Corte di Cassazione sentenza n. 6642 del 15 marzo 2013
CONTENZIOSO TRIBUTARIO – PRINCIPIO DI CORRISPONDENZA TRA CHIESTO E PRONUNCIATO – DIVIETO DI PROVA TESTIMONIALE – TESTIMONIANZA ANOMALA – VALENZA INDIZIARIA
massima
___________
L’art. 112 c.p.c., dispone che il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti. È chiaro, pertanto, che la norma attiene esclusivamente alle domande attinenti al merito e non riguarda le istanze istruttorie onde il mancato esame di un’istanza istruttoria non può integrare il dedotto vizio di omessa pronuncia. Il divieto di prova testimoniale di cui all’art. 7 del D.Lgs. n. 546/92 nel giudizio innanzi alle Commissioni tributarie si riferisce alla prova testimoniale quale prova da assumere nel processo con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare ai fini della decisione le dichiarazioni che gli organi dell’Amministrazione finanziaria sono autorizzate a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento. Tali dichiarazioni, proprio perchè assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare unitamente ad altri elementi il convincimento del giudice.
__________
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S.V. e S.G. ricorrono, affidandosi a quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 173/28/06 depositata il 19.10.2006 dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia – Sezione staccata di Taranto – che ha rigettato gli appelli da essi proposti avverso le sentenze di primo grado che avevano respinto i ricorsi proposti dai contribuenti avverso avvisi di accertamento per iva relativa all’anno di imposta 1997 e per irpef e contributo sanitario nazionale per gli anni di imposta 1995 e 1996.
Detti avvisi erano stati emessi a seguito di verifica, effettuata dalla Guardia di Finanza, la quale aveva constatato l’omessa fatturazione di operazioni imponibili ed acquisti non fatturati.
La sentenza oggi impugnata segue il seguente iter motivazionale:
– preliminarmente, viene rigettata l’eccezione di giudicato esterno – fondata su precedente sentenza definitiva della medesima Commissione Tributaria Regionale che aveva annullato, ritenendolo illegittimo, l’avviso di accertamento, scaturito dalla stessa verifica fiscale, relativo all’IVA per l’anno di imposta 1996 – sulla base dell’argomentazione che il giudicato formatosi in quella sede (siccome meramente dichiarativo dell’illegittimità dell’avviso di accertamento in quanto non prodotto in giudizio dall’Ufficio), non avendo risolto per l’intero rapporto tributario il punto di diritto della legittimità dell’accertamento, non faceva stato;
– l’accertamento nel merito, egualmente compiuto dalla Commissione Tributaria Regionale con la sentenza sopra indicata, non poteva, comunque, fare stato in quanto il Giudice non poteva affrontare il merito della questione di merito dopo avere, per le ragioni sopra illustrate (mancata produzione in giudizio dell’avviso), accolto il ricorso;
– l’accertamento era legittimo siccome motivato per relationem e fondato su elementi probatori da ritenersi gravi, precisi e concordanti.
Ha resistito con controricorso Agenzia delle Entrate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo – intestato “nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia, violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4” – i ricorrenti lamentano che la Commissione Tributaria Regionale abbia totalmente omesso di pronunciarsi sulla richiesta di disporre consulenza tecnica d’ufficio allo scopo di effettuare un controllo analitico di tutta la documentazione depositata.
1.1. Il motivo è infondato.
L’art. 112 c.p.c., dispone che il giudice deve pronunciare su tutta la domanda e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti.
E’ chiaro, pertanto, che la norma attiene esclusivamente alle domande attinenti al merito e non riguarda le istanze istruttorie onde il mancato esame di un’istanza istruttoria non può integrare il dedotto vizio di omessa pronuncia.
2. Con il secondo motivo – intestato “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, commi 1 e 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – i ricorrenti denunciano l’errore in cui sarebbe incorso il Giudice di secondo grado nel ritenere fondata la pretesa tributaria fondandosi esclusivamente su dichiarazioni rilasciate da terzi senza operare l’attività istruttoria ai sensi del citato art. 7, allo scopo di verificare l’attendibilità delle stesse e senza, altresì, motivare le ragioni del mancato esercizio dei predetti poteri istruttori.
2.1. Il motivo, nella parte afferente a vizio motivazionale, è inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., perché privo del necessario momento di sintesi a conclusione dell’illustrazione nonché per difetto di specificità non riportando il contenuto degli scritti difensivi ove tale richiesta istruttoria sarebbe stata avanzata.
2.2. È, comunque, infondato, in ordine alla dedotta violazione di legge, atteso il chiaro divieto di prova testimoniale nel processo tributario sancito dallo stesso art. 7 citato a conforto della fondatezza del motivo ed alla luce del principio costantemente ribadito da questa Corte, cui si ritiene dare continuità, secondo cui il divieto di prova testimoniale di cui al citato art. 7 nel giudizio innanzi alle Commissioni tributarie si riferisce alla prova testimoniale quale prova da assumere nel processo con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l’impossibilità di utilizzare ai fini della decisione le dichiarazioni che gli organi dell’Amministrazione finanziaria sono autorizzate a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento. Tali dichiarazioni, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare unitamente ad altri elementi il convincimento del giudice (Cass. 20.4.2007 n. 9402, Cass. 15.1.2007 n. 703).
3. Con il terzo motivo – intestato “violazione e falsa applicazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, e art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3” – si censura la sentenza impugnata per non avere rilevato l’illegittimità degli avvisi di accertamento siccome privi di motivazione.
3.1 Il motivo, inammissibile a primo rilievo, avendo i ricorrenti formulato, a conclusione dell’illustrazione del mezzo – un quesito di diritto meramente ripetitivo dei dettami di legge ed avulso dal caso concreto (S.U. n. 23732 del 2007; S.U. nn. 20360 e 26 del 2007), è, in ogni caso, infondato alla luce del principio reiteratamente affermato da questa Corte, al quale si ritiene di dare continuità, per cui “nel regime introdotto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, ovverossia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente – ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale – di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento (Cass. n. 13110 del 25/07/2012; id. n. 6914 del 25/03/2011).
3.2. E, nel caso a mano, il Giudice di appello ha esplicitamente argomentato, con accertamento non fatto oggetto di censura, che i verbali della Guardia di Finanza di Parma, risultavano allegati per l’intero stralcio riguardante la ditta S. al processo verbale della Guardia di Finanza di Manduria consegnato al contribuente.
4. Con il quarto motivo – intestato “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3” – si deduce la nullità della sentenza impugnata per avere i Giudici di appello ignorato il giudicato formatosi nei confronti di essi ricorrenti in relazione al medesimo rapporto tributario ma con riferimento al periodo di imposta 1996.
4.1 Il motivo, a primo rilievo, è inammissibile, per le medesime ragioni svolte sub 3 avendo i ricorrenti formulato, a conclusione dell’illustrazione del mezzo, un quesito di diritto meramente ripetitivo dei dettami di legge. E’, comunque, inammissibile per inconferenza con il decisum. I Giudici di secondo grado, infatti, non hanno negato l’ultrattività del giudicato formatosi con riferimento a diverso periodo di imposta ma hanno – con diversa ratio decidendi che non viene attinta da censura – rilevato che l’accertamento compiuto nel diverso giudizio attenendo alla mera produzione in giudizio dell’avviso di accertamento, non aveva valenza di giudicato nell’attuale processo avente ad oggetto la legittimità nel merito della pretesa tributaria. In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate dei compensi di lite liquidati in complessivi Euro 6.000 oltre spese prenotate a debito.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione sentenza n. 31412 depositata il 24 ottobre 2022 - Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fissato dall'art. 112 cod. proc. civ., non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 28 giugno 2019, n. 17576 - Il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, fissato dall'art. 112 c.p.c., non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 03 luglio 2019, n. 17897 - Il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, la cui violazione determina il vizio di ultrapetizione, implica unicamente il divieto, per il giudice, di attribuire alla…
- Commissione Tributaria Regionale per la Campania, sezione 11, sentenza n. 1824 depositata il 21 febbraio 2020 - Il processo tributario è a cognizione piena e tende all'accertamento sostanziale del rapporto controverso, non limitandosi alla sola…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 12 settembre 2019, n. 22753 - La violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, fissato dall'art. 112 c.p.c., sussiste quando il giudice attribuisca, o neghi, ad alcuno dei contendenti un…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 giugno 2022, n. 17919 - L'interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito, non trova applicazione quando si assume che tale…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Nel rito c.d. Fornero non costituisce domanda nuov
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10263 depositat…
- La conciliazione è nulla se firmata in azienda e n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10065 depositat…
- Processo Tributario: la prova del perfezionamento
Nei casi in cui la notifica di un atto impositivo o processuale avvenga a mezzo…
- LIPE 2024: scadenze e novità per adempiere corrett
Per l’anno 2024 le LIPE (Liquidazioni Periodiche IVA) e rimasto invariata…
- Decadenza dalla NASPI: nel caso in cui il lavorato
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 11523 depositat…