IVA – Processo verbale di constatazione – Avviso di accertamento
Ritenuto in fatto
L. ecologia s.r.l. ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia, n. 25.13.2011 dep. 28.4.2011, che su impugnazione di avviso di accertamento emesso a seguito di processo verbale di constatazione per IVA anno 2000, ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado e rigettato l’appello incidentale della contribuente.
Più precisamente: a) quanto ai costi lavorazione terzi e costi manutenzioni e riparazioni, mancando i requisiti di certezza e inerenza; quanto ai costi di pubblicità, qualificati come costi di rappresentanza, come tali indetraibili (art. 19 bis comma 1 lett. h) dpr 633/72); quanto ai costi carburanti, perché privi dei requisiti; d) per la mancata fatturazione di pagamenti – a F. e D.- escludendo che si trattasse – come sostenuto dalla Lombardi- di restituzione di prestiti, in base ad una serie di circostanze idonee a ravvisare la qualificazione commerciale dei rapporti effettivamente intercorsi con le due società.
In particolare la CTR, dichiarata preliminarmente infondata l’eccezione di inammissibilità della domanda dell’Ufficio relativa all’antieconomicità del comportamento della società (in quanto dedotta fin dal primo grado dall’Agenzia delle entrate), ha ritenuto – in base ai dati emergenti dal pvc – che le tre cooperative succedutesi dal 1997 nella prestazione di manodopera alla L. ecologia s.r.l. (M. service, C.E., I.) costituissero una “girandola di cooperative” operanti per breve periodo, con gli stessi amministratori e dipendenti e consulente comune, irreperibili agli indirizzi dell’anagrafe tributaria.
Ha tuttavia considerato la I., cui gli accertatori avevano attribuito natura di società cartiera, società “realmente esistente e operativa anche se priva di una vera propria organizzazione aziendale”, considerando però fittizia una parte delle operazioni fatturate, in relazione ai pregnanti elementi indiziari forniti dall’Ufficio, oltre che sproporzionato il costo delle retribuzioni dei dipendenti, affermando la falsità delle contestate fatture in un importo calcolato presuntivamente (e ritenuto congruo di £. 1.200.000), col riconoscimento di costi (calcolati nel minore importo di £.689.264.524).
L’Agenzia delle entrate si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza.
Considerato in diritto
1. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione dell’art. 112 cpc, essendo il tema dell’antieconomicità estraneo all’atto impositivo ed introdotto dall’Ufficio per la prima volta in appello.
Il motivo non ha pregio, contenendo la sentenza impugnata una espressa statuizione al riguardo (pag. 4) laddove ha dichiarato inammissibile l’eccezione della società proposta in appello, affermando che il rilievo dell’antieconomicità era stato dedotto già in primo grado dall’Agenzia delle entrate.
Sul punto questa Corte ha statuito in tema di IVA, che ove l’Amministrazione finanziaria dimostri l’antieconomicità manifesta dell’operazione, come tale esulante dai normale margine di errore di valutazione economica, che assume rilievo quale indizio di non verità della fattura, e, dunque, di non verità dell’operazione stessa o di non inerenza della destinazione de! bene o servizio all’utilizzo per operazioni assoggettate ad IVA, spetterà all’imprenditore dimostrare che la prestazione del bene o servizio è reale ed inerente all’attività svolta (Cass. n. 22130 del 27/09/2013): dimostrazione nel caso di specie non data, avendo la CTR – sulla base delle deposizioni dei dipendenti della cooperativa – rilevato la parziale falsità delle operazioni fatturate in base all’antieconomicità delle operazioni intercorse fra la società L. e la cooperativa fornitrice del personale di manodopera.
2. Coi secondo motivo si denunzia violazione di legge (art. 21, comma 2 lett. B) d.P.R. 633/72) con riferimento ai costi lavorazione terzi, disconosciuto in quanto privo dei requisiti della certezza e inerenza. Ciò non tenendo conto del contenuto delle fatture, idoneo ad assolvere al precetto di cui all’art. 21 dpr 633/72, descrivendo in maniera sufficiente gli elementi caratterizzanti.
3. Col quarto motivo si denunzia violazione di legge (art. 85 dpr 917/86 a dell’art. 2384 c.c.), avendo la CTR erroneamente qualificato la restituzione dei prestiti alle società F. e D. come mancata fatturazione di prestazioni di servizi.
Gli anzidetti motivi vanno respinti, trattandosi di questioni di fatto, estranee all’esatta interpretazione della norma di legge, che ineriscono alla tipica valutazione del giudice di merito, nel caso di specie esente da vizi logici e congruamente motivata, per cui non possono trovare spazio in sede di legittimità.
4. Col terzo motivo si denunzia violazione di legge (art. 19 bis 1 comma lett. H) e 108 TUIR in combinato disposto), per avere la CTR erroneamente qualificato i costi di pubblicità quasi spese di rappresentanza, trattandosi di spese di sponsorizzazione, che in base a Ris. ministeriale sono assimilabili alle spese di pubblicità e integralmente deducibili.
Il motivo è infondato, data la diversità fra spese di sponsorizzazione e spese di pubblicità, sia sotto il profilo ontologico che fiscale. Le spese di sponsorizzazione non sono infatti spese di pubblicità ma costituiscono spese di rappresentanza che, a differenza delle spese di pubblicità che sono interamente deducibili, lo sono solo nei limiti dell’art. 108 (ex 74, comma 2 del d.P.R. n. 917 del 1986), ove il contribuente non provi che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale (Sez. 5, Sentenza n. 21977 del 28/10/2015).
5. In conclusione il ricorso va rigettato.
6. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese liquidate in €. 7.500,00 oltre spese prenotate a debito.