La Corte di Cassazione con la sentenza n. 16758 del 9 agosto 2016 interviene in tema di cause di inammissibilità del ricorso tributario affermando che in tema di cause di inammissibilità del ricorso tributario trova applicazione il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale che raccomanda di interpretare in senso restrittivo le previsioni di inammissibilità (26560/14).
Le questioni sottoposte al vaglio della Corte Suprema sono tre diverse ipotesi di inammissibilità del ricorso introduttivo previste dal quarto comma dell’articolo 18 del Dlgs 546/1992 relativo alla mancanza oppure risulti assolutamente incerta una delle indicazioni di cui al precedente secondo comma, a eccezione di quella relativa al codice fiscale e all’indirizzo di posta elettronica certificata, o se tale atto giudiziale non è sottoscritto a norma del comma precedente.
Nel caso di specie risultava la mancanza della procura rilasciata dal contribuente al proprio difensore, era stata contestata la illegibilità della firma del difensore sul mandato ed infine il mancato deposito della ricevute di consegna o di spedizione. La società risultava soccombente in entrambi i giudizi di merito, i cui giudici avevano ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo della società.
La società soccombente impugnava la decisione della Commissione Tributaria Regionale con ricorso in cassazione.
Per i giudici di legittimità il ricorso della società è parzialmente fondato. Infatti risultano fondate le doglianze riguardante la mancanza della procura rilasciata dalla parte al proprio difensore sulla copia depositata presso la segreteria del giudice di primo grado pur in presenza della stessa procura sull’originale del ricorso notificato all’ufficio finanziario è stata confutata in base alla consolidata giurisprudenza della suprema Corte che, nel processo tributario, la procura alle liti deve essere apposta sull’originale del ricorso. Per cui non risulta necessario che essa figuri anche sulla copia notificata alla controparte, nella quale è sufficiente che compaia una annotazione la quale attesti la presenza di tale procura sull’originale, come già statuito nella pronuncia del Supremo collegio, citata da questa in commento, 16 marzo 2011, n. 6130, con la quale, peraltro, la Corte di legittimità aveva affermato pure che la mancata sottoscrizione da parte del difensore del ricorso inviato all’ufficio finanziario non determina l’inammissibilità dello stesso quando l’originale sottoscritto sia stato depositato in Commissione tributaria.
In merito, alla seconda questione di inammissibilità, riguardante la illeggibilità della firma del difensore sul mandato conferito dalla parte, nei cui confronti la difesa del contribuente aveva eccepito che l’illeggibilità della sottoscrizione non trova conforto in alcuna disposizione precettiva intesa a stabilire che la sottoscrizione degli atti debba essere effettuata in modo leggibile, gli Ermellini desumono l’ammissibilità del ricorso sottoscritto con firma non leggibile “dall’insegnamento dispensato dal principio dell’effettività della tutela giurisdizionale che raccomanda di interpretare in senso restrittivo le previsioni di inammissibilità” espresso nella sentenza della Cassazione ivi citata n. 26560/2014. Nella sentenza da cui, i giudici della Corte, è stato estrapolato il principio di diritto vengono menzionate quelle pronunce di legittimità che hanno ritenuto ammissibile il ricorso anche nella ipotesi più grave della mancata sottoscrizione in originale, da parte del ricorrente o del suo difensore, della copia del ricorso depositata presso la segreteria del giudice tributario, in quanto mera irregolarità, atteso che l’articolo 22, comma 3, del Dlgs 546/1992, richiede unicamente che la parte o il difensore (quando e se nominato) attestino la conformità di tale copia all’originale notificato alla controparte, la quale può riscontrare l’esistenza della firma nell’originale dell’atto a essa spedito o consegnato.
I giudici del palazzaccio in merito alla terza questione di inammissibilità del ricorso hanno fatto riferimento alla portata dell’articolo 22 del Dlgs n. 546/1992, il cui primo comma dispone che il ricorrente, entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso, a pena d’inammissibilità deposita, nella segreteria della Commissione tributaria adita, o trasmette a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento, l’originale del ricorso notificato a norma degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile ovvero copia del ricorso consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata a mezzo del servizio postale. Pertanto alla luce del dettato normativo hanno ritenuto che la mancanza del deposito di dette ricevute di consegna o di spedizione è qualificata prescrizione strumentale ai fini del controllo della tempestività non solo del ricorso, ma anche della costituzione del ricorrente, essendo l’adempimento prescritto dall’articolo 22, a pena di inammissibilità, peraltro rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e non suscettibile di sanatoria neppure in caso di costituzione della controparte. A conforto di tale tesi, i giudici della Corte richiamano le decisioni della suprema Corte 20262/2004 e 14246/2007, ove viene evidenziato che la decorrenza del termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente, è normativamente ancorata alla spedizione, e non alla ricezione del ricorso da parte del resistente desumibile dalla previsione dell’articolo 22, comma 1, in quanto modalità di deposito “che presuppongono solo la spedizione del ricorso, e non la sua ricezione, sottraendo, in tal modo, detto adempimento alla regola di cui al medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 5 a tenore del quale i termini che hanno inizio dalla notificazione o comunicazione decorrono dalla data in cui l’atto è ricevuto”.
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