Corte di Cassazione sentenza n. 954 del 16 gennaio 2013
SOCIETA’ DI CAPITALI – SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA – COSTITUZIONE – ATTO COSTITUTIVO – MODIFICAZIONI – REGIME ANTERIORE AL D.LGS. N. 6/2003 – PUBBLICITA’ – OPPONIBILITA’ AI TERZI – CONDIZIONI – FATTISPECIE
massima
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Nel regime applicabile alle società a responsabilità limitata in epoca anteriore alle modificazioni introdotte dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, il coordinato disposto degli artt. 2436 e 2494 c.c. prescriveva, in caso di adozione di modificazioni statutarie, la pubblicazione sul Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata “del testo integrale dell’atto modificato nella sua redazione aggiornata”, laddove l’art. 2457-ter, primo e secondo comma, c.c. disciplinava il regime di opponibilità ai terzi degli atti per i quali era prevista la pubblicazione, con l’effetto che, mentre dopo quindici giorni dalla pubblicazione la modificazione statutaria era opponibile ai terzi “iuris et de iure”, prima di quel termine l’atto era inopponibile se il terzo dimostrava di non averne avuto conoscenza, come pure in ipotesi di mancata pubblicazione e per il tempo ad essa precedente. (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto non opponibile all’attore notificante le modifiche della persona dell’amministratore, della denominazione e della sede della convenuta società, rimasta contumace, iscritte nel registro delle società nel tempo intercorso tra una prima notifica nulla e la rinnovazione della stessa).
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La srl Z.I. citò innanzi al Tribunale di Torre Annunziata la spa P.A. perché, previo accertamento dell’autenticità delle sottoscrizioni apposte in calce ad un preliminare di vendita, fosse trasferita la proprietà di un immobile, colà descritto, per la quota di un terzo, in uno con la srl C. e la srl S.L.I., del pan promissarie acquirenti dei restanti due terzi con distinti preliminari; chiese altresì di esser risarcita dei danni subiti a cagione di una procedura esecutiva iniziata sul bene promesso in vendita; nell’ipotesi in cui lo stesso immobile fosse divenuto indisponibile a causa della procedura di esecuzione, avanzò domanda di risoluzione e risarcitoria del pregiudizio subito.
Con separato atto il P.A. citò sia la srl Z.I., sia la C. e l’Immobiliare S.L., chiedendo che fosse dichiarata la nullità o l’inefficacia dei tre contratti preliminari e dei coevi contratti di locazione in proprio favore, in forza dei quali le tre società convenute, avuta la disponibilità dello stabilimento industriale promesso in vendita – ove si svolgeva l’attività di pastificio dell’esponente – lo avevano concesso in locazione, ponendo in essere un’operazione fraudolenta, avente il solo scopo di depauperare il patrimonio sociale in favore dei soci di maggioranza – che così si erano visti restituire ingenti quote del capitale sociale – in odio ai soci di minoranza ed ai creditori. 1 due giudizi vennero riuniti; si costituì il fallimento del Pastificio, nel frattempo dichiarato, insistendo nelle già proposte domande e chiedendo, in via subordinata, lo scioglimento dai contratti ai sensi dell’art. 72 1. fall. L’Immobiliare S. L. e la C. non si costituirono. L’adito Tribunale, con sentenza n. 119/2003, dichiarò la nullità dei tre contratti. Tale decisione venne impugnata dalla Z.I. che eccepì innanzi tutto la tardività della costituzione del Pastificio – avvenuta nei 10 giorni dall’ultima notifica anziché dalla prima – e, nel mento, lamentò la erronea interpretazione della volontà negoziale, basatasi sul rilievo dato alla contumacia delle altre società, a cui non poteva attribuirsi alcun valore indiziario; si costituirono sia l’Immobiliare – nuova denominazione assunta dalla C. – sia il fallimento, insistendo nelle proprie difese; con separato atto propose appello la stessa Limi Immobiliare, deducendo tra l’altro la nullità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, effettuata a mani di persona diversa dal legale rappresentante della società ed in luogo diverso dalla sede sociale; la Z.I. propose appello incidentale; si costituirono altresì il fallimento e la Immobiliare S.L. che chiese il rigetto delle impugnazioni. Riuniti i due giudizi, l’adita Corte di Appello respinse entrambi gli appelli.
Contro tale decisione ha proposto ricorso l’Immobiliare, facendo valere due motivi; il Fallimento del Pastificio A. e la Z.I. hanno svolto controricorso illustrato altresì da memoria e la seconda ha proposto anche ricorso incidentale, in risposta al quale il Fallimento ha notificato separato controricorso; la Immobiliare S.L. non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi vanno riuniti ex art. 335 c.p.c. in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
I – Con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione delle norme a presidio: della ripartizione dell’onere probatorio – l’art. 2697 c.c. -; del principio del contraddittorio – l’art. 101 c.p.c. -; dei limiti che trova il giudice nella disponibilità del materiale probatorio – art. 115 c.p.c. -; denunzia altresì un vizio del ragionamento del giudice dell’appello, nella sua triplice manifestazione di omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione, tale da determinare la nullità della sentenza e del procedimento.
I.a – Deduce innanzi tutto la ricorrente che erroneamente la Corte di Appello avrebbe respinto il motivo di gravame diretto a far valere il difetto di notifica della citazione introduttiva del giudizio di primo grado, in quanto l’atto da notificare sarebbe stato ricevuto da soggetto che non era il legale rappresentante della società e neppure sarebbe stato indirizzato alla sede sociale.
I.b – Contesta in particolare la non condivisibilità sul punto della gravata decisione, laddove deduce che di tale vitium in procedendo non sarebbe stata data alcuna dimostrazione, non essendo stato depositato l’atto notificato il quale peraltro, in ossequio al principio della acquisizione della prova, già sarebbe stato presente nell’incarto avversano e di questo in positivo – al fine di rispondere alle critiche – la Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto; sostiene altresì che non sarebbe condivisibile neppure l’argomentazione induttiva sostenuta dalla Corte distrettuale, a mente della quale la regolarità della notifica avrebbe dovuto essere presunta, per il sol fatto che di essa il giudice di primo grado avrebbe necessariamente tenuto conto nel dichiarare la contumacia di essa ricorrente.
I.c – In positivo parte ricorrente, rileva che dalla copia notificata della citazione emergerebbe che la notifica appare eseguita il 22 giugno 2000 – essendo la prima notifica, eseguita nel febbraio dello stesso anno, invalida per insufficienza del termine a comparire – in Castellammare di Stabia, alla via E., a mani di C.R.: dalla certificazione camerale sarebbe per contro risultato che: 1 – la suddetta C. sarebbe stata amministratrice dal 26 marzo 1999 al 14 marzo 2000, allorquando sarebbe stata sostituita da F.P.F.; 2 – la sede sociale era in via T. n. 33 in Scafati, giusta verbale di assemblea straordinaria del 15 marzo 2000, mentre la notifica era stata eseguita presso il domicilio della ex amministrazione C.
I.d – Da tale invalidità parte ricorrente trae la conclusione che se la notifica era da considerarsi nulla, il giudizio avrebbe dovuto retrocedere in primo grado ai sensi dell’art. 354 c.p.c.; se la si fosse voluta considerare inesistente – mancando ogni collegamento tra soggetto ricevente la notifica e soggetto che validamente poteva impersonale la società- del pari il processo avrebbe dovuto tornare in primo grado, dal momento che l’oggetto era la declaratoria di nullità dei tre preliminari con la conseguente instaurazione di un litisconsorzio necessario tra tutti i soggetti che furono parti di quei negozi.
II – Con il secondo motivo la ricorrente principale denunzia la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 160-163, II comma, c.p.c. laddove la notifica era stata fatta direttamente al domicilio di chi era stato reputato amministratore, senza prima esser tentata – a norma dell’art. 145 c.p.c. nella formulazione vigente ratione temporis – presso la sede della società.
III – I due motivi possono essere esaminati congiuntamente, riguardando diversi aspetti della ritualità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio.
III.a – È un dato di fatto che il controllo ex actis da parte della Corte sulla notifica della citazione – sollecitato nel motivo e doveroso stante la natura dell’error in procedendo lamentato – non è possibile in quanto l’atto in questione, sin dall’appello, non si rinveniva più nel fascicolo di parte; posto ciò, il giudizio di corretta applicazione delle norme attinenti la contumacia della società C., che in seguito assunse la denominazione di F. Immobiliare, va compiuto sulla base delle allegazioni difensive delle parti e sulla documentazione che esse richiamano.
III.b – Sul punto va sottolineato che non ha rilievo la circostanza che parte ricorrente non abbia affermato di non aver avuto tempestiva conoscenza della notifica della citazione né abbia specificato quando (o come) abbia acquisito la conoscenza della vocatio in jus, dal momento che nella fattispecie – che va ricordato, riguarda la citazione in primo grado- non sono applicabili i principi stabiliti da questa Corte in materia di impugnazioni (od opposizioni a decreto ingiuntivo) tardive, laddove si impone alla parte di dimostrate quando, rispetto alla scadenza del termine di preclusione, abbia avuto la conoscenza dell’atto: ciò in quanto in quel caso il maggior onere probatorio sull’eccipiente viene ad essere giustificato dagli effetti che la valida notifica avrebbe rispetto ad una impugnazione ( od ad una opposizione) per la quale i termini fossero già scaduti.
III.c – Neppure può esser richiamato, a sostegno della validità del giudizio di infondatezza del relativo motivo di appello formulato dalla Corte territoriale, il principio dell’onere della prova incombente in genere sull’eccipiente, dal momento che la mancata disponibilità dell’atto costituiva il presupposto dell’eccezione stessa.
III.d – Del pari non assume valore risolutivo della specifica censura il fatto che la declaratoria di contumacia operata dal Tribunale farebbe supporre un positivo controllo della ritualità della fattispecie notificatoria, e ciò per la specificità della nullità fatta valere: se infatti la notifica poteva apparire validamente fatta alla legale rappresentante della C. e presso la sede sociale della stessa, sulla base della documentazione validamente consultata al momento della prima notifica – dichiarata nulla per concessione di termine a comparire minore di quello legale – tentata il 22 febbraio 2000 – certo questo, secondo prospettazione, ed a prescindere da una nuova consultazione presso la Camera di Commercio (all’evidenza non effettuata), non poteva valere per la nuova (ed asseritamente invalida) notifica avvenuta il 22 giugno 2000, allorché era intervenuta – dopo l’accertamento in prima udienza della nullità della prima fattispecie notificatoria – la modifica della rappresentanza sociale – passata dalla C. a F.P.F. con delibera del 10 marzo 2000 – nonché della denominazione sociale – da C. a F. Immobiliare – e della sede sociale – modifiche entrambe apportate con delibera del 15 marzo 2000.
III.e – Anche date per accertate le modalità di notifica indicate dalla società ricorrente – non riscontrabili, come detto, ex actis – correttamente la Corte di Appello ritenne non opponibile al Fallimento notificante la modifica della persona dell’amministratore intervenuta tra la prima notifica – nulla – e la seconda, in quanto la relativa delibera del 10 marzo 2000 venne iscritta nel registro delle società solo il 21 settembre 2000 – come risulta dalle visure camerali prodotte- e solo da tale data opponibile ai terzi; del pari da tale data risulta iscritta la modifica di denominazione sociale – da srl C. a l’Immobiliare – ed il trasferimento di sede sociale.
III.e.1 – Invero, nel regime vigente in epoca anteriore alle modificazioni introdotte dal D.Lgs. n. 5 del 2003, alle società a responsabilità limitata il coordinato disposto degli artt. 2436 e 2494 c.c. prescriveva, in caso di adozione di modificazioni statutarie, la pubblicazione sul Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata “del testo integrale dell’atto modificato nella sua redazione aggiornata”. L’art. 2457-ter, primo e secondo comma, c.c. disciplinava il regime di opponibilità ai terzi degli atti per i quali era prevista la pubblicazione, con l’effetto che, mentre dopo quindici giorni dalla pubblicazione la modificazione statutaria era opponibile ai terzi juris et de jure, prima di quel termine l’atto era inopponibile solo se il terzo dimostrava di non averne avuto conoscenza; nel caso invece di mancata pubblicazione e, comunque, per il tempo che l’aveva preceduta, era statuita l’inopponibilità della modifica, a meno che la società non avesse dimostrato la conoscenza del terzo (sul punto vedasi ex multis: Cass. Sez. L n. 2835/2009; Cass. I n. 4180/2001; Cass. Sez. III n. 6096/1985).
III.f – Non risulta poi riscontrabile ex actis la circostanza che la notifica a mani di colei che al momento del compimento dell’attività notificatoria si poneva legittimamente per i terzi come amministratrice della C. non sia stata preceduta – come imponeva il testo dell’art. 145 c.p.c. nella formulazione antecedente alla riforma introdotta con la legge n. 263/2005- dal vano tentativo di notifica presso la sede della società; se peraltro ciò fosse avvenuto, la irritualità che ne sarebbe derivata non sarebbe stata causa di nullità atteso che: “… la notificatone i/rituale, perché effettuata in luogo diverso da quello previsto dalla legge, non è comunque di per se stessa sanzionata da nullità: conseguenza che l’art. 160 c.p.c. prevede soltanto per la violazione delle regole circa la persona cui l’atto deve essere consegnalo. Ciò posto, va osservato che la notifica a mani proprie del legale rappresentante di una società di capitali deve considerarsi in ogni caso validamente effettuata: in virtù, per un verso, del principio – di ordine generale, fissato nell’art. 138 c.p.c. – circa la validità della notifica a mani proprie del destinatario, ovunque sia trovato;e, per altro verso, del principio di immedesimazione organica tra la società e le persone che la rappresentano o ne realizzano esecutivamente le finalità (così Cass. Sez. II n. 4785/2007 cui acide Cass. Sez. Il n. 12373/2002).
1 – Con il primo motivo di ricorso incidentale la Z.I. denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 165, 171, 307 e 354 c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per non aver, il giudice dell’impugnazione, ritenuta fondata la censura di tardività della costituzione del Fallimento, in quanto avvenuta oltre il decimo giorno dalla prima delle notifiche agli allora convenuti e non avrebbe ordinato la remissione della causa al giudice del grado precedente, al fine di far cancellare la causa, in applicazione analogica del disposto dell’art. 354 c.p.c.
1.a – Contesta altresì la ricorrente incidentale che potesse attribuirsi effetto sanante di tale invalidità alla pretesa “accettazione del contraddittorio” da parte propria – e certo non delle altre parti, non costituite.
1.b – Ribadisce, come già il ricorrente principale, che non sarebbe spettato ad essa convenuta dimostrare la tardività della costituzione bensì sarebbe stato obbligo del giudice dell’appello di verificare la fondatezza della censura, mediante la verifica ex actis.
2 – Con il secondo motivo di ricorso incidentale, denunzia la violazione e falsa applicazione dei principi e delle norme in materia di disponibilità e valutazione delle prove: in particolare la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c.; 2697 c.c.; fa valere inoltre l’esistenza di un triplice vizio di motivazione per tutte le ipotesi contemplate nell’art. 360, 1 comma, n. 5 c.p.c.
2.a – Osserva innanzi tutto la ricorrente incidentale che la Corte del merito, adottando una motivazione per relalionem a quanto argomentato dal Tribunale in merito all’illiceità dell’operazione complessiva – preliminare di vendita più concessione in locazione al venditore-, non avrebbe risposto alle molteplici censure formulate nell’appello, con le eguali si erano fatti valere: I – la circostanza che la contumacia delle allora convenute non poteva costituire una condotta processuale significativa a favore della tesi del fallimento; II – il fatto che non si sarebbe dato ingresso – né in primo né in secondo grad o- alle prove articolate da essa esponente, così facendo assurgere a rango di fatti accertati, le affermazioni della sola parte attrice; III – la fallacia di ritenere non contestate le circostanze addotte dal Fallimento, traendo elementi di convincimento dalla condotta di essa esponente che, proprio per aver articolato numerose prove, soprattutto in merito al valore reale dell’immobile oggetto del preliminare ed alla situazione finanziariamente precaria in cui si trovava il Pastificio A., aveva con ciò dimostrato di contrastare la ricostruzione dei fatti operata da controparte, ribadendo che l’intera operazione era stata diretta al “salvataggio” del Pastificio e non certo alla restituzione dei conferimenti ad alcuni soci – per realizzare il cui scopo ben diversamente idonea sarebbe stata la vendita immediata del cespite -.
3 – Il Fallimento eccepisce l’inammissibilità dell’impugnazione incidentale, sostenendo che ricorso incidentale, qualora sia diretto non contro la parte principale bensì contro altra parte, dovrebbe esser proposto entro il termine annuale – prorogato – dalla pubblicazione della sentenza (12 ottobre 2005), con scadenza dunque al 28 novembre 2006, mentre nella fattispecie ciò non sarebbe accaduto, essendo stato notificato il 2-3 gennaio 2007.
3.a – L’eccezione non è fondata in quanto il ricorso incidentale, contenuto in un controricorso, è tempestivo se quest’ultimo sia stato notificato entro 20 giorni dal deposito del ricorso medesimo e depositato entro i successivi 20 giorni: ne consegue che, essendo stato notificato il ricorso della F. il 23-24 novembre 2006, il controricorso della Zeus poteva esser notificato entro i 40 giorni successivi, vale a dire entro il 2 gennaio 2007; la tardività del ricorso al Fallimento – notificato il 3 gennaio 2007, diveniva irrilevante in quanto, trattandosi di litisconsorte necessario, era sufficiente che la notifica fosse tempestiva per alcuni dei consorti necessari in lite.
3.b – Quanto al profilo suaccennato – che distingue tra ricorso incidentale autonomo e quello dipendente, al fine di imporre per entrambi il rispetto del termine c.d. lungo per impugnare- va rimarcato che da tempo si è stabilizzato un indirizzo interpretativo di questa Corte in forza del quale “Sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnatone incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnatone principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnatone adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnatone principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impegnatone principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettale dal coobbligato solidale. (così Cass. Sez. Un. 24627/2007 a cui adde, quale espressione di indirizzo consolidato – ad eccezione dell’isolata Cass. Sez. V n. 1610/2008 – Cass. Sez L. 9264/2008; Cass. Sez. IV n. 10125/2009; Cass Sez. Un. n. 18049/2010 – in sede di conflitto di giurisdizione – Cass. Sez. 1 n. 5146/2011; Cass. Sez. L. n. 5086/2012)
4 – Il primo motivo è infondato.
4.a – Va innanzi tutto evidenziato che non è stato depositato il fascicolo di parte A. di 1° grado né è stato inviato il fascicolo di ufficio del giudizio innanzi al Tribunale, assenza che verosimilmente si era già verificata nel corso del giudizio di secondo grado, stante l’attestazione di mancanza della prova dell’allegazione, contenuta nella sentenza di appello: non vi è pertanto modo di accertare la corrispondenza al dato processuale del deposito dell’atto notificato solo all’udienza del 25 ottobre 2000, fissata per il deposito di nuova citazione – essendo la precedente stata notificata senza il rispetto dei termini minimi a comparire -.
4.b – Decisivo – al fine della infondatezza della censura – è il rilievo che il denunciato vitium in procedendo, traducendosi in un motivo di impugnazione della sentenza resa nel procedimento in cui si sarebbe formato, poteva esser fatto valere dalla parte che avesse avuto interesse, con tale censura, a far emergere la violazione del proprio diritto di difesa: di fatto però nel giudizio di appello la Z.I. e la F. fecero valere motivi diversi e la srl Immobiliare S.L. non propose impugnazione.
4.b.1. – Nella surriferita prospettiva – che, come visto, riconduce il dedotto vizio procedurale ad un motivo di impugnazione – non assume rilievo la circostanza che le parti contumaci, asseritamente pregiudicate, nel giudizio di primo grado, dalla prosecuzione del giudizio nonostante lo stesso dovesse essere cancellato, potessero esser considerate litisconsorti necessarie – partendo dall’assunto che l’accertamento di nullità riguardava tutti e tre i negozi preliminari ed i contratti di affitto in una prospettiva unitaria di collegamento negoziale – atteso che, anche in questo caso, la relativa violazione della regala in procedendo – si sarebbe convertita in un vizio della sentenza, come tale impugnabile.
5 – Il secondo motivo deve invece dirsi inammissibile in quanto viene con tale mezzo sollecitata una diversa valutazione delle emergenze di causa, operata dalla Corte distrettuale con specifico riferimento alla delibazione del Tribunale che fondò la propria decisione su una serie di circostanze e valutazioni del cui valore sintomatico e probatorio la Corte si giovò, ripercorrendo in sintesi l’iter argomentativo del primo giudice che aveva messo m evidenza – non già e non solo il valore sintomatico della condotta processuale delle parti contumaci, coinè invece sostenuto nel ricorso incidentale, bensì- lo stretto legame personale tra i soci, gli amministratori ed il presidente del collegio sindacale della società poi fallita e quello delle società promissario acquirenti; la evidente contiguità temporale tra l’epoca in cui ebbe ad aggravarsi la situazione del P.A. e la stipula dei contratti preliminari; gli effetti che da tali iniziative negoziali – e dai connessi contratti di locazione – ne sarebbero derivati (consentendo cioè ai soci di maggioranza di vedersi restituire ingenti quote di capitale in odio alle ragioni dei creditori sociale ed agli stessi interessi della società allora in bonis).
6 – La regolazione delle spese segue la soccombenza – esclusa per la società S. L., stante la sua inerzia processuale nel giudizio di legittimità, la posizione assunta in quello di secondo grado e la mancanza di conclusioni specifiche contro la medesima formulate dal fallimento – e va operata secondo quanto indicato in dispositivo
P.Q.M.
La Corte
Riunisce i ricorsi e li rigetta, condannando ciascuna parte ricorrente – s.r.l. F. Immobiliare e s.r.l. Z.I. – a pagare al fallimento della s.p.a. Pastificio A. le spese del presente giudizio che liquida, per ognuna, in € 12.200,00 di cui € 200,00 per esborsi, oltre IVA e CAP.
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