CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 gennaio 2014, n. 656
Tributi – IVA – Registrazione delle fatture – Ritardo – Applicabilità delle sanzioni
Svolgimento del processo
1. Il Comando Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Viterbo, nel corso di una verifica disposta nei confronti della D. srl rilevava che dal mastrino di contabilità della società era emerso un saldo negativo di £.152.275.875 e, sul presupposto che tale elemento denotasse un’evasione di imposta per compensi percepiti in nero, emetteva un avviso di rettifica per l’anno 1997, disponendo la ripresa a tassazione di IVA, inoltre sanzionando la ritardata fatturazione di alcune operazioni.
2. Il ricorso proposto dalla società contribuente innanzi al giudice di primo grado veniva rigettato e la CTR del Lazio, con sentenza n.63/38/06, depositata il 3.5.2006, accoglieva l’appello proposto dalla parte contribuente, rilevando che: a) l’elemento presuntivo posto a base della rettifica non poteva essere l’unico a sostenere il processo logico presuntivo previsto dall’art.54 dpr n.633/72, in quanto in caso di contabilità regolare e di conti correnti che non dimostrino acquisti o cessioni non registrate era “necessario che l’Ufficio proceda con una serie autonoma di accertamenti e verifiche che tutti concorrono nel far ritenere l’esistenza di operazioni occultate”, non potendosi nemmeno procedere “sulla base di una semplice presunzione” occorrendo invece una pluralità di elementi presuntivi. Aggiungeva, quanto alle-sanzioni-applicate, che in forza dell’art.10 terzo comma l.n.212/2000 le stesse non erano dovute, non avendo il ritardo inciso sulla quantificazione del tributo o sul suo accertamento.
3. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione affidato a tre motivi, al quale ha resistito la società contribuente con controricorso.
Motivi della decisione
4. Con il primo motivo l’Agenzia lamenta la violazione dell’art.54 dpr n.633/72, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. La CTR aveva erroneamente escluso che l’accertamento in rettifica potesse basarsi su presunzioni in presenza di scritture contabili regolarmente tenute. Ha proposto il seguente quesito: Dica l’Ecc.ma Corte se ai sensi dell’art.54 comma 2 dpr n.633/72 l’Ufficio, pur in -presenza di una contabilità formalmente regolare, possa procedere alla rettifica dei ricavi dichiarati sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti (nella specie esistenza di plurimi saldi di cassa negativi).
5. La società contribuente ha dedotto l’inammissibilità ed infondatezza della censura, trattandosi di censure che riguardavano il merito, non potendo la Corte sostituirsi al giudice di appello nella ponderazione delle presunzioni.
6. Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto la violazione dell’art.54 dpr n.633/72, nella versione ratione temporis vigente, e dell’art.2729 c.c., in relazione all’art.360 comma 1 n-3 c.p.c. Lamenta che la CTR, nel richiedere che fossero presenti plurime presunzioni per applicare l’art.54 cit., era incorsa in evidente violazione di legge, avendo la giurisprudènza di questa Corte affermato più volte il contrario. Formula il seguente quesito di diritto: Dica la Corte se gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbano essere necessariamente plurimi potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, purché preciso e grave, con la conseguenza che è legittimo un accertamento tributario ai sensi dell’art.54, 2° comma dpr n.633/72 fondato su un unico elemento presuntivo preciso e grave.
7. La società contribuente ha dedotto l’infondatezza della censura, esistendo precedenti di questa Corte conformi alla decisione della CTP.
8. Con il terzo motivo l’Agenzia ha dedotto il vizio di insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio, in relazione all’art.360 comma 1 n.5 c.p.c. Lamenta che la Ctr aveva omesso di valutare la gravità e precisione dell’elemento presuntivo addotto dall’Ufficio, omettendo ogni motivazione in ordine alla ritenuta “generale regolarità delle scritture contabili”. Peraltro, il giudice di appello aveva considerato l’unicità dell’elemento presuntivo, senza considerare che dal P.V.C. risultava l’esistenza di “molteplici saldi negativi di cassa e dunque di plurimi elementi presuntivi”.
9. La società contribuente ha dedotto l’inammissibilità ed infondatezza della censura, ritenendo la compiutezza della motivazione, anche considerando la mancata dimostrazione di operazioni non fatturate.
10. Con il quarto motivo l’Agenzia ha dedotto la violazione dell’art.10 c.3 L.n.212/2000, dell’art.41 dpr n.633/72 e dell’art.6 d.lgs.n.471/97, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Lamenta che la ritardata fatturazione integrava una violazione sostanziale, determinando un differimento del pagamento dell’imposta.
Formulava il seguente quesito di diritto: Dica la Corte se fatturazione costituisca violazione sostanziale e quindi non rientri nell’ambito di applicazione dell’art.10 comma 3 L.n.212/2000.
11. La società contribuente ha dedotto l’infondatezza della censura, sottolineando l’irrilevanza degli artt.41 e 6 citati dall’Agenzia in quanto posteriori alla disciplina applicabile ed in ogni caso evidenziando l’assenza di pregiudizio per l’erario, vertendosi in ipotesi di mero errore formale.
12. I primi tre motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, trattandosi di vizi tra loro avvinti. Gli stessi sono fondati.
12.1 Questa Corte è ferma – salvo qualche precedente contrario – per cui v.Cass.26331/2008 e sotto un peculiare profilo Cass. n. 26341 del 16/12/2009- nel ritenere che in tema di prova civile nel giudizio conseguente ad accertamento tributario, gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbono essere necessariamente plurimi – benché l’art. 2729, primo comma, cod. civ. e l’art. 38, comma quattro, del d.P.R. n. 600 del 1973 si esprimano al plurale, come anche l’art.54 dpr n.633/72, potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave- cfr.Cass.n.4406/99; Cass.n. 12060/2001; Cass.n.12671/2005; Cass.n.8484/2009; Cass. n. 17574/2009; Cass.n. 1147/2010; Cass.n.22122/2010; Cass.n.11270/2011.
12.2 Parimenti fermo è l’avviso di questa Corte secondo il quale la valutazione della rilevanza di tale elemento nell’ambito del processo logico applicato in concreto non è sindacabile in sede di legittimità, purché sia sorretta da motivazione adeguata e logicamente non contraddittoria-v., oltre alle decisioni sopra ricordate, anche Cass.n.9225/2005, Cass.n.1715/2007; Cass.n.9203/2008-.
12.3 Nè meno ferma appare la giurisprudenza nel ritenere che la contabilità regolare non impedisce il ricorso al metodo induttivo ed alle presunzioni semplici di cui agli artt. 2727 e 2729 cod. civ., pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, quando la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile-cfr. Cass. n. 3197/2013; Cass.n. n. 7184/2009; Cass. n. 5731/2012-.
12.4 Ed è pure stato precisato che in virtù delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 1 l’accertamento è possibile anche in base ad “altri documenti”, ad ’’altre scritture contabili” (diverse da quelle previste per legge, eventualmente regolari), ad “altri dati e notizie” raccolti nei modi prescritti dagli articoli precedenti; cosicché “le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze… o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”-cfr.Cass.n.7184/2009-.
12.5 È poi acquisito, d’altra parte, che utili elementi presuntivi a sostegno della pretesa fiscale possono essere tratti da scritture non ufficiali, come i “mastrini”, trovate in possesso dell’imprenditore (Cass. Nn. 25610/2006, 6949/2006; Cass.n.21512/2010).
12.6 Orbene, nel caso di specie il giudice di appello ha fatto mal governo della disciplina normativa sia con riferimento alla ritenuta impossibilità di utilizzazione di un unico elemento presuntivo ai fini dell’accertamento con metodo induttivo, che con riguardo all’affermata impossibilità di applicare, anche in presenza di contabilità regolare, il metodo induttivo. Senza dire che dal riportato stralcio del p.v.c. -pag. 2 ricorso- risultava che lo scostamento rilevato fra versamenti ed entrate era dipeso da “alcune operazioni giornaliere”, denotando la pluralità degli elementi che avevano reso possibile l’argomento presuntivo esposto dall’Ufficio.
12.7 D’altra parte, anche con riguardo alla motivazione della sentenza, appaiono pertinenti i rilievi esposti dall’Agenzia ricorrente, se solo si consideri che la svalutazione dell’elemento rappresentato dal rilevante scostamento, all’interno del mastrino di cassa ove sono annotate giornalmente le entrate e le uscite, tra versamenti effettuati -per £ 152.275.875 -ed-entrate- -per £.5.586.309- è stato solo in apparenza spiegato dalla CTR, la quale non ha in alcun modo reso evidenti le ragioni idonee a giustificare la totale elisione dell’elemento posto a base della verifica da parte dell’Ufficio limitandosi, anzi, come si è detto, a “giustificare” la soluzione esposte sulla base di argomentazioni giuridiche totalmente errate.
12.8 Giova sottolineare, ancora, come opportunamente sottolineato dal Procuratore generale in udienza, che in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa ai fini IRPEG ed ILOR, ai sensi dell’art.39 del d.P.R. n. 600 del 1973, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, oltre a costituire un’anomalia contabile, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo-cfr. Cass.n.27585/2008; conf. Cass. n. 11988 del 31/05/2011-.Orbene, la sentenza di appello contiene un palese vizio logico allorché, pur riconoscendo l’anomalia, ha considerato come ingiustificata la conclusione dell’occultamento dei ricavi.
12.9 Sulla base di—quanto testé detto le censure esposte dalla parte ricorrente meritano accoglimento.
13. Passando all’esame del quarto motivo, lo stesso è parimenti fondato.
13.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte le norme che stabiliscono tempi e modalità della registrazione delle fatture IVA (D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 23 e 25) pongono in essere obblighi generalizzati di annotazione, -fissando modalità ben precise, che non trovano deroga in altre disposizioni di legge, essendo collegate alle scansioni temporali dei versamenti dell’IVA.
13.2 Si è in definitiva ritenuto che il rigore formale dell’art.23 dpr cit., a cui tenore “il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture emesse, nell’ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito registro” e l’esigenza del rispetto delle modalità rii fatturazione e registrazione trovano giustificazione nel particolare meccanismo delle detrazioni, operante a favore del cessionario del bene o della prestazione del servizio. Pertanto, nessuna deroga all’obbligo di annotazione delle fatture emesse è desumibile dal complesso normativo di riferimento. Ne consegue che tanto l’omessa annotazione di fattura negli appositi registri entro il termine previsto dall’art. 23 DPR n. 633/72, quanto la mancata conseguente contabilizzazione nella dichiarazione relativa all’esercizio di competenza, devono essere considerate delle “irregolarità sostanziali”, perché rilevanti ai fini della determinazione del “volume di affari” previsto dall’art. 20 DPR cit. e dell’imposta dovuta, ed, in ogni caso, perché tali considerate per espressa disposizione dei previgenti artt. 42, 43 e 44 del medesimo decreto. Ciò in quanto la fattispecie di omessa registrazione delle fatture nell’anno solare e di inesatta dichiarazione e versamento si configurano per il solo fatto oggettivo che il contribuente abbia determinato, con il proprio comportamento, il rischio per l’amministrazione di non conseguire il pagamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione annuale, ovvero di effettuare un rimborso non dovuto, e trovano puntuale riscontro nel regime sanzionatone previsto dai richiamati artt. 42, 43 e 44 (Cass. 17 settembre 2001, n. 11662; Cass.n.n.2379/2006).
13.3 A tali principi non si è conformata la decisione impugnata che anche sotto tale profilo merita censura.
14. In conclusione, i motivi proposti dall’Agenzia appaiono, nei termini di cui in motivazione, fondati, sicché la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad altra sezione della Ctr del Lazio che provvederà ad applicare i superiori principi.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e l’invia ad altra sezione della CTR del Lazio per nuovo esame, la quale pure provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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