CORTE di CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 28076 depositata il 7 giugno 2017
Misure cautelari- Reati tributari- Sequestro preventivo- Riduzione debito rate versate -Ammissibilità
Massima:
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora il debito tributario sia stato rateizzato, non può essere mantenuto sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore ai vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa.
Ritenuto in fatto
1. Con decreto n. 3/2015 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di cespiti e beni, sino ai concorrere del valore di 200.000 Euro, appartenenti a Z.S., nonchè di cespiti e beni, sino al concorrere del valore di 39.619,00 Euro, appartenenti a P.F., entrambi amministratori della (——) S.r.l. e indagati per i reati, unificati dal vincolo della continuazione, di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 10, commessi, secondo l’imputazione cautelare, portando in detrazione costi fittizi, falsamente attestati da fatture emesse per operazioni inesistenti, in relazione a quanto riportato nella dichiarazione fiscale modello unico SC per gli anni di imposta 2009 e 2010, con conseguente evasione dell’IRES per un ammontare di complessivi 239.619,00 Euro.
1.1. Con successivo decreto in data 18/02/2015 il giudice della cautela aveva rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo limitatamente ai beni indicati sub 2) del decreto genetico, appartenenti a P.F.; istanza finalizzata a ottenere una riduzione dell’ammontare dei vincolo in ragione dell’avvenuto perfezionamento, ai sensi del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, di un accordo di rateizzazione del debito tributario tra la (——) S.r.l. e l’Amministrazione finanziaria, con successivo versamento all’Erario della somma di 60.887,50 Euro. Secondo il Giudice per le indagini preliminari, infatti, la restituzione del profitto non poteva essere ricondotta all’iniziativa dei due indagati, quanto agli amministratori giudiziari della società.
2. Con ordinanza in data 7/01/2016, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria rigettò il gravame proposto dai due indagati avverso l’indicato provvedimento di rigetto, richiamando l’orientamento secondo cui la confisca per equivalente deve essere mantenuta in caso di versamento all’Erario dell’imposta evasa da parte del terzo.
3. Avverso la predetta ordinanza propongono ricorso per cassazione gli stessi P. e Z., a mezzo dei propri difensori di fiducia, affidando l’impugnazione a un unico motivo di doglianza, con il quale deducono, ai sensi dell’art. 606 c.p.c. , comma 1, lett. b), la violazione e falsa applicazione dell’art. 321 c.p.p. , art. 322-ter c.p. , L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, sul presupposto che il provvedimento emesso dal tribunale del riesame violasse il principio di proporzionalità per avere mantenuto l’originario sequestro preventivo nonostante la parziale estinzione del debito tributario conseguente alla stipula di un accordo transattivo con l’Amministrazione finanziaria.
4. Con atto depositato in Cancelleria in data 28/10/2016, il Procuratore generale presso questa Corte ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
5. In data 24/01/2017 le difese dei due indagati hanno depositato una memoria nella quale hanno ulteriormente articolato le ragioni già poste a fondamento del ricorso introduttivo.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
2. Il Tribunale del riesame ha respinto la richiesta dei due indagati rilevando come il pagamento, in favore dell’Erario, della somma corrispondente al profitto conseguito attraverso il reato tributario, fosse avvenuto su iniziativa degli amministratori giudiziari della società, e come, pertanto, esso non potesse giovare agli impugnanti. Ciò in quanto il versamento dei ratei non aveva inciso sull’indebito arricchimento derivante dall’azione illecita compiuta dai due indagati e, dunque, non aveva realizzato alcuna duplicazione della somma corrispondente al profitto, avuto riguardo alla natura sanzionatoria del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente e all’assenza di una indebita diminuzione patrimoniale in capo agli indagati.
3. La soluzione accolta dal Tribunale non può, tuttavia, essere condivisa.
La giurisprudenza, infatti, è ormai attestata sulla tesi secondo cui anche in materia di misure cautelari reali, così come per le misure restrittive della libertà personale, deve essere osservato il principio di “adeguatezza e proporzionalità” (v. ex plurimis Sez. 3, n. 21271 del 7/05/2014, dep. 26/05/2014, Konovalov, Rv. 261509; Sez. 3, n. 12500 del 15/12/2011, dep. 03/04/2012, Sartori, Rv. 252223), che rimane violato nel caso della sottoposizione a sequestro di un bene di valore di gran lunga superiore rispetto al profitto confiscabile stimato, anche se con vincolo “formalmente” limitato sino alla concorrenza di tale profitto (Sez. 6, n. 12515 del 27/01/2015, dep. 24/03/2015, Picheca, Rv. 263656). E per tale motivo il Tribunale del riesame può essere chiamato a verificare se il valore dei beni sottoposti a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente sia congruo in rapporto all’importo del credito tributario, onde evitare, appunto, che il provvedimento ablativo si riveli “eccessivo” nei confronti del destinatario (Sez. 3, n. 42639 del 26/09/2013, dep. 17/10/2013, Lorenzini, Rv. 257439; Sez. 3, n. 17465 del 22/03/2012, dep. 10/05/2012, Crisci, Rv. 252380).
In tema di reati tributari è stato, inoltre, affermato il principio di diritto secondo cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente formalmente obbligato e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuto sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poichè, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore ai vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa (Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, dep. 20/05/2015, Aumenta, Rv. 263409; Sez. 3, n. 4097 del 19/01/2016, dep. 1/02/2016, Tomasi Canovo, Rv. 265843).
3.1. Nel caso di specie è pacifico che a seguito del perfezionamento di accertamento con adesione era stata versata all’Erario la somma di 60.887,50 Euro; e tuttavia, secondo i giudici dei riesame, l’istanza di riduzione del sequestro non poteva essere accolta in quanto il parziale adempimento del debito fiscale non era stato eseguito personalmente dagli indagati, quanto piuttosto da un soggetto terzo, individuato nella società in amministrazione giudiziaria, sicchè in capo agli indagati permaneva il vantaggio economico, costituito dall’indebito arricchimento, conseguito con il compimento dell’azione delittuosa, giustificando il mantenimento del sequestro fino al momento in cui, per effetto del recupero delle imposte evase, fosse stata realizzata la necessaria deminutio del patrimonio personale degli amministratori.
Rileva, nondimeno, il Collegio che il D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12-bis, comma 2 prevede la non operatività della confisca per le somme che “il contribuente” si impegna a versare, con ciò intendendosi il “soggetto passivo di imposta” o, comunque, il soggetto obbligato all’adempimento del debito tributario, il quale, nel caso di specie, coincideva con la società (——) s.r.l., nell’interesse del quale l’attività illecita era stata commessa e che era stata destinataria dell’indebito arricchimento. Ne consegue che non è pertinente, nel caso di specie, il richiamo all’orientamento giurisprudenziale accolto da questa Corte, secondo cui le somme di denaro oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non sono suscettibili di sostituzione mediante rilascio di garanzia fideiussoria per un ammontare corrispondente al profitto del reato (cfr., tra le altre, Sez. 3, n. 33587 del 19/06/2012, dep. 31/08/2012, Paulin, Rv. 253135), atteso che, nel caso di specie, vi era corrispondenza tra fruitore del profitto del reato tributario e “contribuente” o “soggetto passivo di imposta”, sicchè non sussiste l’esigenza di sottrarre all’indagato la disponibilità del compendio illecito, il quale si trovava già nella sfera giuridico-patrimoniale del soggetto giuridico che aveva stipulato l’accordo con l’Amministrazione finanziaria e aveva provveduto al versamento di alcuni dei ratei pattuiti.
In questa prospettiva, a fronte del parziale pagamento da parte dei soggetto debitore, eseguito facendo ricorso alle proprie risorse, si è determinata una riduzione del debito tributario, coincidente con il profitto del reato, e, corrispondentemente, dello stesso vantaggio patrimoniale in origine conseguito dalla società; profitto identificabile, nei reati tributari, con “qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento dei debito tributario” (così Sez. Un., n. 18374 del 31/01/2013, Adami, Rv. 255036).
Ne consegue che, proprio in virtù del principio di proporzionalità, a seguito dell’avvenuto versamento della somma di 60.887,50, in parziale adempimento dell’obbligazione tributaria da parte del contribuente formalmente tenuto al pagamento del debito di imposta, il Tribunale avrebbe dovuto valutare la necessità di una riduzione del sequestro in corrispondenza dei ratei già versati, atteso che, diversamente, si sarebbe determinata una illegittima duplicazione della risposta sanzionatoria.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere accolto, sicchè l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Reggio Calabria.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2017
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