CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 dicembre 2016, n. 25143
Avviamento – Rettifica del valore dell’avviamento utilizzando i criteri valutativi di cui all’art. 2, comma 4, del D.P.R. n. 460/1996 – Prova del contribuente
Svolgimento del processo
La controversia concerne l’impugnazione dell’avviso di rettifica e liquidazione con cui L’Agenzia delle Entrate rivedeva il valore dell’avviamento commerciale dichiarato al momento della cessione dell’azienda ed oggetto dell’atto impositivo. La società acquirente eccepiva che l’avviamento oggetto della compravendita del ramo d’azienda, non dovesse intendersi come attività commerciale ma come disponibilità dei locali, riferendosi alla successiva trasformazione dell’azienda da negozio di abbigliamento in ristorante pizzeria; inoltre, l’ufficio non aveva tenuto conto che il reddito dell’azienda ceduta rappresentava lo 0,12% dell’intero reddito della ditta cedente.
La CTP respingeva il ricorso, mentre la CTR, aderendo alle ragioni della contribuente, accoglieva l’appello.
Avverso quest’ultima sentenza, l’ufficio ha proposto ricorso davanti a questa Corte di Cassazione sulla base di un unico motivo, mentre la società ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della sentenza in forma semplificata.
Con l’unico motivo di ricorso, l’ufficio ha denunciato il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, in particolare dell’art. 2 comma 4 del DPR n. 460/1996, dell’art. 2728 c.c. e dell’art. 2697 c.c., in quanto, violando le norme denunciate in rubrica, i giudici d’appello avrebbero posto a carico dell’ufficio l’onere di provare gli elementi costitutivi dell’avviamento e del calcolo dell’entità dello stesso.
Il motivo è fondato.
Secondo questa Corte, infatti, “(…) con i criteri per la determinazione del valore di avviamento di un’azienda, fissati dal regolamento, reso con il D.P.R. n. 460 del 1996, art. 2 per l’attuazione dell’accertamento con adesione di cui al D.L. n. 564 del 1994 , convertito in L. n. 656 del 1994, il legislatore ha inteso fornire i valori minimi cui l’Amministrazione finanziaria deve attenersi nella procedura transattiva che conduce ad un accertamento con adesione, ciò nella consapevolezza del fatto che solo la proposta di valori inferiori a quelli effettivi e riscontrabili in esito ad un ordinario contenzioso può realisticamente indurre il contribuente ad una soluzione adesiva. Né ha desunto che, utilizzati al di fuori della procedura adesiva, a tali valori va riconosciuto carattere presuntivo nel senso che l’effettivo valore di accertamento non sia inferiore a quello cui si perviene mediante la loro applicazione” (v. Cass. 16705/07, 3505/06, 613/06)” (Cass. n. 20280/08). Nel caso di specie, i giudici d’appello, in violazione delle norme denunciate in rubrica, hanno invertito l’onere della prova a danno dell’ufficio, laddove era a carico della società contribuente fornire la prova contraria rispetto ai valori determinati dall’ufficio sulla base dell’accertamento presuntivo, di cui alla norma indicata, in ragione dei criteri alternativi ivi indicati; inoltre, la CTR non ha saputo fornire alcuna prospettazione del perché, in concreto, il valore dell’avviamento dell’azienda ceduta avrebbe dovuto essere addirittura inferiore ai minimi fissati per l’accertamento induttivo.
In accoglimento del motivo di ricorso, la sentenza va, pertanto, cassata e rinviata nuovamente alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per gli ulteriori accertamenti e le ulteriori questioni, sulla base delle considerazioni sopra esposte, al fine della determinazione del valore dell’azienda, che è l’oggetto della presente controversia.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale per il Lazio.
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