Corte di Cassazione sentenza n. 22759 del 3 novembre 2011
INFORTUNI SUL LAVORO – INFORTUNIO IN ITINERE – INDENNIZZO – USO DEL PROPRIO AUTOMEZZO
massima
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In materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’infortunio “in itinere” non può essere ravvisato in caso di incidente stradale subito dal lavoratore che si sia spostato con il proprio automezzo dalla propria dimora al luogo di prestazione dell’attività lavorativa fuori sede, ove l’uso del veicolo privato non rappresenti una necessità, in assenza di soluzioni alternative, ma una libera scelta del lavoratore, tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio della strada.
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FATTO
Con ricorso depositato il 2 marzo 1999 L.V. conveniva l’INAIL, innanzi il Tribunale di Reggio Calabria, per sentir riconosciuto, in relazione ad un sinistro stradale verificatosi il 13 aprile 1996, il diritto all’erogazione delle prestazioni previdenziali di legge. L’INAIL si costituiva contestando che, nella fattispecie, fossero ravvisabili le condizioni richieste perché il predetto sinistro stradale potesse essere qualificato come infortunio in itinere indennizzabile.
Con sentenza n. 2114/2003, l’adito Tribunale rigettava la domanda.
Proponeva gravame il L. e la Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza dell’11 maggio-1° giugno 2010, rigettava l’appello.
Per la cassazione di tale pronuncia propone ricorso il L. con un unico motivo, cui resiste l’INAIL con controricorso.
DIRITTO
L’unico motivo di ricorso, con il quale viene denunciata “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1124/1965” è manifestamente infondato.
Il ricorrente, infatti, articola la censura richiamando la giurisprudenza di questa Corte con la quale sono stati indicati i principi di diritto che governano l’indennizzabilità degli infortuni occorsi durante il tragitto di andata e ritorno dall’abitazione al luogo di lavoro; principi che sono stati, poi sussunti dal legislatore nel disposto dell’ultimo comma dell’articolo 2 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, aggiunto dall’articolo 12 del D.Lgs. n. 38/2000. Il ricorrente, però, non precisa in alcun modo quali siano le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che siano in contrasto con le disposizioni richiamate, così non consentendo a questa Corte di adempiere il compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cassazione civile, sez. 1. 6 febbraio 2009, n. 2993), né il L. riporta il contenuto dei documenti che asserisce essere stati mal valutati dal giudice del gravame.
La Corte di Appello di Reggio Calabria, infatti, ha rilevato che il L., con produzione documentale tardiva, aveva provato soltanto che, nel giorno dell’evento lesivo, doveva partire verso il luogo di lavoro alle 16,15 e rientrare al proprio domicilio dopo le ore 7,20 del giorno seguente e che le corse ferroviarie tra Bagnara e Reggio Calabria terminavano alle ore 21; per quanto riguarda i mezzi pubblici diversi dal treno, la cui esistenza era ammessa dallo stesso L., quest’ultimo si era limitato ad indicare l’orario dell’ultima corsa serale.
La Corte di Appello ha, quindi, rilevato che, essendo pacifica l’esistenza di mezzi pubblici idonei a garantire il percorso di andata e che quello di ritorno avrebbe potuto avere inizio dopo le ore 7,20 del mattino, risultava del tutto irrilevante la circostanza che le corse serali terminassero alle ore 21, mentre in merito al fatto rilevante, e cioè l’orario di inizio delle corse mattutine, il L. non aveva fornito neppure un principio di prova, che consentisse l’esercizio dei poteri istruttori officiosi.
Così argomentando, la Corte territoriale ha mostrato di aderire alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l’infortunio “in itinere” non può essere ravvisato in caso di incidente stradale subito dal lavoratore che si sia spostato con il proprio automezzo al luogo di prestazione dell’attività lavorativa fuori sede tra il luogo della propria dimora, ove l’uso del veicolo privato non rappresenti una necessità, in assenza di soluzioni alternative, ma una libera scelta del lavoratore, tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio della strada (Cass. n. 19940/2004). Le relative valutazioni sono rimesse al giudice di merito e si sottraggono al sindacato di legittimità se sorrette da adeguate e congrua motivazione (ex plurimis, Cass. n. 6449/1998).
Non risultando sussistere il denunciato vizio e apparendo corretto l’iter argomentativo adottato dalla Corte d’appello a sostegno delle sue conclusioni, il ricorso, va rigettato.
Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell’art. 152 disp.att. c.p.c., nel testo anteriore a quello di cui all’art. 42, comma 11, d.l. n. 269 del 30 settembre 2003, nella specie inapplicabile ratione temporis.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; nulla per le spese.
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