CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 26 gennaio 2018, n. 1974
Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Notificazione
Esposizione dei fatti di causa
1. B. A. impugnava dodici ruoli e le relative cartelle esattoriali, emesse per Tarsu, imposte dirette ed altro, notificate da Serit Sicilia S.p.A., sostenendo l’illegittimità dei ruoli in quanto non debitamente sottoscritti ed il difetto di notifica delle cartelle esattoriali. La commissione tributaria provinciale di Siracusa dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in ordine ai crediti di natura non tributaria, annullava il ruolo 1211/2004 e la relativa cartella e rigettava il ricorso nel resto. Il contribuente proponeva appello e la commissione tributaria regionale di Palermo, sezione staccata di Siracusa, lo rigettava.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a tre motivi illustrati con memoria. Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate. Riscossione Sicilia S.p.A. ed il comune di Siracusa non si sono costituiti in giudizio.
3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 115 cod. proc. civ., 12, comma 4, del d.p.r. 602/1973, 1, comma 5 ter, lettera e, del decreto legislativo numero 106/2005. Sostiene il difetto di legittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dell’articolo 12, comma 4, del d.p.r. 602/1973 in quanto i ruoli non risultano sottoscritti dal titolare dell’ufficio o da persona dallo stesso delegato.
4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione agli articoli 25 e 26 del d.p.r. 602/73 ,60 del d.p.r. 600/73, 138, 139, 140, 143 e 149 cod. proc. civ., 2697, 2700 e 2719 cod. civ. Sostiene che ha errato la CTR nel ritenere che le cartelle fossero state ritualmente notificate dato che il contribuente aveva contestato formalmente la conformità agli originali delle fotocopie delle relate di notifica prodotte in giudizio dalla Serit S.p.A.. In ogni caso l’irritualità delle notifiche si evinceva dal fatto che le cartelle di pagamento numero 29820080022996749, 29820090023201534 e 29820070026482448 risultavano notificate a mani di persone qualificatesi come madre e padre presso l’indirizzo di via Salibra 115 a Siracusa in epoca in cui il contribuente non era più colà residente per aver trasferito la residenza in Siracusa, via Degli Smeraldi numero 10, fin dall’11 marzo 2008. Le cartelle numero 29820040003684866, 29820040010180718, 29820040013008928, 29820050005104012, 29820050018290402 erano state notificate mediante deposito presso la casa comunale ai sensi dell’articolo 140 cod. proc. civ. e non risultava che il soggetto notificatore avesse indicato nelle relate di notifica i tentativi di consegna degli atti ai sensi degli articoli 138 e 139 cod. proc. civ. né risultava fosse stato effettuato il deposito nella casa comunale, l’affissione dell’avviso di deposito alla porta del destinatario e l’invio della raccomandata con avviso di ricevimento, laddove tali adempimenti avrebbero dovuto risultare dalla relata di notifica. Con riguardo alla cartella numero 29820020027133238, essa era stata notificata in via Salibra 115, ove all’epoca risiedeva il contribuente, con consegna, però, a persona diversa dal destinatario (madre convivente ) e non risultava che il contribuente stesso fosse stato informato della consegna della cartella a mani di soggetto diverso dal destinatario, ai sensi dell’articolo 60, comma 1, lettera b bis, del d.p.r. 600/73. Quanto alla cartella numero 29820060000697714, mancava la prova della ricezione della raccomandata da parte del destinatario. Quanto, infine, alla cartella numero 298201000021073130, il procedimento notificatorio non si era mai perfezionato perché il destinatario risultava sconosciuto all’indirizzo di via Degli Smeraldi 10 di Siracusa laddove, invece, egli era colà residente il 13 luglio 2011, data in cui era stata tentata la notifica.
5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 91 cod. proc. civ., per aver la CTR condannato il contribuente alla rifusione delle spese processuali.
Esposizione delle ragioni della decisione
1. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato. Ciò in quanto l’eventuale difetto di sottoscrizione del ruolo esattoriale da parte del titolare dell’ufficio o delegato non determina la illegittimità del medesimo giacché, ai sensi dell’art. 1, comma 5-ter, del d.l. n. 106 del 2005, conv., con modif., dalla I. n. 156 del 2005, norma di interpretazione autentica dell’art. 12, comma 4, del d.P.R. n. 602 del 1973, i ruoli sono formati e resi esecutivi anche mediante la cd. validazione informatica dei dati in essi contenuti, eseguita in via centralizzata dal sistema informativo dell’Amministrazione creditrice, che deve considerarsi equipollente alla sottoscrizione del ruolo stesso ( Cass. n. 1449 del 19/06/2017; Cass. n. 26546 del 21/12/2016.
2. In ordine al secondo motivo di ricorso, si osserva che l’articolo 18 del d.p.r. 28 dicembre 2000 numero 445 prescrive, al comma 2, che l’autenticazione della copia può essere fatta dal pubblico ufficiale dal quale è stato emesso o presso il quale è depositato l’originale ovvero al quale deve essere prodotto il documento; al comma 3 prevede: “Nei casi in cui l’interessato debba presentare alle amministrazioni o ai gestori di pubblici servizi copia autentica di un documento, l’autenticazione della copia può essere fatta dal responsabile del procedimento o da qualsiasi altro dipendente competente a ricevere la documentazione, su esibizione dell’originale e senza obbligo di deposito dello stesso presso l’amministrazione procedente. In tal caso la copia autentica può essere utilizzata solo nel procedimento in corso.” Dunque solo se il contribuente deve produrre copia di un documento in suo possesso al concessionario della riscossione, che è sicuramente gestore di pubblico servizio, la relativa autentica può essere effettuata da un dipendente del concessionario, con l’unico limite dell’utilizzabilità della copia nel relativo procedimento. Nel caso che occupa è stata effettuata la produzione da parte del concessionario della riscossione di copia di documenti ( le relate di notifica delle cartelle ) i cui originali sono detenuti dallo stesso concessionario, per il che in tale ipotesi l’autentica può essere effettuata solo da particolari categorie di soggetti ( notaio, sindaco, cancelliere ) e dal pubblico ufficiale dal quale è stato emesso o presso il quale è depositato l’originale. La questione si sposta, dunque, sulla spettanza o meno della qualifica di pubblico ufficiale in capo al concessionario della riscossione. Sul punto è stato ritenuto che i soggetti inseriti nella struttura organizzativa e lavorativa di una società per azioni possono essere considerati pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, quando l’attività della società medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con gli strumenti privatistici ( Cass. n. 49759 del 27/11/2012 ) e che l’esattore, pur non rientrando tra i “pubblici depositari” – cui la legge attribuisce la funzione di tenere gli atti a disposizione del pubblico e che sono obbligati, ex art. 743 cod. proc. civ., a rilasciare copia degli atti anche a chi non ne è parte – è tuttavia un “depositario” del ruolo, datogli in consegna dall’intendente di finanza (art. 24 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602), ed inoltre è autorizzato a rilasciarne copia, ai sensi dell’art. 14 della legge 4 gennaio 1968 n. 15, secondo cui l’autenticazione delle copie, anche parziali, può essere fatta dal pubblico ufficiale presso il quale è depositato l’originale ( Cass., n. 25962 del 05/12/2011 ). Non ignora, poi, questo collegio, le decisioni assunte dalla Corte di Cassazione in materia penale ( cfr., tra le altre, Cass. n. 43820 del 23/09/2014 ) e dalla Corte dei Conti ( n. 207 del 08/05/2008 ) secondo cui, agli effetti della qualifica di pubblico ufficiale, non è richiesto lo svolgimento di un’attività che abbia efficacia diretta nei confronti di terzi, giacché ogni atto preparatorio, propedeutico o accessorio, che si esplichi nell’ambito del procedimento di riscossione, seppure destinato a fini interni alla p.a., comporta l’attuazione completa e connaturale dei fini dell’ente pubblico e non può essere isolato all’interno dell’intero contesto delle funzioni pubbliche. Per il che l’attività di riscossione mediante ruolo, con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nonché l’attività di cui al D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 237, art. 4, conferisce la qualità di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio agli operatori delle s.p.a. di concessione. Tuttavia ritiene questo collegio che, anche tenuto conto di tali decisioni, non si può affermare che l’agente della riscossione, che è parte di un giudizio ed al quale è richiesto di dare prova dell’espletamento di una attività notificatoria, sia consentito di attribuire autenticità agli avvisi di ricevimento, che costituiscono documenti di provenienza dell’ufficiale postale, dato che l’autenticazione della copia può essere fatta: a) dal pubblico ufficiale dal quale l’atto è stato emesso; b) o presso il quale è depositato l’originale ( come nel caso dei ruoli emessi dall’agenzia delle entrate, nel qual caso il concessionario è autorizzato a rilasciarne copia, nell’interesse dei terzi, ai sensi dell’art. 14 della legge 4 gennaio 1968 n. 15.
Il rilascio di copia autentica di un atto in possesso del concessionario formato da terzi nell’interesse proprio esula, dunque, da siffatte previsioni. Ragione per cui deve applicarsi la regola generale posta dall’art. 2719 cod. civ., per la quale le copie fotografiche o fotostatiche hanno la stessa efficacia di quelle autentiche se la loro conformità all’originale è attestata dal pubblico ufficiale competente o se detta conformità non sia disconosciuta dalla controparte.
Va precisato, peraltro, che il disconoscimento della conformità di una copia fotografica o fotostatica all’originale di una scrittura, ai sensi dell’art. 2719 cod. civ., non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall’art. 215, primo comma, numero 2), cod. proc. civ., giacché mentre quest’ultimo, in mancanza di richiesta di verificazione, preclude l’utilizzabilità della scrittura, la contestazione di cui all’art. 2719 cod. civ. non impedisce al giudice di accertare la conformità all’originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Ne consegue che l’avvenuta produzione in giudizio della copia fotostatica di un documento, se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, peraltro non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (cfr. Cass. n. 9439 del 21/04/2010 e Cass. n. 2419 del 03/02/2006).
Si impone, dunque, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Commissione Tributaria Regionale di della Sicilia in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche sul punto della conformità agli originali delle fotocopie delle relate di notifica prodotte in giudizio dalla Serit S.p.A. e deciderà nel merito, oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità, ritenendosi assorbite le ulteriori questioni esposte con il secondo motivo di ricorso e con il terzo motivo.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia in diversa composizione.
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