CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 05 febbraio 2018, n. 2714
Assegno sociale – Incremento della maggiorazione sociale ex art. 38, co. 1, L. n. 448/2001 – Non richiesto l’accertamento ulteriore del requisito reddituale – Non sussiste
Fatti di causa
La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale, ha condannato l’Inps al riconoscimento, sulla pensione goduta da B.M., del diritto all’incremento della maggiorazione sociale di cui al 1° comma dell’art. 38 della L. n. 448/2001, senza ulteriori accertamenti sul reddito.
La Corte ha esposto, infatti, che la fattispecie in esame rientrava nei casi previsti dal secondo comma dell’art. 38 citato – essendo la M. titolare di assegno sociale per trasformazione della pensione di inabilità dopo il superamento del 65° anno di età ai sensi dell’art. 19 L. n. 118/1971 – per i quali, a differenza degli altri casi previsti nell’art. 38, non era previsto uno specifico requisito reddituale, come sostenuto dal Tribunale, dovendosi tenere conto “dei medesimi criteri economici adottati per l’accesso e per il calcolo dei predetti benefici”.
La Corte ha osservato, pertanto, che la M. essendo titolare della pensione, era evidentemente già in possesso dei requisiti reddituali per godere di tale prestazione e che, pertanto, non dovevano essere ulteriormente illustrati .
Avverso la sentenza ricorre l’Inps con un motivo. Resiste la M. con controricorso.
Ragioni della decisione
Con un unico motivo l’Istituto denuncia violazione dell’art. 38 L. n. 448/2001.
Deduce che la M. aveva un reddito superiore a quello previsto al comma 5 dell’art. 38 citato, e successivi incrementi, e che una corretta interpretazione dell’art. 38 citato imponeva di ritenere che anche i soggetti indicati nel 2° comma dovessero soggiacere agli stessi criteri economici previsti dal comma 5° dell’art. 38 citato, adottati per l’accesso e per il calcolo per i soggetti di cui di cui al 1 comma. Ne consegue, secondo l’Inps, che anche per la M. occorreva avere riguardo al limite di reddito previsto dal comma 5 dell’art 38 citato e non al limite reddituale previsto per l’accesso all’originaria pensione di invalidità, poi trasformata in assegno sociale in quanto ultrasettantenne, di cui godeva la pensionata.
Il ricorso è fondato.
L’art. 38 citato, al 1° comma, prevede un incremento delle pensioni godute da alcune categorie di soggetti disagiati ed in particolare elenca alle lettere A), B) e C) i beneficiari in coloro che godono dei trattamenti pensionistici ivi specificati.
Al 2° comma della norma è prevista l’estensione del suddetto beneficio ad altre categorie di soggetti tra i quali, per quel che qui rileva, ai titolari di trattamenti trasferiti alI’Inps ai sensi dell’art. 19 della L. n. 118/1971.
Il comma 5 dell’art. 38 fissa i limiti di reddito necessari per godere dei suddetti benefici.
Secondo la Corte d’appello i beneficiari elencati al secondo comma non sarebbero soggetti ai limiti di reddito indicati al comma 5. Tale tesi poggia sull’espressione contenuta nel 2° comma secondo cui i benefici di cui al 1° comma sono accordati” tenendo conto dei medesimi criteri economici adottati per l’accesso e per il calcolo dei predetti”.
Ulteriore argomento a conforto della tesi è individuato dalla Corte territoriale nell’espressione contenuta nel 5° comma secondo cui “l’incremento di cui al comma 1 è concesso in base alle seguenti condizioni” economiche senza alcun riferimento al 2° comma.
L’interpretazione accolta dalla Corte non trova, tuttavia, adeguato riscontro nella norma in esame.
Quanto all’espressione contenuta nel 2° comma e su cui, in primo luogo, poggia la tesi accolta dalla Corte d’appello, va rilevato che ¡a piana lettura della stessa consente di ritenere che l’inciso “tenendo conto dei medesimi criteri economici adottati per l’accesso e per il calcolo dei predetti benefici” si riferisce pur sempre ai benefici economici previsti dal 1° comma ed indica che per godere dei predetti benefici anche i soggetti indicati dal 2° comma soggiacciono agli stessi criteri economici adottati per l’accesso e per il calcolo indicati al primo comma.
Come ha rilevato l’Inps, una diversa interpretazione darebbe luogo ad inammissibili diversità di trattamento per i soggetti indicati al 2° comma che non sarebbero soggetti ai limiti reddituali di cui al 5° comma e cosi il cieco civile assoluto, di cui al 4° comma, sarebbe soggetto al limite reddituale e non io sarebbe invece il cieco civile, con evidenti incongruenze non altrimenti giustificabili.
E’, altresì, infondato l’ulteriore argomento su cui poggia l’interpretazione della Corte.
Il comma 5° dell’art. 38, ove stabilisce che ” l’incremento di cui al comma 1 è concesso in base alle seguenti condizioni” non intende riferirsi solo ai beneficiari indicati alle lettere a),b) e c) del 1° comma, ma a tutti i pensionati che sono ammessi a godere del beneficio previsto dal 1° comma dell’art. 38.
In conclusioni il ricorso va accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata . Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda non avendo la ricorrente dato prova di non avere un reddito familiare superiore ai limiti di legge.
Le spese dell’intero processo vanno compensate non essendovi precedenti di legittimità in ordine alla questione trattata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originaria domanda della M.; compensa le spese dell’intero processo.
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