CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 dicembre 2017, n. 31121
Tributi – Accertamento di maggiori imposte Ires ed Irap – Omesso versamento di ritenute e di imposte sostitutive
Fatti di causa
A seguito di verifica conclusa con processo verbale di constatazione del 28.6.2007, l’Agenzia delle Entrate, con riguardo all’anno di imposta 2004/2005, emetteva nei confronti di M.I. srl in liquidazione, con socio unico, un avviso di accertamento di maggiori imposte Ires ed Irap, nonché di omesso versamento di ritenute e di imposte sostitutive; emetteva inoltre atto di contestazione di sanzioni per il mancato versamento di ritenute e di imposta sostitutiva.
Contro entrambi gli atti la società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che li accoglieva parzialmente con sentenza n. 62 del 2011.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la società si costituiva proponendo appello incidentale. Con sentenza del 20.2.2013 la Commissione tributaria regionale annullava l’avviso di accertamento limitatamente a tre rilievi; confermava nel resto.
Contro la sentenza di appello la società ricorre per cassazione sulla base di sei motivi.
L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
Il ricorso è infondato.
1. Primo motivo: “nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 cod.proc.civ.; omessa pronuncia in relazione ad una eccezione rilevata in via pregiudiziale concernente l’inammissibilità dell’avverso appello per violazione dell’art. 53 comma 1 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546”.
Il motivo è infondato. Dal testo della sentenza impugnata, che analizza i singoli motivi di appello principale proposto dall’Ufficio, si evince che i motivi di impugnazione sono specifici. La Commissione tributaria regionale, procedendo ad esaminare nel merito i motivi di impugnazione, ha implicitamente rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello per mancanza del requisito di specificità dei motivi.
2. Secondo motivo: “violazione e falsa applicazione dell’art. 12 comma 5 legge 27 luglio 2000 n. 212 in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 cod.proc.civ.”, nella parte in cui ha rigettato l’eccezione di nullità del processo verbale di constatazione (e del conseguente avviso di accertamento) per protrazione della verifica fiscale presso la sede della società oltre il termine previsto dall’art. 12 comma 5 legge 27 luglio 2000 n. 212.
Il motivo è infondato. In via preliminare occorre ribadire la costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente, previsto dall’art. 12, comma 5, della I. n. 212 del 2000, non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore, (Sez. 5, Sentenza n. 2055 del 27/01/2017). In secondo luogo è corretta l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui, ai fini dell’osservanza del termine di permanenza dei verificatori, “devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori presso la sede del contribuente”, conformemente all’espresso disposto dell’art. 12 comma 5 decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546.
3. Terzo motivo: “violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli articoli 7 e 12 comma 5 legge 212/2000, in relazione all’art. 360 primo comma n.3 cod.proc.civ.”, nella parte in cui il giudice di appello ha rigettato l’eccezione di nullità degli avvisi di accertamento per mancanza di motivazione in ordine alle ragioni che hanno indotto l’Ufficio a non accogliere le osservazioni presentate dalla società a seguito della notificazione del processo verbale di constatazione.
Il motivo è infondato. La previsione contenuta nell’art. 12 comma 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212, (l’indicazione del comma 5 contenuta nella enunciazione del motivo è ascrivibile ad errore materiale), secondo cui “le osservazioni e richieste comunicate dal contribuente devono essere valutate dagli uffici impositori”, comporta l’obbligo da parte della Amministrazione finanziaria di prendere in considerazioni le osservazioni presentate dal contribuente avverso il processo verbale di constatazione che gli è stato notificato, ma non si traduce in un obbligo, a pena di nullità, di motivazione “rafforzata” dell’avviso di accertamento mediante specifica indicazione delle ragioni per cui non sono state accolte le predette osservazioni, sia perché tale sanzione non è espressamente prevista dalla legge, sia perché, nelle ipotesi in cui il legislatore ha inteso sanzionare con la nullità l’atto impositivo privo di motivazione in ordine alle osservazione presentate dal contribuente, lo ha espressamente stabilito (si veda art. 10 bis comma 8 della legge n.212 del 2000 circa l’obbligo, in materia di elusione fiscale, di motivare l’atto impositivo anche con riguardo ai chiarimento forniti dal contribuente) (in senso conforme Sez. 6-5, Ordinanza n. 8378 del 31/03/2017; Sez. 5, Sentenza n. 3583 del 24/02/2016, sulla non necessità di menzionare le osservazioni del contribuente ex art. 12 comma 7 legge n. 212 del 2000).
4. Quarto motivo: “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio relativo al rilievo n.3 dell’avviso di accertamento, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5 cod.proc.civ.”, con riferimento alla ritenuta natura istantanea, anziché di durata, delle prestazioni erogate su base contrattuale dalla società L. srl alla ricorrente M.I..
5. Quinto motivo: “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio relativo al rilievo n.4 dell’avviso di accertamento in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 cod.proc.civ.”, nella parte in cui “i giudici di seconde cure hanno omesso di considerare la natura istantanea e non di durata delle prestazioni contrattuali erogate alla scrivente su base contrattuale dalla società L. srl”.
I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili. La sentenza impugnata ha ritenuto che “le prestazioni in contestazione (allestimento di tende con il logo della società, tavolini espositivi con prodotto M. in esercizi aperti al pubblico), presuppongono -in linea di principio ed in assenza di prova contraria – che l’utilità della pubblicità si mantenga per tutta la durata espositiva e, se questa risulta essere superiore al singolo esercizio, spesabile pro quota nel successivo esercizio”. L’interpretazione del contratto diretta alla individuazione della comune volontà delle parti, le quali, secondo il giudice di merito, hanno inteso porre in essere un contratto a prestazione continuata, e non un contratto ad esecuzione istantanea come affermato dal ricorrente, costituisce un accertamento in fatto riservato al giudice di merito e sindacabile in cassazione solo sotto il profilo della violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, non potendo la censura risolversi nella mera contrapposizione di una diversa interpretazione a quella effettuata dal compente giudice di merito. (Sez. 3, Sentenza n. 12289 del 05/07/2004; Sez. L, Sentenza n. 3296 del 19/02/2004). Non ricorre alcun vizio di omesso esame della questione dedotta, la quale, per quanto risulta dal testo della sentenza e dalle stesse censure della ricorrente, è stata esplicitamente esaminata dal giudice di appello.
6. Sesto motivo: “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio relativo al rilievo n. 11 dell’avviso di accertamento, in relazione all’art. 360 comma primo n. 5 cod.proc.civ.”.
Il motivo è infondato. Dal testo della sentenza (e dallo stesso motivo di ricorso) risulta che il giudice di appello ha esaminato il motivo di gravame relativo al rilievo 11 – costi infragruppo, ritenendo la inidoneità della documentazione prodotta dalla ricorrente, anche per la genericità delle fatture, a dimostrare l’effettiva esecuzione dei servizi. La ricorrente non denuncia l’omesso esame di un fatto (al contrario espressamente preso in considerazione dal giudice) ma censura, inammissibilmente, l’interpretazione dei dati probatori effettuata dal competente giudice di merito, certamente non rientrante nel vizio previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134.(Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Spese regolate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate liquidate in euro 5.500 oltre eventuali spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
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