CORTE DI CASSAZIONE sentenza n. 1119 del 18 gennaio 2017
SVOLGIMENTO del PROCESSO
La “T.” s.r.l. propose ricorso, innanzi alla CTP di Bologna, avverso l’avviso d’accertamento notificato il 24.5.05, in ordine all’anno 2002, redatto sulla base di un processo verbale di constatazione da cui erano emersi, in via induttiva, ricavi non contabilizzati giustificanti un recupero a tassazione per euro 50.774,86. L’ufficio si oppose con controdeduzioni. La CTP adita rigettò il ricorso con sentenza emessa nel 2008, avverso cui la suddetta società propose appello; l’ufficio si costituì, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado. La CTP di Bologna accolse parzialmente l’appello, annullando la rettifica relativa all’omessa contabilizzazione dei ricavi.
Avverso tale sentenza l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, formulando vari motivi.
Con il primo motivo, è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 10, del d.p.r. n. 633/72 e dell’art. 54, comma 20, del dpr n. 633/72, nonché degli artt. 2697 e 2729, c.c., in relazione all’art. 360, coma l°, n.3, c.p.c.
Con il secondo motivo – formulato in subordine – parte ricorrente ha lamentato l’insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, comma 1, n.5, c.p.c.
In ulteriore subordine, l’agenzia elelle entrate ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 39, comma l°, lett. d), del d.p.r. n.600/73, nonché degli artt. 2 e 35, coma 3°, del d.lgs. n. 546/92 e dell’art. 277f1 relazione all’art. 360, coma 1°, n.4, c.p.c. Pertanto, parte ricorrente ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata, con eventuale decisione della causa nel merito, ex art. 394, comma 2°, c.p.c.
Si e costituita la “T.’ s.r.1., depositando controricorso, eccependo l’inammissibilità dei motivi del ricorso, in quanto tendenti ad un mero riesame del merito, e la relativa infondatezza, proponendo altresi ricorso incidentale, chiedendo la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso l’indeducibilità dei costi.
Preliminarmente, va respinta l’eccezione d’inammissibilità dei motivi. I primi due motivi, da esaminare congiuntamente, consideratane la connessione, sono muniti del requisito dell’autosufficienza in quanto descrivono con chiarezza e precisione i fatti e le questioni oggetto del gravame, con trascrizione delle parti rilevanti dell’avviso d’accertamento impugnato.
Tali motivi sono infondati.
La CTR non ha violato le suddette norme, poste a sostegno dei motivi, avendo applicato correttamente principi in tema di accertamenti induttivi. In particolare, con il primo motivo, l’agenzia delle entrate ha censurato la sentenza impugnata, rilevando che il giudice d’appello non aveva correttamente applicato le norme in tema di presunzioni, non valorizzando i dati utilizzati dall’ufficio, implicitamente dispensando il contribuente dall’assolvere l’onere della prova contraria.
L’agenzia delle entrate ha effettuato l’accertamento induttivo sulla base della ritenuta incompletezza delle fatture emesse dalla società, adducendo che le stesse fossero priva di una precisa indicazione del prezzo dei macchinari e delle ore di manodopera cedute.
Al riguardo, in punto di diritto, è principio consolidato quello per cui l’accertamento con metodo analitico-induttivo, con il quale il fisco procede alla rettifica di singoli componenti reddituali, ancorché di rilevante importo, è consentito, ai sensi dell’art. 39, primo comma, lett. d) del d.p.r. del 29 settembre 1973, n. 600, pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, poiché la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata (Case., n. 2006C/14; n. 13068/21).
Nel caso concreto, l’agenzia delle entrate ha proceduto al suddetto accertamento induttivo, muovendo dalla oggettiva incompletezza delle fatture indicate nell’avviso impugnato e valorizzando l’omessa consegna- a seguito di apposita richiesta dell’ufficio- da parte del contribuente delle schede tecniche di lavorazione, dei listini-prezzi 2002 e di informazioni tecniche circa la composizione delle commesse fatturate e delle manutenzioni effettuate. Ora, se non può dubitarsi della legittimi à dell’accertamenzo induttivo in esame, in quanto ne sussistevano i presupposti per i motivi addotti dall’ufficio, va rilevato che esso ha condotte ad un risultato non considerato plausibile dal giudice d’appello, che ha esposto in maniera esauriente e chiara i motivi del dissenso dalle conclusioni raggiunte dai verificatori.
In particolare, la CTR ha argomentato che il criterio di calcolo del costo della mano d’opera (ottenuto moltiplicando il numero di ore presumibilmente lavorate nell’anno 2902 per la tariffa caria di 31 euro) potrebbe essere utilizzato dall’ufficio sola per ipotizzare il ricavo derivante dalla vendita di servizi, ma non per valorizzare la mano d’opera incorporata nei prodotti finiti, essendo il valore di quest’ultimi in funzione del mercato e della combinazione dei vari fattori produttivi in essi incorporaci. In altri termini, la CTR ha ritenuto erroneo 11 criterio di calcolo adoperato dall’ufficio fiscale per determinare presuntivamente il coste della mano d’opera impiegata per i servizi indicati nelle fatture esaminate (ritenute incomplete, per quanto esposto), indicandone altro più idoneo.
Ne consegue che non emerge alcuna violazione delle norme invocate e, segnatamente, dell’aro. 39, comma 1, lett. dpr n. 600/73, in quanto l’accertamento induttivo in esame non è stato fondato su fatti storici certi da cui derivare determinate conseguenze (l’omessa dichiarazione del maggiori ricavi), per cui l’argomentazione presentiva richiamata dall’agenzia delle entrate non può dirsi efficace.
Al riguardo, occorre rilevare che i fatti accertati (il contenuto delle fatture ritenute incomplete quanto alla descrizione dei servizi espletati e del relativo costo della mano d’opero non possono costituire la premessa del ragionamento presuntivo, poiché non valutabili univocamente, essendo stati anzi interpretati diversamente dal giudice d’appello. Invero, il meccanismo presuntivo che informa l’accertamento induttivo postula la certezza del fatto che funge da premessa maggiore- da cui discende, con argomentazione logica, l’accertamento del fatto ignoto- da intendere afferente non solo alla sua materialità, ma anche alla inoppugnabilità della sua valutazione. Ne consegue che, nel caso concreto, l’accertamento rete ro in ordine alle fatture non è fatto storico idoneo a farne discondere l’accertamento del fatto ignoto, considerato che l’interpretazione del relativo verbale non può dirsi univoca, avendo piuttosto originato le diverse conclusioni del giudice d’appello che, dunque, legittimamente ha dissentito da quanto argomentato dall’agenzia delle entrate. In altri termini, il fatto certo storico legittimante il procedimento logico-induttivo non deve consistere in un elemento di carattere valutativo, bensì in un evento naturalistico non controverse.
Per i medesimi motivi, va esclusa la fondatezza della censura afferente al difetto di motivazione. Parimenti infondato è il -terzo motivo, con cui parte ricorrente ha lamentato che la CTR non ha rideterminato l’effettiva quantità dei ricavi, annullando la ripresa a tassazione, in quanto il giudice d’appello correttamente ha accolto parzialmente il gravame, rigettando vari capi del ricorso del contribuente. Non merita censura la decisione impugnata, attese-) che, una volta riscontrata l’illegittimità dell’accertamento induttive nei punti specifici, la CTR non avrebbe potuto che disporre l’annulamento parziale dell’avviso impugnato, mentre la mancata rideterminazione del ricavi (ovvero, -a riduzione degli stessi rispetto a quelli ripresi a tassazione) è da considerare una mera valutazione di merito il cui esame è precluso alla Corte. Il ricorso incidentale è infondato, in quanto la critica afferente al mancato riconoscimento della richiesta deduzione dei costi sostenuti da dipendenti di terza società implica un riesame del merito, non essendo emerso alcun elemento idoneo a supportare l’invocata violazione di legge. Data la reciproca soccombenza, le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale, compensando le spese del giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio del 5 dicembre 2016.
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