CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 novembre 2017, n. 26947
Tributi – ICI – Immobile adibito a dimora del contribuente – Familiari dimoranti in altro immobile – Agevolazione per abitazione principale – Esclusione
Con ricorso in Cassazione affidato a tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perché connessi, nei cui confronti il contribuente ha resistito con controricorso, il comune di Alassio impugnava la sentenza della CTR della Liguria, relativa a un avviso d’accertamento ICI per il mancato riconoscimento dell’agevolazione riferita all’immobile adibito ad abitazione principale, lamentando da una parte, il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 8 comma 2 del d.lgs. n. 504/92 e dell’art. 43 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., e dall’altra, lamentando il vizio motivazionale, per travisamento della prova, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c., in quanto, erroneamente, i giudici d’appello, avevano riconosciuto il diritto della contribuente ad usufruire dell’esenzione oggetto di controversia, benché nell’immobile oggetto di tassazione avesse fissato la residenza anagrafica e dimorasse solo la stessa contribuente mentre, il coniuge e i figli erano risultati pacificamente residenti e dimoranti in altro comune.
Il Collegio ha deliberato di adottare la presente decisione in forma semplificata.
L’articolata censura è fondata.
È, infatti, insegnamento di questa Corte, quello che “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica), dall’art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 (come modificato dall’art. 1, comma 173, lett. b), della I. n. 296 del 2006, con decorrenza dall’1 gennaio 2007), occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la detrazione sulla base dell’accertamento che l’immobile “de quo” costituisse dimora abituale del solo ricorrente e non della di lui moglie).” (Cass. ord. n. 15444/17, Cass. ordd. nn. 12299/17, 13062/17, 12050/10). Nel caso di specie, la sentenza impugnata si pone in evidente contrasto con il superiore principio, in quanto è pacifico tra le parti, che il nucleo familiare della ricorrente né risiede anagraficamente, né dimora abitualmente presso l’immobile oggetto di tassazione, mentre l’unica a risiedere abitualmente nell’immobile è solo la ricorrente, che, in tale situazione, non può invocare il diritto al riconoscimento dell’esenzione.
Va, conseguentemente accolto il ricorso, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo del ricorrente.
Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di merito a seguito dell’alterno esito dei precedenti giudizi di merito e del presente, ponendosi a carico della intimata le spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in €. 1.415,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
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