CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 dicembre 2017, n. 30246
Rapporto di lavoro subordinato – Contratti di lavoro temporaneo e di somministrazione – Sostituzione di lavoratori in ferie ed in malattia – Operatore di sportello/cassiere
Fatti di causa
Con sentenza del 24 ottobre 2012, la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Roma, accoglieva, la domanda proposta da B.C. nei confronti di P.I. S.p.A, avente ad oggetto la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato con la predetta Società, stante la dedotta nullità dei tre contratti di lavoro temporaneo e di somministrazione stipulati, il primo ai sensi della legge n. 196/1997, con riferimento ad una delle causali previste dal CCNL poi specificata nell’esigenza di far fronte a punte di più intensa attività non fronteggiabili con il normale organico, relativamente al periodo 21.5.2003/31.5.2004, gli altri due ai sensi del d.lgs. n. 276/2003, rispettivamente in relazione ad esigenze di sostituzione di lavoratori in ferie ed in malattia e di “sostituzione di lavoratori assenti per aspettativa, congedo, ferie, partecipazione a corsi di formazione ovvero malattia e temporanea inidoneità a svolgere la mansione assegnata” relativamente ai periodi 1.6/30.9.2004 e 1.10.2004/30.6.2005 in virtù dei quali la C. aveva prestato l’attività di operatore di sportello/cassiere presso l’ufficio postale di Roma Montesacro, dichiarando il rapporto costituito in capo alla Società con diritto della C. alla riammissione in servizio ed al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni maturate, in ragione della ritenuta detraibilità dell’aliunde percipiendum, per il solo triennio successivo alla cessazione del rapporto.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la genericità della causale invocata in relazione al primo contratto, non superabile sulla base della documentazione prodotta; ammissibile la conversione a tempo indeterminato del rapporto, inapplicabile invece l’art. 32 I. n. 183/2010 con operatività del previgente regime risarcitorio nei limiti della rilevanza dell’aliunde percipiendum.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso la C., la quale a sua volta propone ricorso incidentale, articolato su otto motivi, cui resiste, con controricorso, la Società. Entrambe le parti hanno presentato memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in una con il vizio di motivazione, la Società ricorrente, lamenta la parzialità della valutazione delle risultanza istruttorie su cui risulta fondato il convincimento della Corte territoriale circa il mancato assolvimento dell’onere della prova dell’effettività della causale invocata nel primo contratto di lavoro temporaneo stipulato con la lavoratrice
Con il secondo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 10, I. n. 196/1997 e della legge n. 1369/1960 nonché del d.lgs. n. 368/2001, deduce l’erroneità dell’interpretazione accolta dalla Corte territoriale in ordine al regime sanzionatone della somministrazione irregolare come comprensiva della conversione a tempo indeterminato del rapporto.
Il vizio di motivazione è predicato nel terzo motivo in relazione alla statuizione della Corte territoriale di rigetto dell’eccezione concernente la detraibilità dell’aliunde perceptum per genericità delle relative allegazioni.
La violazione e falsa applicazione dell’art. 32 I. n. 183/2010 è poi dedotta nel quarto motivo in relazione alla ritenuta inapplicabilità alla fattispecie del regime sanzionatorio introdotto dalla predetta norma, che la Corte territoriale assume riferibile alla sola ipotesi di nullità dell’apposizione del termine.
Dal canto suo, la ricorrente incidentale, con gli otto motivi formulati, censura la statuizione della Corte territoriale in ordine alla detraibilità dell’aliunde percipiendum, sotto i distinti profili dell’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione; della violazione e falsa applicazione dell’art. 1226 c.c., stante l’inammissibilità della determinazione equitativa del danno a fronte della possibile quantificazione del medesimo; della violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. per difettare la presunzione posta a base del giudizio equitativo dei caratteri della gravità, precisione e concordanza; della violazione e falsa applicazione dell’art. 1225 c.c. stante la risarcibilità anche del danno prevedibile a fronte del carattere doloso dell’inadempimento datoriale; della violazione e falsa applicazione dell’art. 1227 c.c. stante la non ravvisabilità del fatto colposo imputabile al creditore ai fini del concorso nella causazione del danno subito; della violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. stante l’erroneo accollo al lavoratore dell’onere della prova dell’inconfigurabilità di un concorso di colpa; degli errores in procedendo in cui, alla stregua del disposto degli artt. 432 e 114 c.p.c., la Corte territoriale sarebbe incorsa, con conseguente nullità della statuizione, per aver pronunciato sul punto secondo equità.
Il primo motivo del ricorso principale deve ritenersi inammissibile, non recando il formulato motivo di ricorso confutazione alcuna del convincimento espresso dalla Corte territoriale circa l’inidoneità dei mezzi istruttori offerti dalla Società ricorrente a comprovare non solo la ricorrenza e permanenza per il lungo periodo di adibizione della ricorrente di una situazione, al contrario di per sé intrinsecamente contingente, di picco di attività, ma altresì l’impossibilità di fronteggiare la stessa con il normale organico come richiesto nella previsione autorizzato ria di cui al CCNL.
Di contro, infondato risulta il secondo motivo del ricorso principale alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr., da ultimo, Cass., sez. lav., 17.1.2013, n. 1148 ed ivi ulteriori precedenti) per il quale alla conversione soggettiva del rapporto si aggiunge la conversione dello stesso da lavoro a tempo determinato in lavoro a tempo indeterminato, per intrinseca carenza dei requisiti richiesti dal d.lgs. n. 368/2001 ai fini della legittimità dell’impiego a termine del lavoratore presso l’utilizzatore.
Fondato, viceversa, si rivela il quarto motivo, atteso che il regime sanzionatorio di cui all’art. 32, comma 5, I. n. 183/2010, implicante il riconoscimento a titolo risarcitorio di una indennità forfettaria, trova applicazione in qualsiasi ipotesi di conversione a tempo indeterminato di un contratto costituito a termine come lo è di norma un contratto di somministrazione (vedi ancora Cass. 1.8.2014, n. 17540 e, da ultimo, Cass. sez. lav., 26.9.2017, n. 22380), conseguendone, pertanto l’assorbimento tanto del terzo motivo del ricorso principale quanto del ricorso incidentale.
Ne deriva che, in relazione a tale motivo, rigettati il primo ed il secondo, con conseguente assorbimento del terzo motivo nonché del ricorso incidentale, il ricorso principale va accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà, pertanto limitarsi alla quantificazione dell’indennità ex art. 32 citato spettante all’intimata limitatamente al periodo compreso tra la data della cessazione del rapporto e quella della sentenza recante l’ordine di ricostituzione del rapporto (cfr. per tutte Cass. n. 14461/2015), provvedendo altresì all’attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il quarto motivo del ricorso principale, rigettati il primo ed il secondo e assorbito il terzo motivo e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.
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