CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 febbraio 2018, n. 4082
Assegno mensile di assistenza – Reiezione della domanda – Mancata prova del requisito reddituale e di quello relativo allo stato di disoccupazione – Domanda di revocazione
Fatti di causa
La Corte d’appello di Napoli con sentenza n. 4012/2012 ha respinto la domanda con la quale G. A. aveva richiesto la revocazione ex art. 395 numero 4 c.p.c. della sentenza n. 6642 del 13/12/2011 della stessa Corte sostenendo che nella predetta sentenza, in relazione alla richiesta di riconoscimento dell’assegno mensile di assistenza ed in presenza di una invalidità del 76% già accertata con decorrenza dall’aprile 2005, la Corte d’appello non si fosse accorta della presenza della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà prodotta per dimostrare che, alla data dell’aprile 2005, ella fosse 61enne per cui, avendo raggiunto l’età pensionabile, non avrebbe avuto alcuna giuridica possibilità di iscriversi nelle liste speciali del collocamento obbligatorio.
La Corte a fondamento della reiezione della domanda di revocazione sosteneva che l’articolo 395 n. 4 c.p.c. prevede l’errore revocatorio solo in quanto unico e determinante; mentre nel caso di specie la reiezione della domanda relativa al riconoscimento dell’assegno mensile di assistenza si sarebbe fondata, in base alla sentenza della Corte d’appello, sulla mancata prova di due requisiti e cioè del requisito reddituale e del requisito relativo allo stato di disoccupazione; e se quest’ultimo requisito poteva dirsi provato, non altrettanto poteva dirsi del requisito reddituale o poiché alla data del ricorso di primo grado non era stata deposita alcuna attestazione dell’Agenzia delle Entrate ai sensi dell’art.74 disp. att. c.p.c.; mentre soltanto all’udienza del 16.1.2006 era stata tardivamente depositata l’attestazione sul reddito 2004, dopo la maturazione della decadenza.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione G. A. con un motivo.
L’Inps ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
1.- Con il motivo di ricorso la ricorrente denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione (ex articolo 360 n. 3 e n. 5 c.p.c.) deducendo che il giudice d’appello avrebbe dovuto ritenere comprovato il requisito reddituale in virtù delle produzioni effettuate e della formazione del giudicato interno rilevabile d’ufficio in virtù del contenuto della sentenza di primo grado.
Il motivo di ricorso deve ritenersi infondato. Va rilevato che in primo grado venne riconosciuta la sussistenza del requisito sanitario e del requisito reddituale; ma in mancanza della prova della incollocazione al lavoro (ovvero della iscrizione al collocamento obbligatorio) la domanda venne respinta. La Corte d’appello su impugnazione della stessa G. affermò che non era stato provata la situazione di incollocamento al lavoro, né il requisito economico. Quindi l’istante richiese la revocazione della sentenza di primo grado sostenendo che fin dal primo grado avesse invece prodotto dichiarazione sostitutiva in relazione al fatto che avendo 61 anni non potesse scriversi al collocamento obbligatorio.
La domanda di revocazione è stata respinta dalla Corte d’appello con la sentenza qui impugnata, per mancanza di errore revocatorio (esclusivo e determinante) in quanto la sentenza oggetto di revocazione si fondava sulla rilevata mancanza sia del requisito dell’incollocamento, sia del requisito reddituale (per tardività della relativa prova). Talché l’errore effettivamente sussistente sul primo requisito non sarebbe stato sufficiente ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c.
Sulla base di queste premesse le censure devono essere respinte. Va infatti considerato che nel giudizio di primo grado la ricorrente fosse stata soccombente e la domanda rigettata, talché non si era potuto formare alcun giudicato sull’esistenza del requisito reddituale; posto che la formazione della cosa giudicata su un capo autonomo della sentenza per mancata impugnazione, implica una statuizione favorevole alla parte e contraria alla controparte, tale da poter essere sottoposta ad impugnazione da parte del soccombente. Dagli stessi consolidati principi discende l’inidoneità al “passaggio in giudicato” non solo delle mere affermazioni o osservazioni, non funzionali alla decisione, ed obiter dieta, ma anche di quelle enunciazioni che, non essendo state utilizzate dal giudice ai fini del decisum, rimangono al di fuori del relativo percorso argomentativo.
Nel caso di specie la domanda era stata rigettata e l’INPS, totalmente vittorioso in primo grado, non avrebbe potuto impugnare la sentenza in appello ancorché contenente l’affermazione circa la sussistenza del requisito reddituale.
Pertanto non essendosi formato alcun giudicato, la mancanza del requisito reddituale poteva essere rilevata anche in appello trattandosi di elemento costitutivo della pretesa, la cui mancanza è appunto deducibile o rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio (tra le tante, Cass. 11443/17, 22899/11).
Correttamente quindi il giudice d’appello non ha riconosciuto l’esistenza del vizio revocatorio avendo rilevato che la sentenza gravata avesse escluso l’esistenza del diritto sia per la mancanza del requisito dell’incollocazione, sia per la mancanza del requisito reddituale, provato tardivamente.
Il ricorso va quindi respinto. Nulla va disposto per le spese sussistendo i presupposti di cui all’art.152 disp. att. c.p.c..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
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