CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 dicembre 2017, n. 30683
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Omesso esame di prove non legali – Vizio non denunciabile con ricorso per cassazione
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che Cassa di Risparmio di C. S.p.a. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna che, in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, aveva rigettato il suo ricorso introduttivo, a suo tempo proposto avanti la Commissione tributaria provinciale di Ravenna per censurare il silenzio rifiuto dell’Amministrazione circa un’istanza di rimborso IRPEG; che, nella sua decisione, la CTR ha affermato che la ricorrente non avrebbe offerto la dimostrazione contabile e documentale del suo credito, limitandosi a riportare il calcolo delle imposte a suo dire esatto;
Considerato
che il ricorso è affidato a due motivi;
che, attraverso il primo, la ricorrente assume la violazione dell’art. 115 e del principio di non contestazione, oltre che dell’art. 329 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., giacché l’Ufficio non avrebbe contestato nel merito la richiesta della Banca e comunque, non essendo stato proposto appello, si sarebbe formata acquiescenza per impugnazione parziale e giudicato interno;
che, col secondo, la Cassa di Risparmio di C. S.p.a. lamenta violazione dell’art. 2697 c.c. e 58 DPR n. 597/1973, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, ex art. 360 n. 5 c.p.c.: la prova documentale sarebbe stata fornita in causa, e dall’esame di essa l’errore sarebbe emerso ictu oculi, in forza dell’applicazione dell’art. 58 ai dati numerici degli allegati prodotti;
che l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso;
che il primo motivo è infondato;
che, infatti, nel processo tributario, il principio di non contestazione, che si fonda sul carattere dispositivo del processo, trova applicazione sul piano probatorio, ma non anche su quello delle allegazioni poiché la specificità del giudizio tributario comporta che la mancata presa di posizione dell’Ufficio sui motivi di opposizione alla pretesa impositiva svolti dal contribuente non equivale ad ammissione, né determina il restringimento del “thema decidendum” ai soli motivi contestati (Sez. 6-5, n. 13483 del 30/06/2013; Sez. 5, n. 13834 del 18/06/2014);
che, inoltre, il disposto di cui all’art. 329 c.p.c. non può dirsi violato, giacché la CTR ha pronunziato nell’ambito delineato dal rinvio della sentenza di legittimità (n. 30782/2011), la quale aveva disposto un nuovo giudizio, reputando astrattamente ammissibile l’istanza, ma delegando alla fase rescissoria l’effettiva e concreta valutazione delle condizioni per il rimborso;
che, in ogni caso, l’acquisizione delle decisioni di merito prodromiche a quella oggetto di odierna impugnazione esclude come sul contenuto dei documenti e del prospetto, asseritamente prodotti dalla ricorrente in primo grado (ma di cui non è possibile accertare l’effettiva allegazione), si sia formato un qualche giudicato interno;
che il secondo motivo è parimenti infondato;
che, per un verso, la CTR non ha utilizzato in via di fatto il meccanismo di cui all’art. 58 DPR n. 597/1973 e dunque non ne ha violato il disposto, rilevando invece che la contribuente non aveva provato “efficacemente che il coefficiente di deducibilità fosse superiore a quello utilizzato nella dichiarazione dei redditi presentata”;
che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Sez. 3, n. 11892 del 10/06/2016);
che le note d’udienza allegate dalla ricorrente non sono idonee a mutare il quadro così delineato; che il ricorso va dunque respinto;
che al rigetto del ricorso segue la condanna della Cassa di Risparmio di C. s.p.a. alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;
che, ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in euro 7.300, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater dei d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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