CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 aprile 2017, n. 9604
Tributi – Irpef – Accertamento – Società di fatto – Rilevanza
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione sintetica;
che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli.
Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione di A.D. avverso l’avviso di accertamento IRPEF, per l’anno 2006; che, nella decisione impugnata, la CTR ha osservato come le argomentazioni addotte dall’Ufficio avessero carattere meramente indiziario, mancando di evidenze concrete e di riscontri documentali rivelatori di un vincolo sociale interno fra le parti; inoltre, il documento extra contabile della società “A.O. s.r.l.” non sarebbe stato allegato all’avviso contestato al contribuente;
Considerato
che il ricorso è affidato a due motivi;
che, col primo, l’Agenzia assume la violazione e falsa applicazione degli artt. 2247 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.;
che la decisione impugnata avrebbe erroneamente ritenuto che l’Amministrazione dovesse provare l’esistenza della società di fatto con elementi tali da assumere il carattere dell’oggettività, mentre la prova, attraverso il ragionamento presuntivo, avrebbe dovuto dimostrare l’apparenza del vincolo sociale, senza la necessità di fornire alcun elemento dotato del carattere dell’evidenza. Inoltre, il brogliaccio extra-bilancio, valutato in relazione agli altri elementi presuntivi offerti dall’Ufficio, sarebbe stato menzionato nel processo verbale di constatazione;
che, col secondo, invoca la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 del DPR n. 600/1973, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.;
che, infatti, la CTR, una volta individuata la “società di fatto”, avrebbe dovuto applicare le regole che disciplinano l’accertamento in capo ai soci dei maggiori utili derivanti dalla partecipazione a società a ristretta base azionaria;
che l’intimato si è costituito con controricorso;
che il primo motivo è fondato;
che il rilievo della ricorrente si appunta non sul contenuto della valutazione della prova – il che costituirebbe un accertamento di fatto – quanto piuttosto sugli elementi estrinseci da prendere in considerazione ai fini della valutazione medesima ed ai sensi dell’art. 2697 c.c. In tal senso, si tratta di verificare quale sia l’onere probatorio a carico dell’Ufficio, nel momento in cui assuma l’esistenza di una società di fatto, fra un ristretto gruppo familiare (circostanza pacifica);
che, a tale proposito, la giurisprudenza ha affermato che, in tema di imposte sui redditi, ai fini dell’individuazione del soggetto effettivo titolare del reddito prodotto da una specifica attività economica, l’esistenza di una società di fatto può ben essere desunta da manifestazioni comportamentali rivelatrici di una struttura sovraindividuale indiscutibilmente consociativa, assunte non per una loro autonoma valenza, ma quali elementi apparenti e rivelatori, sulla base di una prova logica, dei fattori essenziali di un rapporto di società nella gestione dell’azienda, in quanto ciò che viene in considerazione non sono gli elementi essenziali del contratto di società (costituzione di un fondo comune ed affectio societatis), rilevanti esclusivamente nei rapporti interni, ma l’esteriorizzazione del vincolo sociale, rilevante nei rapporti esterni (Sez. 5, n. 1127 del 20/01/2006);
che, a fronte delle circostanze evidenziate dall’Ufficio – sulla scorta del brogliaccio extracontabile – circa i finanziamenti dal D. fatti e ricevuti per la società e circa l’attività di addetto alle vendite e la qualifica di co-amministratore della A.O. s.r.I., la CTR ha erroneamente preteso dall’Amministrazione la prova dell’esistenza di un fondo comune e di una struttura sovra individuale (Sez. 6 – 5, n. 12500 del 16/06/2016);
che il secondo motivo resta assorbito;
che deve in definitiva procedersi alla cassazione della sentenza con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, affinché proceda all’esame di cui sopra, anche per le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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