblicata il 7 dicembre 2007 la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 27 ottobre 2003 che ha rigettato la domanda proposta da O.G. intesa ad ottenere il riconoscimento dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della S. & C. s.a.s. dal 7 giugno 1999 all’1 agosto 1999 con la conseguente condanna di detta società al pagamento delle relative competenze, e la dichiarazione della nullità del contratto di apprendistato per stipula successiva all’effettivo inizio del rapporto, ovvero per mancato svolgimento di attività formativa e, per l’effetto, la dichiarazione dell’esistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la conseguente condanna della società al pagamento di tutte le mensilità di retribuzione dalla data di scadenza del contratto di apprendistato fino alla risoluzione del rapporto. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia di rigetto, pur accogliendo l’eccezione di nullità della procura della parte appellata e quindi considerando la contumacia della società, e pur condividendo il principio di diritto secondo cui incombe sul datore di lavoro l’onere di provare la reale sussistenza di un valido rapporto di apprendistato, e considerando comunque provata l’esistenza di un rapporto di apprendistato sulla base delle risultanze delle prove testimoniali svolte.
L’O. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su sei motivi.
La S. & C. s.a.s. resiste con controricorso.
Il ricorrente ha presentato memoria.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod. civ. e 293 cod.proc.civ. con riferimento alla legge n. 25 del 1955 ed alla legge n. 214 del 1999. In particolare si deduce che il giudice dell’appello, dopo avere correttamente condiviso il principio per cui è onere del datore di lavoro provare la sussistenza del rapporto di apprendistato ha poi ritenuto provata tale sussistenza sebbene il datore di lavoro non sia stato formalmente costituito.
Con il secondo motivo si lamenta ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ., motivazione contraddittoria rispetto all’onere della prova della formazione con riferimento alla circostanza dedotta con il primo motivo sotto il profilo della violazione di legge.
Con il terzo motivo si assume violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 e 16 della legge n. 25 del 1955 come modificata dalla legge n. 96 del 1997 ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ. lamentandosi che l’obbligo formativo sarebbe stato ritenuto provato sulla base di testimonianze sul punto della formazione che sarebbero state estremamente generiche.
Con il quarto motivo si lamenta motivazione carente e contraddittoria rispetto all’osservanza dell’obbligo formativo ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ.
Con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. con riferimento all’interpretazione delle deposizioni testimoniali non corrispondenti a quanto risultante dalla verbalizzazione.
Con il sesto motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 5 cod. proc. civ., motivazione contraddittoria rispetto allo svolgimento di attività formativa rispetto a quanto emerge dalla verbalizzazione.
Tutti i motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto si riferiscono tutti all’accertamento di fatto della sussistenza del rapporto di apprendistato fra le parti.
La Corte d’appello romana, confermando il giudizio del Tribunale in primo grado, ha compiutamente motivato l’esistenza di un valido rapporto di apprendistato fra le parti. A tale riguardo non è affatto contraddittoria la motivazione che, dopo avere affermato il principio secondo cui è onere del datore di lavoro provare tale sussistenza, ha poi riscontrato che tale prova è stata effettivamente fornita. La valutazione delle prove testimoniali dettagliatamente e logicamente considerate dal giudice d’appello, non è censurabile in questa sede di legittimità.
Il ricorso deve di conseguenza necessariamente essere rigettato.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 2.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.
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