CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 08 gennaio 2014, n. 161
Caratteri del rapporto individuale – Somministrazione di lavoro – Causale del contratto non controllabile a posteriori – Conversione in contratto a tempo indeterminato
Ragioni della decisione
1. T.M. convenne in giudizio E. spa e l’agenzia interinale E.W. spa, esponendo di aver stipulato due contratti di lavoro temporaneo con l’agenzia interinale, il primo in data 21 marzo 2003 con causale “casi previsti dal ccnl”, per Io svolgimento di mansioni di agente di ‘call center’ presso l’impresa utilizzatrice “I.P.” spa (in seguito E. spa) con tre successive proroghe; il secondo il 2 novembre 2004, per “picchi di attività” o “punte di intensa attività”. Chiedeva che venisse dichiarato sussistente un rapporto di lavoro direttamente con l’impresa utilizzatrice ed a tempo indeterminato per una serie di ragioni attinenti alla illegittimità del contratto.
2. Il Tribunale dichiarò l’illegittimità del primo contratto. Dichiarò, di conseguenza, la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con l’E. a decorrere dal primo contratto e condannò la società al pagamento delle retribuzioni a decorrere dalla messa in mora.
3. L’E. spa propose appello contro tale decisione.
4. La Corte d’appello di Torino, accolse l’appello e rigettò la domanda.
5. Nella sentenza la Corte d’appello precisa che il contratto di fornitura di lavoro temporaneo ha natura causale, nel senso che l’imprenditore può farvi ricorso solo nei casi previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e che ciò implica la necessaria esplicitazione del motivo della sua conclusione, cui è collegata la possibilità di controllarne il rispetto. La Corte aggiunge anche che l’indicazione della causale deve essere sufficientemente specifica così da poter essere oggetto di successivo accertamento giudiziale e che, nel caso in esame, la causale non era specifica, bensì generica e quindi risultava violata la regola dettata dal legislatore.
6. Tutto ciò premesso, però, la Corte assume che, diversamente da quanto essa stessa aveva sostenuto in precedenti decisioni ’’l’indicazione generica dei motivi di ricorso al lavoro temporaneo non comporta, ex art. 10 l. n. 196 del 1997, la conversione del rapporto di lavoro alle dipendenze della impresa utilizzatrice e a tempo indeterminato”. È questo il motivo per cui la sentenza di primo grado viene riformata e la domanda rigettata.
7. Contro tale decisione la ricorrente propone due motivi di ricorso. E. spa si difende con controricorso. Entrambe la parti hanno depositato una memoria.
8. Con il primo motivo del ricorso la lavoratrice denunzia violazione dell’art. 10 della legge n. 196 del 1997, criticando la tesi enunciata dalla Corte di Torino per la quale, in presenza di una causale giudicata dalla stessa Corte generica e pur sussistendo l’obbligo, imposto dalla legge, di indicare una causale specifica e controllabile a posteriori, tuttavia, in caso di violazione di tale obbligo, la legge del 1997 non prevede sanzioni di sorta.
9. La tesi sostenuta dalla Corte d’appello non è fondata, per le ragioni più volte esposte da questa Corte di cassazione in una lunga serie di sentenze. Tra le molte, è sufficiente qui richiamare Cass. 24 giugno 2011 n. 13960 e Cass. 12 gennaio 2012 n. 232 che così si esprime: “in materia di contratto di lavoro interinale, la mancata o la generica previsione, nel contratto intercorrente tra l’impresa fornitrice ed il singolo lavoratore, dei casi in cui è possibile ricorrere a prestazioni di lavoro temporaneo, in base ai contratti collettivi dell’impresa utilizzatrice, spezza l’unitarietà della fattispecie complessa voluta dal legislatore per favorire la flessibilità dell’offerta di lavoro nella salvaguardia dei diritti fondamentali del lavoratore e fa venir meno quella presunzione di legittimità del contratto interinale, che il legislatore fa discendere dall’indicazione nel contratto di fornitura delle ipotesi in cui il contratto interinale può essere concluso. Pertanto, trova applicazione il disposto di cui alla legge 24 giugno 1997, n. 196, art. 10 e dunque quanto previsto dalla legge 23 ottobre 1960, n. 1369, art. 1, per cui il contratto di lavoro col fornitore ‘interposto’ si considera a tutti gli effetti instaurato con l’utilizzatore ‘interponente’ (nello stesso senso, cfr. anche Cass. 5 luglio 2011 n. 14714; Cass. 29 maggio 2013 n. 13404, alle cui motivazioni si rinvia per ulteriori approfondimenti).
10. Le medesime sentenze hanno infine precisato che, quando il contratto di lavoro che accompagna il contratto di fornitura è a tempo determinato, alla conversione soggettiva del rapporto, si aggiunge la conversione dello stesso da lavoro a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato, per intrinseca carenza dei requisiti richiesti dal decreto legislativo 368 del 2001, o dalle discipline previgenti, a cominciare dalla forma scritta, che ineluttabilmente in tale contesto manca con riferimento al rapporto tra impresa utilizzatrice e lavoratore (sul punto, v. anche: Cass. 1148 del 2013 e Cass. 6933 del 2012).
11. L’effetto finale è, pertanto, la conversione del contratto per prestazioni di lavoro temporaneo in un ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato tra l’utilizzatore della prestazione, datore di lavoro effettivo, e il lavoratore.
12. Il primo motivo di ricorso deve quindi essere accolto, mentre il secondo rimane assorbito.
13.L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione della sentenza, con rinvio alla medesima Corte d’appello in diversa composizione, che deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese.
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