Corte di Cassazione sentenza n. 6528 del 14 marzo 2013
ACCERTAMENTO – ELUSIONE MA SOLO CON CONTRADDITTORIO – D.LGS. N. 358 DEL 1997
massima
___________
La procedura di preventiva richiesta di chiarimenti al contribuente, prima dell’emanazione dell’avviso di accertamento, non si applica alle contestazioni dell’amministrazione finanziaria aventi ad oggetto comportamenti considerati elusivi, tenuti dal medesimo nella vigenza dell’art. 10 legge n. 408 del 1990. Il fisco che sospetta un comportamento elusivo non può emettere l’accertamento senza chiedere preventivamente al contribuente dei chiarimenti; ciò dopo l’entrata in vigore delle disposizioni antielusive di cui al D.Lgs. n. 358 del 1997. L’amministrazione può contestare l’abuso del diritto al professionista che prende in leasing lo studio dalla società di famiglia. Prendere in leasing un immobile della società di famiglia da adibire a studio professionale produce un’indebita detrazione e quindi un risparmio di imposta non dovuto che può essere recuperato dal fisco che contesta l’elusione fiscale. Il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto di strumenti giuridici idonei a ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili. Fra l’altro, per quanto riguarda l’IVA, le pratiche abusive consistenti nell’impiego di una forma giuridica che ha come scopo principale un risparmio di imposta non sono altro che abusi di diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento comunitario, e pertanto assumono rilievo normativo primario in tale ordinamento, indipendentemente dalla presenza di una clausola generale antielusiva in quello fiscale italiano.
___________
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, avverso la sentenza della commissione tributaria di secondo grado di Bolzano n. 16/01/10, depositata il 25 gennaio 2010, con la quale, accolto parzialmente l’appello di W.A.J. contro la decisione di quella di prime cure, l’opposizione del contribuente inerente a tre avvisi di accertamento per maggiori ricavi e costi indeducibili, relativi all’Iva, all’Irap ed accessori per gli anni 2003-05, circa la libera professione di dentista, veniva ritenuta fondata parzialmente. Il particolare il giudice del gravame osservava che gli atti impositivi erano stati emessi dopo che si era svolto il contraddittorio con l’interessato, il quale era stato messo al corrente degli accessi alle banche. Inoltre, nonostante sussistessero delle perplessità in ordine alla reale sussistenza di operazioni simulate ai fini di evasione, tuttavia risultava che la società Smile KG sas., di cui erano soci solo J. ed i sui familiari, e la quale era stata costituita poco prima dell’acquisto dell’immobile, in cui egli svolgeva la professione, riscuoteva il canone di locazione, e che i ricavi dichiarati superavano quelli minimi previsti dagli studi di settore, anche se di poco. Per quanto invece attiene agli interessi passivi, essi non erano deducibili, atteso che J. non aveva fornito prova che si trattasse di prestiti connessi all’attività professionale. Il contribuente resiste con controricorso, svolgendo a sua volta quello incidentale con sei motivi, ed ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A) Ricorso principale.
2. Col primo motivo la ricorrente deduce violazione di norma di legge, giacché la CTR non considerava che l’acquisto dell’immobile destinato a studio dentistico e laboratorio da parte di J. , e intestato alla società Smile KG, costituiva un espediente volto a detrarre il canone di leasing della cessione, facendoli figurare come quello di locazione, tanto che questo corrispondeva esattamente all’altro dell’acquisto stesso, mentre la società rilasciava fatture, senza che svolgesse altra attività propria, ma solo a favore del socio in argomento, sicché appariva palese l’intento di evasione o elusione, onde detrarre il costo di acquisto non previsto per i liberi professionisti, ma solo per le imprese a certe condizioni. Semmai l’onere della prova circa la non simulazione gravava sul contribuente, che tuttavia non l’aveva assolto.
Il motivo è fondato, atteso che, com’è noto, in materia tributaria, il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici. Tale principio trova fondamento, in tema di tributi non armonizzati (nella specie, imposte sui redditi), nei principi costituzionali di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, e non contrasta con l’altro della riserva di legge, non traducendosi nell’imposizione di obblighi patrimoniali non derivanti dalla legge stessa, bensì nel disconoscimento degli effetti abusivi di negozi posti in essere al solo scopo di eludere l’applicazione di norme fiscali. Esso comporta l’inopponibilità del negozio all’Amministrazione finanziaria, per ogni profilo di indebito vantaggio tributario che il contribuente pretenda di far discendere dall’operazione elusiva, anche diverso da quelli tipici eventualmente presi in considerazione da specifiche norme antielusive entrate in vigore in epoca successiva al compimento dell’operazione (Cfr. anche Cass. Sez. U, Sentenza n. 30055 del 23/12/2008; Sent. n. 12257 del 2008). Peraltro in tema di IVA, le pratiche abusive consistenti nell’impiego di una forma giuridica o di un regolamento contrattuale al fine di realizzare quale scopo principale (seppur non esclusivo) un risparmio di imposta, anche se allo stesso si accompagnino secondarie finalità di contenuto economico, consistono in abusi di diritti fondamentali garantiti dall’ordinamento comunitario, e pertanto assumono rilievo normativo primario in tale ordinamento, indipendentemente dalla presenza di una clausola generale antielusiva in quello fiscale italiano. L’individuazione dell’impiego abusivo di una forma giuridica incombeva sull’amministrazione finanziaria, la quale individuava e precisava gli aspetti e le particolarità che facevano ritenere l’operazione priva di reale contenuto economico diverso dal risparmio di imposta, e precisamente la sostanziale mancanza di attività della società; il carattere strettamente familiare; la riscossione del canone; il pagamento del leasing; la misura analoga del primo rispetto a quella del secondo (V. pure Cass. Sentenze n. 25374 del 17/10/2008, 10257 del 2008).
Dunque sul punto la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.
3. Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione di norma di legge, in quanto il giudice di appello non considerava che, giusta tutti gli elementi come sopra enunciati, si trattava di un chiaro intento di evasione o di elusione, che non poteva essere disconosciuto, trattandosi di deduzione del costo leasing sotto forma di canone di affitto, onde ottenere un risparmio di imposte.
La censura rimane assorbita dal primo motivo già esaminato. Tuttavia non appare inutile rilevare che comunque essa va condivisa, posto che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la disciplina antielusiva dell’interposizione, prevista dal comma 3 dell’art. 37 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta. Ne deriva che il fenomeno della simulazione relativa, nell’ambito della quale può ricomprendersi l’interposizione personale fittizia, non esaurisce il campo di applicazione della norma, ben potendo attuarsi lo scopo elusivo mediante operazioni effettive e reali, come nella specie (Cfr. anche Cass. Sentenza n. 12788 del 10/06/2011, n. 1166 del 2010).
B) Ricorso incidentale
4. Col primo motivo il ricorrente per incidente lamenta omessa motivazione in ordine alla carenza dei presupposti perché l’agenzia procedesse all’accertamento, ed alla mancanza di motivazione dell’atto impositivo.
Si tratta di motivo inammissibile, perché generico, posto che il ricorrente non ha formulato la domanda “sub specie” di mancanza d pronuncia ex artt. 112 e 360 n. 4 cpc, ed inoltre non ha riportato il tratto del ricorso in appello con cui avrebbe addotto la questione.
5. Col secondo e terzo motivo il ricorrente deduce omessa motivazione circa asseriti atti di autorizzazione agli accessi bancari, nonché le risposte e giustificazioni fornite dal contribuente alle richieste dell’agenzia.
Anche per i medesimi valgono le considerazioni svolte relativamente al precedente per la genericità della loro formulazione.
6. Col quarto motivo il ricorrente denunzia omessa e/o contraddittoria motivazione circa l’incostituzionalità della norma, per cui il libero professionista, contrariamente all’imprenditore, non può dedurre il costo del leasing, nonostante la chiara discriminazione di trattamento.
A parte che la differente disciplina di situazioni giuridiche e fattuali diverse appare comprensibile, tuttavia si tratta di censura che rimane assorbita da quanto enunciato circa l’esame del ricorso principale.
7. Col quinto motivo il contribuente lamenta violazione di norme di legge e vizi di motivazione, giacché il giudice di secondo grado non avrebbe tenuto conto delle dichiarazioni rese dal contribuente, né l’agenzia lo avrebbe posto al corrente degli accertamenti bancari prima dell’emissione degli atti impositivi.
Si tratta all’evidenza di censura generica, e perciò inammissibile, per le stesse ragioni indicate in precedenza. Inoltre essa è infondata, dal momento che, com’è noto, la procedura di preventiva richiesta di chiarimenti al contribuente, prima dell’emanazione dell’avviso di accertamento, prevista dal quarto comma dell’art. 37 bis del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotto dall’art. 7 D.Lgs. n. 358 del 1998 (disposizioni antielusive) non si applica alle contestazioni dell’amministrazione finanziaria aventi ad oggetto comportamenti considerati elusivi, tenuti dal medesimo nella vigenza della art. 10 legge n. 408 del 1990. La tesi contraria trova insuperabile ostacolo logico prima che giuridico, nell’univoca specificazione legislativa dell’oggetto della “richiesta di chiarimenti”, dato dalle indicazioni dei “motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2” del medesimo articolo. Infatti le previsioni di questi due commi, per il disposto dell’art. 9 D.Lgs. n. 358 del 1997, non possono essere applicate ai comportamenti considerati elusivi in base alle precedenti disposizioni del richiamato art. 10 legge n. 408 del 1990 (V. pure Cass. Sentenze n. 20393 del 28/09/2007, n. 11351 del 2001).
8. Col sesto motivo il ricorrente lamenta vizi di motivazione relativamente al disconoscimento della detrazione relativa agli interessi passivi per il mutuo bancario, che riguardava proprio l’attività professionale.
La doglianza è priva di pregio, atteso che la commissione di appello esattamente affermava che il relativo onere probatorio incombeva sul contribuente, che tuttavia non l’aveva assolto. Invero si trattava di mutuo, contratto per l’acquisto dell’unità immobiliare intestata alla società suindicata, in ordine all’evasione o elusione di imposta.
9. Ne deriva che il ricorso principale va accolto, mentre quello incidentale va rigettato, con conseguente cassazione della decisione impugnata con riferimento al primo, con rinvio al giudice “a quo”, altra sezione, per nuovo esame, e che si uniformerà ai suindicati principi di diritto.
5. Quanto alle spese dell’intero giudizio, esse saranno regolate dal giudice del rinvio stesso.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale; rigetta quello incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al primo, e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, altra sezione, per nuovo esame.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 19394 del 16 giugno 2022 - In tema di tributi c.d. non armonizzati, l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 novembre 2021, n. 37440 - In tema di tributi c.d. non armonizzati, l'obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 12695 depositata il 21 aprile 2022 - In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l'Amministrazione finanziaria è gravata esclusivamente per i tributi armonizzati di un obbligo generale…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 32889 depositata l' 8 novembre 2022 - In tema di «accertamento standardizzato» mediante parametri o studi di settore, il contraddittorio con il contribuente costituisce elemento essenziale e imprescindibile del giusto…
- Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, sezione n. 22, sentenza n. 3408 depositata il 25 maggio 2023 - In relazione ai tributi "armonizzati", il difetto di contraddittorio endoprocedimentale determina la nullità dell’atto…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 17 luglio 2019, n. 19225 - In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, per l'accertamento sintetico l'obbligo del contraddittorio endoprocedimetale è stato introdotto dall'art. 22,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…
- Prescrizione quinquennale delle sanzioni ed intere
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 11113 depos…
- L’utilizzo dell’istituto della compens
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 17116 depositata il 2…
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…