Commissione Tributaria Regionale per il Molise Sezione 2 Sentenza del 05/10/2016 n. 467
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate di Isernia ha proposto appello (630-11) avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Isernia (CTP) n. 29/01/2011 con la quale si accoglieva parzialmente il ricorso di …………. e si dichiaravano definibili i carichi dei ruoli emessi dagli uffici statali, con obbligo da parte del contribuente del pagamento degli importi residui non versati e degli interessi legali, dichiarando non applicabile la sanzione amministrativa. Nell’appello l’appellante si duole del fatto che il giudice di primo grado non ha tenuto conto, in contrasto con la giurisprudenza prevalente, che il versamento soltanto parziale degli importi ex art. 12 L n. 289-2002 comportava per il contribuente la decadenza dai benefici della sanatoria per mancato perfezionamento della definizione. Inoltre per l’appellante la sentenza impugnata va riformata anche sul punto della non debenza delle sanzioni poiché con il mancato rispetto dei termini il contribuente è decaduto dal diritto di beneficiare delle agevolazioni con obbligo del pagamento degli interessi e delle sanzioni. Infine l’appellante evidenzia che la sentenza di primo grado è nulla in quanto il contribuente ha proposto direttamente ricorso senza valida assistenza tecnica in violazione dell’art. 12 dlvo n. 546- 92. Chiede pertanto in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento dell’appello con vittoria delle spese anche del primo grado. Non si costituiva in giudizio la parte appellata ……………..
L’appello è fondato. Quanto alla terza censura secondo cui la sentenza di primo grado è nulla in quanto il contribuente ha proposto direttamente ricorso senza valida assistenza tecnica in violazione dell’art. 12 dlvo n. 546-92 si riporta sul punto la giurisprudenza costante della Cassazione. Per Cassazione sez. 5, Sentenza n. 839 del 17/01/2014 (Rv. 629395) nel processo tributario, l’omissione da parte del giudice adito nelle controversie di valore superiore a 2.582,28 euro, ovvero in quelle assoggettate al regime transitorio di cui all’art. 79, secondo comma, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’ordine, alla parte privata che ne sia priva, di munirsi di difensore ai sensi dell’art. 12, comma 5, del citato decreto, dà luogo ad una nullità, che si riflette sulla sentenza, di natura non assoluta (non attinendo alla costituzione del contraddittorio) bensì relativa, la quale, pertanto, non essendo rilevabile d’ufficio, può eccepirsi, in sede di gravame, ex art. 157 cod. proc. civ., soltanto dalla parte in cui sia stato leso il diritto all’adeguata assistenza tecnica, senza che incida sul decorso del termine di impugnazione della sentenza ex artt. 327 cod. proc. civ. e 38, ultimo comma, del menzionato decreto, dovendosi considerare, alla stregua dell’art. 22, primo comma, la parte stessa ritualmente costituita in primo grado e, quindi, a conoscenza del processo. Per Cass. sez. 5, Sentenza n. 3266 del 02/03/2012 (Rv. 621995) nel processo tributario, la mancanza di assistenza tecnica della parte privata nelle controversie di valore superiore a lire 5.000.000 (attualmente, Euro 2.582,28) determina semplicemente il dovere per il giudice tributario adito di imporre l’ordine di munirsi di detta assistenza, ai sensi dell’art. 12, comma quinto, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, potendo l’eventuale omissione essere eccepita, in sede di gravame, soltanto dalla parte di cui sia stato leso il diritto all’adeguata assistenza tecnica, secondo l’art. 157, secondo comma, cod. proc. civ., ma non anche dalla controparte, né rilevata d’ufficio nel giudizio di secondo grado. Invero, la disposizione va interpretata, in una prospettiva costituzionalmente orientata, in linea con l’esigenza di assicurare l’effettività del diritto di difesa nel processo e l’adeguata tutela contro gli atti della P.A., evitando nel contempo irragionevoli sanzioni di inammissibilità, che si risolvano in danno per il soggetto che si intende tutelare; inoltre, il difetto di assistenza tecnica, a differenza di quanto avviene nel processo civile, non si traduce in difetto di rappresentanza processuale, in quanto l’incarico al difensore, a norma dell’art. 12, comma terzo, del d.lgs. n. 546 del 1992, può essere conferito anche in udienza pubblica, successivamente alla proposizione del ricorso e non dà luogo, perciò, ad una nullità attinente alla costituzione del contraddittorio. Ciò premesso si può senz’altro concludere che tale difetto di rappresentanza non costituisce causa di nullità e non può essere eccepita dalla controparte. Viceversa degne di pregio sono le censure secondo cui il giudice di primo grado non ha tenuto conto, in contrasto con la giurisprudenza prevalente, che il versamento soltanto parziale degli importi ex art. 12 L n. 289-2002 comportava per il contribuente la decadenza dai benefici della sanatoria per mancato perfezionamento della definizione, inoltre che la sentenza impugnata va riformata anche sul punto della non debenza delle sanzioni poiché con il mancato rispetto dei termini il contribuente è decaduto dal diritto di beneficiare delle agevolazioni con obbligo del pagamento degli interessi e delle sanzioni. L’art. 12 della L n. 289-2002 sulla definizione dei carichi di ruolo pregressi stabilisce che relativamente ai carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 30 giugno 1999, i debitori possono estinguere il debito senza corrispondere gli interessi di mora e con il pagamento:
- di una somma pari al 25 per cento dell’importo iscritto a ruolo;
- delle somme dovute al concessionario a titolo di rimborso per le spese sostenute per le procedure esecutive eventualmente effettuate dallo stesso. Per Cass. Sez. 5, Sentenza n. 20746 del 06/10/2010 (Rv. 614458) in tema di condono fiscale, l’art. 12 della legge n. 289 del 2002, applicabile esclusivamente con riferimento a cartelle esattoriali relative ad IRPEF ed ILOR, nel disciplinare una speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 31 dicembre 2000, mediante il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, oltre alle spese eventualmente sostenute dal concessionario, non prevede alcuna attestazione di regolarità del condono e del pagamento integrale dell’importo dovuto, gravando integralmente sul contribuente l’onere di provare la corrispondenza tra quanto versato e il ruolo oggetto della controversia. Ne consegue che tale forma di sanatoria costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece deve ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7,8,9, 15 e 16 della legge n. 289 del 2002, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui al citato art. 12, non si determina alcuna incertezza in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato nell’importo normativamente indicato da versarsi da parte del contribuente per definire favorevolmente la lite fiscale. L’efficacia della sanatoria, è, pertanto condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto, mentre l’ omesso o anche soltanto il ritardato versamento delle rate successive alla prima regolarmente pagata, escludono il verificarsi della definizione della lite pendente. In linea con l’interpretazione della Cassazione si deve ritenere dunque che in mancanza dell’integrale pagamento, esclusa la definizione della lite pendente, sia dovuto il pagamento integrale di quanto dovuto, ivi compresi gli interessi e le sanzioni, poiché evidentemente non può beneficiare di un trattamento premiale colui che non pagando, decade dal beneficio previsto dalla legge. Del resto in caso contrario si arriverebbe alla paradossale conclusione che chi decade dal beneficio per non avere pagato nei termini sarebbe trattato allo stesso modo di chi ha pagato nel rispetto dei termini. Ne deriva che la sentenza di primo grado va riformata nei sensi di cui in motivazione. Le spese di lite non sono dovute, non essendosi costituita la controparte.
accoglie l’appello in riforma la sentenza di primo grado. Le spese di lite non sono dovute.
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