CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 12 febbraio 2014, n. 3111
Tributi – Redditometro – Seconda casa e auto di lusso – Disinvestimenti – Nullità dell’atto impositivo
Svolgimento del processo
Con sentenza 6-12-2004 la CTP di Matera accoglieva il ricorso proposto da S.F. avverso un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate di Matera, per l’anno 1997, aveva determinato sinteticamente -ex art. 38 dpr 600/73- un reddito tassabile -ai fini IRPEF ed ILOR- di lire 87.878.000, a fronte di quello denunciato pari a lire 25.577.000; siffatto accertamento si fondava su indici sintomatici della capacita contributiva costituiti dal possesso dell’abitazione principale, di 5 abitazioni secondarie e di un’autovettura di 19 HP nonché dall’incremento patrimoniale derivante dal finanziamento, pari a lire 291.000.000, effettuato dal contribuente nell’anno 1997 nei confronti della società partecipata “E.L.S. snc”.
Con la sentenza indicata in epigrafe, la CTR di Potenza rigettava l’appello dell’Ufficio; in particolare la CTR rilevava che, a fronte di un accertamento sintetico fondato su presunzioni semplici, la parte aveva fornito idonea prova della disponibilità di somme derivanti da disinvestimenti e, quindi, della disponibilità di redditi esenti; nello specifico, aveva provato -con documenti inoppugnabili- di avere, nel periodo immediatamente precedente, alienato un fabbricato al prezzo di lire 134.000.000 e disinvestito titoli di Stato per lire 150.000.000; tale liquidità, secondo la CTR, era idonea ad effettuare versamenti in conto capitale nella snc E.L.S. per lire 291.000.000; spettava all’Ufficio dimostrare che quei redditi erano stati investiti in maniera diversa dal finanziamento della società.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidato ad un motivo; resisteva con controricorso il contribuente.
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando -ex art. 360 n. 3 Cpc- violazione e falsa applicazione dell’art. 38, comma 6, dpr 600/73, anche in relazione all’art. 2697 cc, rilevava che, in base al predetto art. 38, il contribuente doveva dimostrare l’identità tra i redditi esenti e la spesa per incrementi patrimoniali; nel caso di specie, invece, il contribuente aveva dedotto solo il preteso possesso di redditi derivanti da disinvestimenti ma non aveva affatto dimostrato che proprio quei redditi erano stati utilizzati per affrontare la spesa per incrementi patrimoniali recuperata a tassazione dall’Ufficio.
Il motivo è infondato.
Questa Corte ha affermato il principio secondo cui “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall’art. 38, sesto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 non riguarda la sola disponibilità di redditi ovvero di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’essere stata la spesa per incrementi patrimoniali sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, e non già con qualsiasi altro reddito (dichiarato)” (Cass. 6813/2009); a prescindere dalla condivisibilità o meno di questo principio, nel caso di specie la CTR, con adeguatamente motivato accertamento in fatto, non suscettibile (come tale) di riesame in sede di legittimità, ha valutato il materiale probatorio in atti e, in esito, ha ritenuto fornita la prova “con documenti inoppugnabili” che il ricavato dalle operazioni effettuate nel 1997 (cessione di fabbricato e disinvestimento titoli di Stato) era stato utilizzato proprio per l’avvenuto versamento in favore della “E.L.S. snc”; tanto in base sia alla contiguità temporale delle dette operazioni, avvenute “nel periodo immediatamente precedente” rispetto al detto finanziamento, sia alla sostanziale corrispondenza dell’importo delle operazioni medesime (complessive lire 284.000.000 per la cessione ed il disinvestimento di titoli, a fronte di lire 291.000.000 del finanziamento) sia, infine, alla mancanza di prova contraria da parte dell’Ufficio (la prova, cioè, che “quei redditi siano stati investiti in maniera diversa dal finanziamento della società”).
Alla stregua di quanto sopra, pertanto, il ricorso va rigettato.
In considerazione della peculiarità della questione, si ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; dichiara compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
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