CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 18 gennaio 2018, n. 1171
Domanda di restituzione dei contributi – Somme indebitamente versate – Prescrizione del diritto – Proposizione della domanda giudiziale – Effetto interruttivo istantaneo e sospensivo permanente in pendenza di causa – Mancata riassunzione del giudizio – Esclusione effetto sospensivo
Fatti di causa
1. La Corte d’appello di l’Aquila, con la sentenza impugnata, ha respinto l’appello proposto dalla s.a.s. A.D. di B.R. & C. (già A.D. s.n.c. di A.F. & C.), nei confronti dell’INPS, avverso la sentenza di primo grado, che aveva disatteso la domanda di restituzione dei contributi, asseritamente non dovuti, corrisposti per gli anni 1995 e 1996, per il personale stagionale e con contratto a termine, pari ad euro 137.908,45, e aveva ritenuto prescritto il relativo diritto.
2. In particolare, la s.a.s. A.D. di B.R. & C. aveva chiesto la restituzione di somme indebitamente versate, ex art. 2033 cod.civ., e l’INPS aveva eccepito la prescrizione del relativo diritto, sulla base del rilievo che il ricorso notificato all’INPS, il 27 ottobre 1998, peraltro attribuibile ad una diversa compagine societaria (la A.D. s.n.c.), non aveva interrotto il termine di prescrizione, per tutta la durata di quel processo, conclusosi con sentenza rescindente della Corte di cassazione n. 27833/2005, e poiché con quel ricorso era stata introdotta un’azione di mero accertamento, e non anche un’azione di condanna, dell’Istituto, alla restituzione dei contributi versati sine titulo.
3. La Corte di merito, premesso l’inciso “pur se si potesse superare la circostanza che quel precedente giudizio aveva avuto come parte una diversa compagine sociale, la A.D. s.n.c., anziché la A.D. s.a.s.” (così testualmente si legge nella sentenza ora impugnata), riteneva prescritto il diritto vantato dalla società in base al rilievo secondo cui l’estinzione del primo giudizio, per mancata riassunzione dello stesso dinanzi al giudice del rinvio come statuito dalla Corte di cassazione (sentenza n. 27833/2005 cit.), aveva fatto sì che il decorso del termine di prescrizione non fosse rimasto sospeso per tutta la sua durata e che la notificazione del ricorso introduttivo avesse interrotto la prescrizione, con efficacia istantanea, così che da tale data era iniziato a decorrere un nuovo termine di prescrizione, già ampiamente decorso alla data di notificazione del ricorso introduttivo del presente processo.
4. Avverso tale sentenza ricorre la s.a.s. A.D. di B.R. & C. (già A.D. s.a.s. di A.F. & C., così si legge nell’intestazione del ricorso), con ricorso affidato a sei motivi, ulteriormente illustrato con memoria, cui resiste, con controricorso, l’INPS.
Ragioni della decisione
5. Con i motivi di ricorso, enunciati in complessive 98 pagine e in cui la parte è evocata sempre, per brevità, come avverte l’incipit dell’illustrazione delle censure, come “A.D.”, la parte ricorrente deduce: nullità della sentenza, per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., per avere la Corte di merito pronunciato su una questione non oggetto del giudizio e fondato la decisione su un fatto costitutivo diverso – l’esclusione dell’effetto interruttivo permanente della prescrizione provocato dalla domanda giudiziale introdotta nell’ottobre 1998, nell’ipotesi di estinzione del processo – rispetto a quello allegato, in primo grado, dall’INPS, a sostegno dell’eccepita prescrizione (l’inidoneità dell’azione di mero accertamento, introdotta con quella domanda giudiziale, ad interrompere la prescrizione) (primo motivo); insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per non avere la Corte di merito preso in considerazione gli atti interruttivi della prescrizione, tempo per tempo compiuti dalla A.D., nel corso del giudizio concluso con la sentenza rescindente della Corte di legittimità e, segnatamente, il ricorso in appello del 10 novembre 1999, definito con sentenza pubblicata il 15 marzo 2002, e il ricorso per cassazione, notificato il 3 febbraio 2003 e definito con sentenza n. 27833/2005 cit. (secondo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 2945 e 2943 cod.civ., per avere la Corte del gravame, omettendo di valutare gli atti interruttivi evocati nel motivo che precede, riconosciuto efficacia interruttiva al solo atto introduttivo del giudizio estinto e non ai diversi atti giudiziali compiuti, tempo per tempo, dalla società nel processo poi estinto, ancorché con gli stessi fosse stata manifestata, in modo inequivoco, la volontà di far valere il proprio diritto (terzo motivo); omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo, quanto alle ragioni per cui l’unico atto idoneo ad interrompere il termine di prescrizione sia stato ritenuto il ricorso introduttivo del giudizio poi estinto e non già gli atti giudiziali tempo per tempo compiuti, non spiegando le ragioni dell’idoneità a produrre un tale effetto (quarto motivo); violazione degli artt. 2697, secondo comma, cod.civ., 101 e 416 cod.proc.civ., 24 e 111 Cost., per avere la Corte territoriale autonomamente statuito, senza consentire alcun contradittorio sul punto, l’idoneità del solo atto introduttivo ad interrompere la prescrizione (quinto motivo), doglianze, infine, ribadite, nel diverso profilo della nullità della sentenza, con il sesto motivo.
6. Il primo motivo, con il quale la parte ricorrente si duole dell’accoglimento dell’eccezione di prescrizione sulla base di una qualificazione giuridica dei fatti, allegati in giudizio, diversa da quella oggetto dell’eccezione sollevata dall’INPS, è infondato per avere la Corte di merito operato soltanto un mutamento della qualificazione giuridica dei fatti posti a sostegno della dedotta eccezione, ed inalterati, ritenendo maturata la prescrizione per non essere stato compiuto alcun atto interruttivo successivamente alla notificazione del primo ricorso introduttivo (depositato il 13 ottobre 1998) e per essere rimasto precluso l’effetto permanente dell’interruzione della prescrizione dalla mancata riassunzione del giudizio dinanzi al giudice del rinvio, come deliberato da questa Corte di legittimità, con sentenza n. 27833/2005 cit. (sul potere del giudice di qualificazione giuridica dei fatti dedotti in lite, in via di azione ed eccezione, v., fra le tante, Cass. 13 dicembre 2010, n. 25140).
7. Questa Corte ha già da tempo affermato che, in tema di prescrizione estintiva, elemento costitutivo della relativa eccezione è l’inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio, mentre la determinazione della durata di questa, necessaria per il verificarsi dell’effetto estintivo, si configura come una quaestio juris concernente l’identificazione del diritto stesso e del regime prescrizionale per esso previsto dalla legge.
8. Ne consegue che la riserva, alla parte, del potere di sollevare l’eccezione implica che ad essa sia fatto onere soltanto di allegare il menzionato elemento costitutivo e di manifestare la volontà di profittare di quell’effetto, non anche di indicare direttamente o indirettamente (cioè attraverso specifica menzione della durata dell’inerzia) le norme applicabili al caso di specie, l’identificazione delle quali spetta al potere – dovere del giudice (cfr., fra le tante, Cass. Sez. U. n. 10955 del 25 luglio 2002 e successive conformi).
9. In ogni caso, come diffusamente argomentato dalla Corte di merito nello storico di lite, la questione dell’effetto interruttivo della semplice proposizione della domanda giudiziale è stata devoluta dalla società appellante con gravame, imperniato sulla non corretta interpretazione dell’art. 2943 cod.civ. anche, e principalmente, per tale profilo, disaminato dalla Corte territoriale quale antecedente logico assorbente ogni altro rilievo, in considerazione dell’intervenuto esito estintivo del processo.
10. Passando alla disamina delle censure svolte con gli altri motivi, esaminati congiuntamente per la loro connessione e perché rinnovano le medesime doglianze per profili diversi, non risulta incrinata la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha ritenuto, a fronte dell’estinzione del processo per mancata riassunzione del giudizio dinanzi al giudice del rinvio, l’efficacia istantanea dell’interruzione della prescrizione per effetto della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio (ricorso depositato il 13 ottobre 1998 e notificato all’INPS il 27 ottobre 1998).
11. Costituisce principio giurisprudenziale consolidato che la domanda giudiziale comporta un effetto interruttivo istantaneo (artt. 2943, primo comma e 2945, primo comma, cod.civ.) ed un effetto sospensivo (definito anche interruttivo permanente), con la conseguenza che «la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio» (art. 2945, secondo comma, cod.civ.).
12. Il decorso del tempo necessario all’accertamento giurisdizionale del diritto non può produrre effetto estintivo in pregiudizio della parte alla quale il diritto sia riconosciuto con sentenza passata in giudicato.
13. Nel caso di estinzione del giudizio, tuttavia, resta fermo l’effetto interruttivo istantaneo della prescrizione (per cui, dalla data della domanda inizia a decorrere un nuovo periodo di prescrizione), ma non anche quello sospensivo in pendenza di causa, perché, non riassumendo il giudizio, la parte ha dimostrato di non avere interesse all’accertamento giurisdizionale.
14. Qualora il giudizio si estingua per inerzia della parte non vi è ragione di preservare, quest’ultima, dagli effetti estintivi riconducibili alla durata della lite, sicché si conserva il solo effetto interruttivo istantaneo, con la conseguenza che la prescrizione decorre non già dalla data di estinzione del giudizio sibbene dall’originario atto interruttivo, vale a dire dalla domanda giudiziale (art. 2945, terzo comma, cod.civ.).
15. Questa soluzione interpretativa, in particolare, è stata espressa da Cass. Sez. U., 13 luglio 2007, n. 15756, secondo cui: «nell’ipotesi di estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 50, secondo comma, cod.proc.civ., che può essere dichiarata dal giudice della riassunzione (o della prosecuzione) o dal giudice appositamente adito, ovvero, incidenter tantum, da quello dinanzi al quale è proposta nuovamente la stessa domanda di merito, la notifica dell’atto introduttivo del primo giudizio ha soltanto effetto interruttivo della prescrizione, e non anche sospensivo, poiché quest’ultimo è operante, ai sensi dell’art. 2945 c.c., solo se l’estinzione del giudizio viene evitata» (per le successive conformi v., fra le altre, Cass. 8 marzo 2010, n. 5570 e, da ultimo, Cass. 17 novembre 2017, 27306).
16. A tale principio si è, dunque, conformata la Corte territoriale.
17. Inoltre, la Corte territoriale, pur ricorrendo ad una proposizione concessiva – “pur se si potesse superare la circostanza, rilevata dal giudice di primo grado, che cioè quel procedimento aveva avuto come parte una diversa compagine sociale, la A.D. s.n.c. anziché la A.D. sas – si è espressa nel senso della diversità della compagine sociale, parte del precedente giudizio, senza che tale proposizione risultasse in alcun modo contrastata dalla parte ricorrente, la s.a.s. A.D. di B.R. & C., che assume, con il ricorso per cassazione, di essere successore della A.D. sas di A.F. & C., laddove dalla sentenza impugnata si evincerebbe la successione tra s.a.s. A.D. di B.R. & C. e A.D. snc di A.F. & C.
18. Ebbene, le censure incentrate sull’omesso esame delle impugnazioni interposte nel processo estinto, con asserito valore di atto interruttivo della prescrizione, si appalesano prive di decisività per l’assorbente rilievo dell’indimostrata allegazione, nel presente processo, del rapporto intercorrente tra tutte le compagini societarie menzionate nel paragrafo che precede, parzialmente esplicata, in questo giudizio di legittimità, solo con la memoria di cui all’art. 378 cod. proc. civ. che, per il carattere innovativo ed eventualmente sanante del ricorso per Cassazione, esula dalla funzione propria di illustrare e chiarire ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso.
19. Tanto basta per esimere il Collegio dalla disamina in ordine all’eventuale valore di costituzione in mora dell’INPS delle impugnazioni dispiegate nel giudizio estinto, come pretenderebbe la parte attuale ricorrente.
20. In conclusione, il ricorso va rigettato.
21. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro 7.000,00 per compensi professionali, oltre quindici percento spese generali e altri accessori di legge.
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