CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 27 aprile 2017, n. 10485
Infortunio – Prestazioni – Domanda – Consulenza tecnica d’ufficio
Rilevato che
1. la Corte d’appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe indicata, rigettava il gravame svolto dall’attuale ricorrente avverso la sentenza di primo grado, che aveva respinto la domanda volta ad ottenere le prestazioni di legge in relazione all’infortunio occorso;
2. riteneva la Corte territoriale che l’appellante, anziché censurare l’operato del consulente officiato in giudizio per l’omesso esame di atti e documenti, avesse contrapposto, alle valutazioni dell’ausiliare, proprie e diverse valutazioni fondate sui medesimi documenti, così muovendo solo generiche critiche inidonee ad indurre alla rinnovazione dell’esame peritale;
3. ricorre T. F., con un unico motivo, con il quale, deducendo “violazione di norme di diritto” (così nel ricorso) e omesso esame di un fatto decisivo, ritiene totalmente erronea la sentenza impugnata, nella parte in cui ha dichiarato l’assoluta genericità dell’atto di appello;
4. l’Inail ha resistito con controricorso;
5. il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Considerato che
6. la censura per violazione di legge viene svolta senza la specifica indicazione delle norme regolatrici della fattispecie che si assumono violate dalla Corte territoriale;
7. pur aderendo all’orientamento giurisprudenziale (v., fra le altre, Cass. n. 26091 del 2005) secondo cui l’indicazione delle norme che si assumono violate non si pone come requisito autonomo ed imprescindibile ai fini dell’ammissibilità della censura, occorre comunque tener presente che si tratta di un elemento richiesto al fine di identificare i limiti dell’impugnazione, ragion per cui la mancata indicazione delle disposizioni di legge può comportare l’inammissibilità della doglianza qualora gli argomenti addotti non consentano di individuare quali siano, ad avviso della parte ricorrente, le norme che sarebbero state violate;
8. come ha già avuto modo di statuire questa Corte, essendo il giudizio di cassazione un giudizio a critica vincolata, la tassatività e la specificità del motivo di censura esigono una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito (cfr., Cass.n. 18202 del 2008);
9. nel ricorso all’esame, anziché evocare genericamente la violazione di norme, la parte ricorrente, chiarendo l’ambito della doglianza – errar in procedendo o in indicando – avrebbe dovuto adeguatamente contrastare la ritenuta assoluta genericità del gravame indicando gli esatti termini in cui aveva proposto il gravame, con particolare riferimento alla carenze rimarcate dalla Corte di merito (per la quale l’appellante aveva prospettato non già una diversa lettura dei dati e documenti a disposizione ma solo dubbi, chiedendosi come possibile che la caduta sul luogo di lavoro avesse causato la prolungata assenza senza causare alcun danno permanente);
10. quanto alle osservazioni critiche alle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, non vi è chiara indicazione, nell’illustrazione del motivo, di quando ed in quali esatti termini le stesse siano state proposte, onde verificarne, sulla base della sola lettura del ricorso per Cassazione, la tempestività e la rilevanza;
11. infine, come già affermato da Cass. n. 14338 del 2012, in adesione a costante giurisprudenza, rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione circa l’opportunità di rinnovare le indagini e tale principio va coordinato con il principio dell’effetto devolutivo dell’appello;
12. Il ricorso va dichiarato inammissibile;
13. le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
14. la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del d.P.R. n. 115/2002, art. 13, comma 1 -quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228/2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi) e di provvedere in conformità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 2.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfetario del 15 per cento. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115/2002, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13,comma 1 -bis.
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