COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE ABRUZZO – Sentenza 29 dicembre 2017, n. 1214
Imposte indirette – IVA – Accertamento – Rappresentante fiscale – Operazioni fuori Paese – Istanza di rimborso
Fatto e diritto
Con atto notificato in data 5 settembre 2016 R.S. proponeva appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Pescara in data 2.2.2016 , nei confronti di Agenzia Entrate – Centro Operativo di Pescara.
Esponeva che aveva errato il primo giudice nel ritenere infondato il ricorso.
Si costituiva l‘appellata, chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
All’udienza del 14 dicembre 2017 la controversia è stata decisa come da dispositivo che segue.
L’appello va rigettato.
La sentenza impugnata è sufficientemente motivata, e comunque il difetto di motivazione non avrebbe altro effetto che costringere questo giudice ad integrare la motivazione eventualmente carente.
In fatto, è pacifico che la R.S., società avente sede in Spagna e non stabilita in Italia né avente ivi un rappresentante fiscale, ha acquistato in Italia alcuni beni mobili, li ha affidati ad un’altra impresa italiana per farli assembleare, e poi li ha spediti in Brasile perché fossero utilizzati nella costruzione di un impianto che aveva in corso sulla base di un contratto di appalto in quel Paese. Con l’unico motivo di appello, variamente articolato, la R. sostiene di non aver posto in essere in Italia operazioni attive, e che quindi ha diritto al rimborso dell’IVA versata per l’acquisto dei beni mobili. Deduce che è applicabile alla fattispecie l’art. 7 ter del DPR n. 633 del 1972, e non l’art. 7 bis dello stesso Decreto.
La tesi non convince.
Infatti, l’art. 7 bis si riferisce alla cessione di beni mobili spediti da altro Stato installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto. Nel caso di specie, la R. ha acquistato dei beni mobili in Italia, li ha fatti assembleare da altro soggetto italiano, e poi li ha ceduti all’estero, seppure nell’ambito di altri rapporti internazionali. Ciò che rileva è che la R. non si è limitata ad acquistare i beni mobili in Italia, ma li ha fatti assemblare nel nostro Paese, prima di cederli all’estero, e questa è la condizione cui la norma collega la necessità di identificarsi in Italia. In sostanza, in questo caso, il legislatore ritiene che l’operazione si è svolta in Italia, e quindi il rimborso dell’IVA è collegato allo stabilimento o all’identificazione nel nostro Paese. Non è invece rilevante che i beni ceduti all’estero siano stati impiegati dalla R. nell’ambito di un contratto di appalto: ciò che rileva, come detto, è che i beni siano stati acquistati e assemblati in Italia, e poi ceduti all’estero, per cui non si tratta di fornitura di servizi, che renderebbe applicabile l’art. 7 ter cit.
Alla soccombenza segue la condanna al pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta l’appello e condanna R.S. al pagamento delle spese del grado, liquidate in € 2.500,00.
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