CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 10 dicembre 2013, n. 27597
Tributi – IVA – Fornitore di ente pubblico – Imposta ad esigibilità differita – Facoltà di avvalersi del regime di esigibilità ordinaria – Comportamento concludente – Risultanze di bilancio – Rilevanza – Sussiste
Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate ricorre contro l’A.S.I.A. Azienda Servizi I. A. – Benevento – spa per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania, confermando la sentenza di primo grado, ha annullato un avviso di accertamento IVA 2003.
Col suddetto avviso l’Ufficio – ritenendo applicabile nella specie il regime della esigibilità differita dell’IVA previsto a favore dei fornitori di enti pubblici (vale a dire il regime della esigibilità al momento del pagamento, invece che a quello, precedente, dell’emissione della fattura) – aveva ripreso a tassazione a titolo di imposta dovuta per l’anno 2003 l’IVA sulle fatture emesse dall’A.S.I.A. nei confronti del Comune di Benevento nel 2002, ma riscosse nel 2003.
La Commissione Tributaria Regionale ha disatteso la tesi dell’Ufficio, affermando che la contribuente si era avvalsa del regime di esigibilità ordinaria (cosicché le fatture de quibus andavano conteggiate nel volume di affari 2002, non 2003) a nulla rilevando l’omissione, meramente formale, dell’apposizione sulle fatture della dicitura “IVA ad esigibilità immediata a quest’ultimo proposito il giudice di merito evidenziava che la necessità di tale incombente – per avvalersi del regime di esigibilità ordinaria, anziché differita, dell’IVA – non era prevista dalla legge ma da una circolare ministeriale.
Con l’unico motivo di ricorso la difesa erariale censura l’insufficienza della motivazione sul fatto decisivo e controverso che la contribuente avesse incluso le fatture de quibus nella dichiarazione IVA 2002 e avesse effettuato il relativo versamento di imposta.
L’A.S.l.A. spa si è costituita con controricorso.
La causa – originariamente avviata alla trattazione camerale con relazione ex art. 380 bis c.p.c. e quindi rimessa dal Collegio alla pubblica udienza – è stata discussa all’udienza del 13.11.13, in cui il Procuratore Generale ha concluso come da verbale.
Motivi della decisione
In via preliminare vanno disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso proposte dalla contro ricorrente sia con riferimento a pretese carenze di autosufficienza (apparendo invece la formulazione del ricorso idonea ad investire compiutamente la Corte della censura proposta), sia con riferimento alla pretesa irrilevanza della censura rispetto alla ratio decidendi della sentenza gravata.
Nel merito, tuttavia, la censura di insufficienza della motivazione va giudicata infondata.
La difesa erariale lamenta che la Commissione Tributaria Regionale, giudicando violazione meramente formale la mancata apposizione della dicitura “IVA ad esigibilità immediata” sulle fatture di cui si tratta, abbia annullato la ripresa fiscale relativa all’IVA 2003 – operata dall’Ufficio in base al regime di esigibilità differita dell’IVA sulle fatture emesse nei confronti di enti pubblici – sul presupposto di fatto che la contribuente avesse versato l’IVA nel 2002, anno di effettuazione delle prestazioni.
Secondo la ricorrente tale motivazione sarebbe insufficiente perché trascura la doglianza svolta nell’appello dell’Ufficio secondo cui dagli atti di causa non emergeva alcuna prova della circostanza che la contribuente avesse effettivamente versato nel 2002 l’IVA che nell’atto impositivo impugnato veniva richiesta per il 2003.
Osserva al riguardo il Collegio che il fatto in relazione al quale la ricorrente lamenta il vizio motivazionale della sentenza gravata è privo del requisito della decisività, prescritto dall’articolo 360, n. 5, c.p.c..
Ai fini del giudizio sulla legittimità della ripresa operata dall’Ufficio per l’anno di imposta 2003, il fatto rilevante è se la contribuente avesse esercitato la facoltà di avvalersi del regime di esigibilità immediata dell’IVA, non se – avendo esercitato tale facoltà ed essendo quindi sorto a suo carico l’obbligo dì pagare l’IVA nel 2002 – essa avesse adempiuto a tale obbligo, versando effettivamente l’IVA nel 2002; infatti, una volta accertato in linea di fatto che la contribuente aveva optato per il regime dì esigibilità immediata, l’eventuale accertamento del mancato versamento dell’IVA nel 2002 giustificherebbe una ripresa per l’anno di imposta 2002, ma non mai per l’anno di imposta 2003, oggetto dell’atto impositivo impugnato nel presente giudizio.
La Commissione Tributaria Regionale ha posto a base della sua decisione la seguente ricostruzione di fatto: “la società ricorrente emise per l’esercizio 2002 la fatturazione all’ente pubblico alla fine della prestazione eseguita e dichiarò negli F24 l’IVA per le fatture emesse ancorché non incassate, riportando in contabilità a credito l’IVA esposta nelle fatture e tra i clienti il credito per il lavoro eseguito il tutto ai sensi dell’articolo 5 del predetto DPR ; il tutto invece di fatturare al momento dell’effettivo pagamento (2003) per poi fare la dichiarazione dell’IVA proprio nell’anno dell’incasso (2003) e quindi effettuare l’eventuale versamento” (pagina 2 secondo capoverso, della sentenza). Da tali circostanze il giudice territoriale ha desunto che “sostanzialmente all’epoca dei fatti non vi è stata evasione Iva la quale peraltro contabilmente era stata correttamente segnalata”.
L’argomento che la contribuente aveva contabilizzato l’Iva sulle fatture in questione nell’anno della relativa emissione (2002) invece che nell’anno di incasso degli importi fatturati (2003) è autonomamente sufficiente – a prescindere da qualunque accertamento sull’effettivo versamento dell’IVA nel 2002 – a sorreggere il convincimento della Commissione Tributaria Regionale che la contribuente si fosse avvalsa della facoltà di applicare il regime di esigibilità ordinaria, anziché differita, di tali fatture.
Né la concludenza di tale argomento risulta inficiata dal rilievo della difesa erariale che, per il c.d. principio di derivazione di cui all’articolo 83 TUIR, le risultanze del bilancio rilevano ai fini della determinazione dell’imposta sui redditi ma non anche ai fini dell’lVA; tale rilievo potrebbe infatti sorreggere una censura di violazione di legge, non proposta dalla ricorrente, ma non attinge la logicità e sufficienza della motivazione in fatto della sentenza gravata, vale a dire dell’argomento induttivo secondo cui la contabilizzazione dell’IVA sulle fatture in questione nell’anno di imposta 2002 costituisce comportamento concludente idoneo a manifestare la volontà della contribuente di esercitare la facoltà di avvalersi del regime di esigibilità ordinaria.
In conclusione il ricorso va respinto.
Le spese si compensano.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
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