Corte di Cassazione sentenza n. 5771 del 12 aprile 2012
RISCOSSIONE – LIMITI IDENTICI PER IPOTECA E ESPROPRIAZIONE
massima
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Non è iscrivibile ipoteca per crediti non realizzabili a mezzo di espropriazione immobiliare. Così come il fermo anche l’ipoteca costituisce “un atto preordinato all’espropriazione, per cui doveva necessariamente soggiacere agli stessi limiti per questa stabiliti” dall’art. 76 del D.P.R. 602/1973. Il sistema delineato dagli artt. 76 e 77 del D.P.R. n. 602/1973 impedisce l’iscrizione dell’ipoteca per importi inferiori agli ottomila euro che rappresentavano per l’agente della riscossione la soglia minima della espropriazione immobiliare. Ciò che conta “non è l’intenzione del legislatore o la lettura fattene da ministeri o altri enti, ma la volontà oggettiva della legge quale risultante dal suo dato letterale”, e questo nel caso di specie depone “nel senso della non iscrivibilità dell’ipoteca per crediti non realizzabili a mezzo di espropriazione immobiliare”.
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Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3/4/2012 dal Relatore Con. F.T.;
Sentito l’avv. …..
Udita la requisitoria del Pubblico Ministero; in persona dell’Avvocato Generale dr. P.M.C., il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
La Corte,
rilevato che con ricorso del 2/10/2006 la srl L.C. ha impugnato l’iscrizione ipotecaria effettuata su due terreni di sua proprietà in conseguenza del mancato pagamento di una cartella esattoriale per complessivi euro 2.028,66, dovuti a titolo di contributi per opere irrigue realizzate dal Consorzio di bonifica omissis negli anni 2000/2003;
che costituitasi la omissis, il giudice adito ha pronunciato l’annullamento dell’iscrizione per violazione dell’art. 76 del D.P.R. n. 602/1973, secondo il quale il concessionario non poteva procedere alla espropriazione immobiliare se l’importo del credito non superava gli ottomila euro;
che la omissis si è gravata alla Commissione Regionale che ha, però, rigettato l’appello perché “nessun precetto legislativo e(ra) stato adempiuto dal concessionario sia in ordine al valore indicato dall’art. 76 sia in relazione agli artt. 50 e 77”, il primo dei quali stabiliva che in caso di mancato inizio dell’espropriazione entro un anno dalia consegna della cartella di pagamento, il concessionario doveva procedere alla previa notificazione di un’intimazione ad adempiere;
che la omissis ha proposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione degli artt. 2 e 19 del D.Lgs. n. 546/1992, nonché degli artt. 50, 76 e 77 del D.P.R. n. 602/1973, in quanto la Commissione Regionale non avrebbe potuto pronunciare l’annullamento dell’iscrizione ipotecaria, perché avrebbe dovuto “limitarsi alle vicende dei rapporto tributario ed alla attitudine, efficacia ed esecutività dei titoli (ad essa) sottesi… e ciò in quanto la fase di esecuzione forzata (ipotetica ed eventuale) e le correlative opposizioni ed anche le domande di riduzione o restrizione dell’ipoteca rientra(va)no nella giurisdizione e competenza della magistratura ordinaria”;
che con il secondo motivo la ricorrente ha nuovamente dedotto la violazione degli artt. 50, 76 e 77 del D.P.R. n. 602/1973, in quanto la Commissione Regionale non aveva considerato che decorso infruttuosamente il termine di sessanta giorni dalla consegna della cartella esattoriale, il concessionario non aveva bisogno di notificare nessuna intimazione per procedere all’iscrizione ipotecaria, che non costituiva un atto della espropriazione, ma una semplice “forma di cautela, con garanzia reale del credito erariale, cui risultava per ciò solo inapplicabile sia il limite di valore contenuto nell’art. 76 che l’obbligo preliminare previsto dall’art. 50;
che la srl omissis non ha svolto attività difensiva;
che il primo motivo è inammissibile, in quanto pronunciando l’annullamento della ipoteca, la Commissione Provinciale ha implicitamente riconosciuto di avere giurisdizione al riguardo;
che non avendo proposto appello sul punto ed essendosi perciò formato il giudicato interno su di esso, la spa omissis non può pretendere di rimetterlo nuovamente in discussione;
che a proposito del secondo motivo giova ricordare che il sistema delineato dagli artt. 76 e 77 del D.P.R. n. 602/1973 è stato da taluni inteso nel senso che assolvendo anche ad un’autonoma funzione anticipatoria e cautelativa, l’ipoteca poteva essere iscritta pure per crediti che non avrebbero autorizzato il concessionario a procedere ad espropriazione forzata;
che a fronte di tale (pur plausibile) interpretazione, vi sono stati altri che hanno attribuito ai combinato disposto delle predette norme i! significato d’impedire l’iscrizione dell’ipoteca per importi inferiori agli ottomila euro che, com’è noto, rappresentavano per l’agente delta riscossione la soglia minima della espropriazione immobiliare;
che chiamate a pronunciarsi sul punto, queste Sezioni Unite hanno privilegiato la seconda lettura, riconoscendo, nel solco della precedente giurisprudenza, che al pari dei fermo di cui all’art. 86 del D.P.R. n. 602/1973 (su cui v. C. Cass. n. 2053 del 2006), anche l’ipoteca di cui all’art. 71 del medesimo decreto costituiva un atto preordinato all’espropriazione, per cui doveva necessariamente soggiacere agli stessi limiti per questa stabiliti dal precedente art. 76 (C. Cass. 22/2/2010, n. 4077);
che la ricorrente ha chiesto di rimeditare il problema, aggiungendo agli argomenti già dibattuti ulteriori considerazioni basate non soltanto sulla portata attribuita alle predette norme dalla Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 46/1999, dal rappresentante del Governo in risposta ad un’interrogazione parlamentare e dall’Agenzia delle Entrate in due circolari, ma anche, e soprattutto, sul tenore letterale del comma 2 ter dell’art. 3 D.L. 25/3/2010, n. 40, convertito dalla legge n. 73/2010, che aveva si vietato d’iscrivere ipoteca per crediti minori di ottomila euro, ma soltanto “a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione”, confermando così che per il periodo pregresso non esisteva nessun limite di valore per l’iscrizione;
che neppure tali considerazioni appaiono decisive, perché quello che conta ai fini dell’interpretazione di un atto normativo non è l’Intenzione del Legislatore (C. Cass. n. 2454 del 1983) o la lettura fattane da ministeri od altri enti, ma la volontà oggettiva della legge (C. Cass. n. 3550 del 1988) quale risultante dal suo dato letterale, che nel caso di specie depone, per l’appunto, nel senso della non iscrivibilità dell’ipoteca per crediti non realizzabili a mezzo di espropriazione immobiliare;
che per valere come smentita della predetta interpretazione, il comma 2 ter dell’art. 3 del D.L. n. 40/2010 avrebbe dovuto stabilire li contrario e, cioè, che a partire dal momento della emanazione della legge di conversione non sarebbe più stato possibile iscrivere ipoteca per crediti non realizzabili a mezzo di espropriazione immobiliare;
che il DL succitato non ha, però, detto nulla di simile, in quanto non ha fatto cenno al predetto collegamento, ma si è limitato a fissare in modo autonomo il presupposto per le future iscrizioni dell’ipoteca, indicandolo in un importo che seppure coincidente con quello minimo all’epoca previsto per l’espropriazione, non può essere per ciò solo apprezzato come indiretta dimostrazione della inesistenza di limiti per il passato;
che in applicazione del principio stabilito da C. Cass. n. 4077 del 2010, che il Collegio condivide e ribadisce, deve quindi affermarsi che bene ha fatto il giudice a quo a confermare l’annullamento dell’ipoteca perché iscritta per un credito di appena 2.028,66 euro;
che trattandosi di statuizione da sola sufficiente a giustificare la decisione impugnata, non occorre passare all’esame della doglianza concernente l’inapplicabilità dell’art. 50, che anche ove fondata non potrebbe giammai condurre alla cassazione pronuncia in esame;
che non occorre nemmeno provvedere sulle spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte della srl omissis;
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso.
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