Corte di Cassazione sentenza n. 9459 del 27 febbraio 2013
SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – CARICO DI UN AUTOCARRO OLTRE IL LIMITE DI SICUREZZA DELLE SPONDE – RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO – MISURE DI PREVENZIONE E DI SICUREZZA
massima
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Vi è la responsabilità del datore di lavoro, il quale aveva consentito che un suo autocarro fosse caricato di assi da ponteggio oltre il limite delle sponde, pertanto senza alcuna sicurezza, per gli addetti allo scarico, contro la caduta dei materiali. Mentre il lavoratore, giunto presso il cantiere di destinazione, allentava la fune che teneva il carico per prelevare le assi, alcune di esse gli cadevano addosso, provocandogli lesioni personali costituite da fratture ossee.
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FATTO
1. Con sentenza del 11/6/2008 il Tribunale di Como, sez. dist. di Cantù, condannava S.O. per il delitto di lesioni colpose aggravate in danno del dipendente L.C.E. (acc. in (Omissis)). All’imputato, in qualità di titolare della s.r.l. S. e, quindi di datore di lavoro, era stato addebitato di avere consentito che un suo autocarro fosse caricato di assi da ponteggio oltre il limite delle sponde, pertanto senza alcuna sicurezza, per gli addetti allo scarico, contro la caduta dei materiali; pertanto mentre il L., giunto presso il cantiere di destinazione, allentava la fune che teneva il carico per prelevare le assi, alcune di esse gli rovinavano addosso, provocandogli lesioni personali costituite da fratture ossee.
2. Con sentenza del 27/l/2012 la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza di condanna, concedendo il beneficio della sospensione condizionale della pena. Osservava la Corte che:
– dalle deposizioni della persona offesa e da quella del suo compagno di lavoro, G.F., era emerso che il sinistro si era verificato come indicato nel capo di imputazione;
– la circostanza di caricare l’autocarro oltre il limite di sicurezza delle sponde era una prassi aziendale indicata o quantomeno tollerata dal datore di lavoro, al fine di risparmiare sui viaggi di trasporto materiali;
– il rispetto delle norme di prevenzione avrebbe evitato l’evento, in quanto gli operai avrebbero potuto scaricare le assi in situazione di sicurezza ed in assenza di pericoli di caduta materiali.
Sulla base di tali valutazioni veniva confermata la pronuncia di condanna.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, lamentando:
3.1. La erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione per non avere il giudice di merito valutato la inattendibilità del teste G., laddove aveva dichiarato di non avere ricevuto una corretta formazione professionale, essendo documentalmente provato che tale formazione era stata svolta in azienda e ciò aveva indotto il S. a denunciare per falsa testimonianza il teste.
3.2. L’erronea applicazione della legge in quanto il caricamento dell’autocarro oltre il limite di altezza delle sponde non violava nè l’art. 11, nè il d.p.r. 547/1955, art. 160. In realtà l’infortunio era addebitabile al cd. “rischio residuo”, cioè quel rischio collegato a comportamenti umani ed a fattori contingenti.
Nello specifico l’unico responsabile, tenuto conto della “graduazione” dei compiti previsti nelle aziende, doveva essere individuato proprio nel G., che in qualità di preposto non avrebbe dovuto caricare l’autocarro oltre il limite di sicurezza.
Pertanto il S. era estraneo ai fatti, in quanto non era stato presente alle operazioni di carico, le quali erano state svolte da un preposto “formato” in relazione ai compiti da svolgere.
3.3. Il vizio di motivazione laddove il giudice di merito aveva ritenuto provato che il datore di lavoro avesse dato l’ordine al G. e L. di caricare oltre il limite l’autocarro; circostanza non veritiera tenuto conto che il datore di lavoro non era presente al momento delle operazioni.
DIRITTO
4. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
4.1. In ordine al primo motivo di censura, va osservato che la sentenza di appello motiva la conferma della condanna, non sulla base di un difetto di formazione dei lavoratori, ma sotto altri profili di responsabilità. Il giudice di appello, infatti, esplicitamente da atto in motivazione che risulta provato il regolare espletamento di un’adeguata formazione dei dipendenti, anche in tema di sicurezza.
Pertanto il motivo di doglianza risulta superato dalla stessa decisione di secondo grado.
4.2. Quanto alla “prassi” di caricare l’autocarro oltre il limite di sicurezza delle sponde, sul punto, come ricordato dal giudice di merito, vi è la deposizione del teste G.F., il quale ha ricordato come la disposizione di caricare più materiale veniva proprio dal S., il quale in tal modo risparmiava sui viaggi.
Ha ricordato la Corte di merito che la veridicità di tale affermazione era attestata da due circostanze : la prima, la deposizione della stessa vittima la quale aveva sentito dal G. che il maggior carico era un desiderio dello stesso datore di lavoro; la seconda, l’argomento logico che l’esuberanza del carico portava vantaggio diretto proprio al S. in termini di risparmio di spesa.
Sul punto le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.
4.3. Infondata è, inoltre, la lamentata non riconducibilità del fatto sotto la copertura della norma precauzionale di cui al D.P.R. n. 547 del 1995, art. 11. Dispone tale norma che “I posti di lavoro e di passaggio devono essere idoneamente difesi contro la caduta o l’investimento di materiali in dipendenza dell’attività lavorativa”.
Ebbene è di tutta evidenza che lo spazio limitrofo ad un autocarro, per chi deve scaricarlo, è un posto di lavoro e pertanto deve essere protetto onde evitare la caduta pericolosa di materiali. In ogni caso al S., nel capo di imputazione, è contestata oltre alla colpa specifica, anche la colpa generica (negligenza, imprudenza, imperizia). Ebbene caricare un autocarro oltre il limite delle sponda costituisce una evidente violazione di regole di prudenza, prima ancora che una violazione di una esplicita disposizione di sicurezza.
Poichéè tali regole precauzionali miravano ad evitare proprio l’evento verificatosi, l’incidente deve inquadrarsi nell’ambito di un rischio “evitabile” e non, come sostenuto dall’imputato, “residuo”, cioè un potenziale pericolo, impossibile da eliminare.
4.4. Infine, infondata è anche la doglianza dell’imputato, tesa a far ricadere sul G., la responsabilità nel fatto, in quanto suo preposto. Invero, premesso che la qualità di preposto deve essere formalmente attribuita dal datore di lavoro, quantomeno per fatti concludenti, non bastando essere un operaio con maggiore anzianità ed esperienza di lavoro; va rilevato che una volta accertato che le disposizioni sul carico dell’autocarro provenivano dallo stesso datore di lavoro, il quale, in ogni caso, certamente era al corrente della prassi considerate le dimensioni modeste dell’azienda, ne discendeva di conseguenza la diretta responsabilità del S. della violazione delle norme di sicurezza che avevano determinato l’evento dannoso.
All’infondatezza del ricorso segue il suo rigetto e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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