La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2872 del 3 febbraio 2017 intervenendo in tema di applicazione di percentuali di ricarico alle imprese che operano nel settore pubblico ha affermato la illegittimo dell’avviso di accertamento effettuato su percentuali di ricarico alte nel caso di impresa che opera nel settore pubblico
Gli Ermellini hanno confermato il principio di diritto “in tema di accertamento delle imposte sui redditi è assolutamente consolidato nel ritenere insindacabile il potere dell’amministrazione finanziaria, se esercitato nell’ambito delle previsioni di legge, di scegliere discrezionalmente il metodo di accertamento da utilizzare nel caso concreto e, pertanto, la parte contribuente, in assenza (secondo Cass. n. 8333 del 2012), non ha titolo a dolersi della scelta operata (cfr. Cass. n. 19258 del 2005; n. 20837 del 2005; n. 13430 del 2012; n. 8333 del 2012; n. 16980 del 2015; v. anche Cass. n. 13350 del 2009). V’è però da dire che nel caso di specie, considerando il risultato restituito dall’applicazione di quel metodo (in termini di percentuale di redditività determinata considerando un utile di € 4.013.000,00 che la società avrebbe ricavato da € 10.809.461,00 di fatturato nell’anno di imposta 2003 e di circa € 5.843.323,55 che la società avrebbe ricavato da circa € 14.000.000,00 di fatturato nell’anno di imposta 2004 — v. ricorso pag. 55), non può escludersi che i contribuenti abbiano subito un concreto pregiudizio dalla scelta metodologica operata dall’amministrazione finanziaria, apparendo irragionevole ed incongrua, alla stregua dei dati riferiti dai contribuenti, l’applicazione di una percentuale di ricavi del 37% ad un’impresa operante quasi esclusivamente nel settore degli appalti pubblici.
Da tale ultima circostanza, confermata dal contenuto del processo verbale di constatazione (riportato per autosufficienza a pag. 11 del ricorso) in cui si afferma che i committenti della società in verifica erano e dalla quale gli stessi verificatori hanno fatto conseguire la ; dalla riscontrata sussistenza di gravi, numerose e ripetute inesattezze ed omissioni, anche formali, con duplicazione anche di talune registrazioni, rilevate nelle scritture contabili (v. ricorso, pag. 13), tali da potersi ritenere assolutamente inattendibili; dalla evidente discrasia emergente tra la percentuale di ricarico applicata nel caso di specie alla società verificata e quelle, invece, desumibile dai dati dall’Osservatorio dei lavori pubblici dell’Umbria, pubblicati nel bollettino ufficiale di quella regione, dai dati elaborati da una società di ricerca sui bilanci depositati presso la CCIAA di Perugia, dai parametri e studi di settore per imprese di medie dimensioni operanti nel settore dei lavori pubblici, ma soprattutto da quella (pari al 4%) che la stessa Agenzia delle entrate, in sede di contraddittorio, aveva ritenuto congruo per aziende similari a quella verificata; da tutte queste circostanze, dall’amministrazione finanziaria neanche contestate, deve trarsi il convincimento della assoluta incongruenza delle risultanze della verifica. Da ciò discende l’accoglimento del ricorso, che, così come questa Corte ha avuto modo di osservare (v. Cass. 23463 del 2007), non costituisce un , ma è espressione del legittimo sindacato del giudice tributario che concreta.”
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