Consiglio di Stato sezione V sentenza n. 1320 depositata il 23 marzo 2017
N. 01320/2017REG.PROV.COLL.
N. 00815/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 815 del 2017, proposto da:
E. s.a.s. di G. C. e C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Mastri ed Andrea Del Vecchio, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, 71;
contro
ARPAM – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale delle Marche, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Galileo Omero Manzi, con domicilio eletto presso lo studio Luca Spingardi in Roma, via Filippo Civinini,12;
S. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Migliarotti ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Napoli, alla Via dei Mille, 16;
Sx. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
PA s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
O. s.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MARCHE – ANCONA: SEZIONE I n. 00676/2016, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento del servizio di manutenzione ordinaria, nonché preventiva e correttiva, della rete di monitoraggio della qualità ambientale della Regione Marche.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di S. s.r.l. e di ARPAM;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2017 il Cons. Valerio Perotti e uditi per le parti gli avvocati Del Vecchio, Manzi e Migliarotti;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Risulta dagli atti che l’appellante E. s.a.s. partecipava ad una gara per l’aggiudicazione del servizio di manutenzione ordinaria, preventiva e correttiva della rete di monitoraggio della qualità dell’aria della Regione Marche, dalla quale veniva però esclusa per aver presentato un’offerta condizionata, ritenuta inammissibile dalla stazione appaltante in applicazione della lex specialis.
In particolare le veniva contestato di aver indicato, al punto 27 della propria relazione tecnica (recante modalità di valutazione delle prestazioni degli analizzatori), un elenco di circostanze in presenza delle quali i dati mancanti (ossia non raccolti dagli analizzatori) avrebbero dovuto essere esclusi dal calcolo dei rendimenti, ai sensi degli artt. 4 e 10 del Capitolato.
Tali circostanze risultavano però aggiuntive rispetto alle ipotesi di esclusione di cui al citato art. 10, aventi carattere tassativo e non integrabili dagli offerenti.
Ad un complessivo esame della documentazione di causa, ritiene la Sezione che l’appello della E. s.a.s. vada respinto.
Non è in primo luogo contrario alla normativa vigente il fatto che i membri della Commissione di gara fossero, in tutto o in parte, gli stessi di una precedente procedura, annullata in autotutela dalla stazione appaltante. Trova applicazione l’art. 84 comma 8 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, a mente del quale «in caso di rinnovo del procedimento di gara a seguito di annullamento dell’aggiudicazione o di annullamento dell’esclusione di taluni dei concorrenti è riconvocata la medesima commissione» (norma, del resto, richiamata dall’Amministrazione nel nominare il nuovo organo di valutazione delle offerte: cfr. doc. 5 dell’appellata ARPAM).
Va inoltre ricordato che per potersi concretizzare l’incompatibilità affermata dall’appellante (invero, in modo assai generico), non è sufficiente che al singolo funzionario sia stato affidato un qualsivoglia incarico tecnico-amministrativo, ma occorre che nel caso concreto possa venirne oggettivamente messa in discussione la garanzia di imparzialità: il che si verifica quante volte siano individuati quali commissari di gara soggetti che abbiano svolto incarichi – relativi al medesimo appalto – come compiti di progettazione, di verifica della progettazione, di predisposizione della legge di gara e simili, e non anche incarichi amministrativi o tecnici genericamente riferiti ad altre gare (ex multis Cons. Stato, VI, 29 dicembre 2010, n. 9577; V, 22 giugno 2012, n. 3682).
Nella specie manca la prova che i commissari abbiano svolto funzioni o attività incompatibili con quelle del proprio ruolo.
Correttamente la sentenza impugnata ha rilevato che la questione della composizione della Commissione di gara non sarebbe stata decisiva ai fini della Sx.uzione della vicenda controversa, perché oggetto di impugnazione è un atto adottato da un diverso organo, ossia il seggio di gara.
Neppure è fondato l’appello laddove si contesta che E. s.a.s. abbia presentato un’offerta “condizionata”, da sé Sx.a idonea a giustificare l’esclusione dalla gara.
Al di là del nomen iuris utilizzato, infatti, bene il Tribunale amministrativo delle Marche ha rilevato che le precisazioni formulate da E. s.r.l. al p.to 27 della propria relazione tecnica “costituivano nella sostanza una controproposta contrattuale, poiché in tal modo la ditta aveva inteso specificare dettagliatamente in aggiunta a quanto previsto dall’art 10 del capitolato speciale, una serie di ulteriori situazioni che davano, a suo dire, luogo al fermo delle apparecchiature destinate a rilevare la qualità dell’aria, i cui periodi temporali non dovevano essere considerati ai fini del calcolo del tasso di rendimento annuo”.
L’offerta di E. s.r.l. conteneva (al predetto p.to 27) la richiesta, alla stazione appaltante, di ampliare – rispetto a quelle già tassativamente elencate nell’art 10 del Capitolato speciale di appalto – il novero delle situazioni che, durante il rapporto, sarebbero state considerate incidenti sulle modalità di calcolo dei periodi di funzionamento degli analizzatori oggetto di fornitura.
L’indicazione integrava, obiettivamente, una condizione aggiuntiva del contratto, inserita unilateralmente da una delle parti ed esplicitamente non ammessa, nel caso di specie, dall’art. 43 del Disciplinare di gara.
Del resto, va condiviso il principio per cui il venir meno della necessaria conformità tra il regolamento contrattuale predisposto dalla stazione appaltante (strumentalmente alle proprie esigenze pubblicistiche) e l’offerta in concreto presentata dal singolo concorrente (in ipotesi, anche per ragioni legate alle sue esigenze aziendali), è causa di inammissibilità della stessa: Cons. Stato, VI, 25 gennaio 2010, n. 248; Id., V, 23 agosto 2004, n. 5583; Id., V, 25 febbraio 1991, n. 192.
Tale difformità, ove mai dovesse essere ammessa, verrebbe tra l’altro ad alterare la par condicio dei partecipanti alla selezione, a garanzia della quale le norme disciplinanti le procedure a evidenza pubblica esigono la perfetta conformità tra il regolamento contrattuale predisposto dalla stazione appaltante e l’offerta presentata dal candidato.
Nemmeno è condivisibile il subordinato rilievo secondo cui, prima di procedere all’esclusione dalla gara, si sarebbe comunque dovuto consentire all’offerente di precisare che cosa realmente intendesse con le indicazioni in questione inserite nell’ offerta tecnica, ricorrendo al cd. soccorso istruttorio “a sensi degli artt. 38, comma 2 bis e 46, comma 1 ter, D.Lgs. 163/06, nonché dell’art. 22 n. 5 del disciplinare”.
Al riguardo, va ribadito il principio per cui “il ‘soccorso istruttorio’ non può essere utilizzato per supplire a carenze dell’offerta, sicché non può essere consentita al concorrente la possibilità di completare l’offerta successivamente al termine finale stabilito dal bando, salva la rettifica di errori materiali o refusi” (Cons. Stato, V, 15 febbraio 2016, n. 627)
Nella fattispecie non si è di fronte ad un mero errore materiale o ad un refuso, ma ad una vera e propria – inammissibile – eterointegrazione delle condizioni del bando di gara.
L’errore materiale, infatti, consiste in una fortuita divergenza fra il giudizio e la sua espressione letterale, cagionata da mera svista o disattenzione nella redazione dell’offerta che deve emergere ictu oculi. In definitiva, l’errore materiale non esige alcuna attività correttiva del giudizio, che deve restare invariato, dovendosi semplicemente modificare il testo in una sua parte, per consentire di riallineare in toto l’esposizione del giudizio alla sua manifestazione (cfr. anche Cons, Stato, III, 29 luglio 2015, n. 3750; Id. III, 26 maggio 2014, n. 2690).
Neppure è fondata la subordinata censura degli artt. 4 e 10 del Capitolato speciale d’appalto, a mente della quale “l’esclusione dell’offerta tecnica della ricorrente collide con la interpretazione degli artt. 4 e 10 e con la prassi dettata da A.r.p.a.m. e, necessariamente, seguita da E. […]”, relativamente alla quale, correttamente, il giudice di prime cure ha rilevato che “la precedente prassi contrattuale non costituisce fonte del diritto vincolante i rapporti contrattuali successivi, per cui può essere modificata al fine di ottenere un maggiore rendimento del singolo analizzatore, con conseguente maggiore impegno dell’affidatario del servizio, che dovrà tenerne conto nella formulazione della propria offerta tecnico/economica”.
In effetti, bene poteva la stazione appaltante limitare (come del resto avvenuto con la previsione tassativa dell’art. 10 del Capitolato) le ipotesi di non funzionamento degli apparecchi che non sarebbero state considerate ai fini del calcolo del loro tasso di rendimento annuo: sicuramente non ostava a una tale valutazione una presunta (e non dimostrata) prassi contraria, formatasi nel corso del precedente rapporto di servizio.
E’ infine inammissibile (e comunque infondata) la doglianza relativa all’asserita illegittimità “delle offerte tecniche delle ditte ammesse alla fase di apprezzamento delle stesse, la cui asserita illogicità era stata fatta dipendere dalla identità del punteggio attribuito alle qualità tecniche e funzionali delle rispettive proposte contrattuali”. Non è infatti dato comprendere quale apprezzabile interesse potrebbe avere l’appellante E. s.a.s., preliminarmente esclusa dalla partecipazione alla procedura selettiva, a sindacare la (successiva) attività valutativa dell’organo di gara, relativamente alle offerte presentate dagli altri concorrenti.
In ogni caso, l’eventualità che due offerte tecniche possano in concreto riportare lo stesso punteggio, con conseguente decisività dell’offerta economica ai fini dell’aggiudicazione, non è di per sé indice di anomalia, bensì un’eventualità sempre possibile, tanto più laddove (come nel caso di specie) tale punteggio consegua a valutazioni tecniche delle quali la stessa parte appellante non ha specificamente contestato la correttezza.
In conseguenza del rigetto dell’appello, va altresì respinta la connessa domanda risarcitoria, peraltro generica e priva di sufficiente supporto probatorio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando l’appellata sentenza.
Condanna l’appellante E. s.a.s. al pagamento delle spese di lite del grado a favore di ARPAM e S. s.r.l., che liquida in € 1.000,00 (mille/00) a favore di ciascuna di esse, oltre Iva ed accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Paolo Troiano, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Valerio Perotti, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
Valerio Perotti | Giuseppe Severini | |
IL SEGRETARIO
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