INAIL – Circolare 23 febbraio 2018, n. 12
Codice disciplinare per il personale delle aree destinatario dei precedenti Ccnl del comparto Enti pubblici non economici
Quadro normativo
– Codice civile 16 marzo 1942.
– Legge 15 luglio 1966, n. 604: “Norme sui licenziamenti individuali”.
– Legge 20 maggio 1970, n. 300: “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. Articolo 7.
– Legge 7 agosto 1990, n. 241: “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”.
– Legge 27 marzo 2001, n. 97: “Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche”.
– Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165: “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”. Articoli da 53 a 56.
– Decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150: “Attuazione della legge 4 marzo 2009 n. 15 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni”.
– Decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235: “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190”.
– Decreto Legislativo 14 marzo 2013, n. 33: “Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.
– Decreto legislativo 20 giugno 2016, n. 116: “Modifiche all’articolo 55-quater del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera s), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di licenziamento disciplinare”.
– Decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75: “Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”.
– Decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752: “Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di proporzionale negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego”.
– Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445: “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”.
– Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62: “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.
– Contratto collettivo nazionale quadro 13 luglio 2016 per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale (2016-2018).
– Contratto collettivo nazionale di lavoro 12 febbraio 2018 relativo al personale del comparto funzioni centrali – triennio 2016-2018. Articoli da 60 a 66.
– Determinazione del Presidente Inail n. 15 del 21 gennaio 2015: “Regolamento recante il Codice di comportamento dell’Inail e disposizioni sul benessere organizzativo”.
Premessa
In data 13 luglio 2016 è stato sottoscritto il Contratto collettivo nazionale quadro 2016-2018 che ha determinato i nuovi comparti di contrattazione collettiva tra i quali è stato previsto il comparto delle Funzioni centrali.
In data 12 febbraio 2018 è stato sottoscritto, per il triennio 2016-2018, il Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del predetto comparto Funzioni centrali, che ha previsto specifiche disposizioni in materia di responsabilità disciplinare, contenute nel Titolo VI – articoli da 60 a 66.
In particolare l’articolo 62 – Codice disciplinare individua le sanzioni da comminare per le varie fattispecie di illecito disciplinare e al comma 12 dispone che detto Codice debba obbligatoriamente essere pubblicato entro 15 giorni dalla data di stipulazione del predetto Ccnl.
Considerato quanto sopra, si è reso necessario adottare, per il personale delle aree, un nuovo Codice disciplinare allegato alla presente circolare che recepisce le disposizioni in materia disciplinare dettate dal predetto Ccnl, integrandole con le disposizioni di legge e con il Codice di comportamento approvato con determinazione del Presidente Inail 21 gennaio 2015, n. 15.
DESTINATARI
Il nuovo Codice disciplinare si applica al personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e a tempo determinato dipendente dell’Amministrazione, destinatario del Ccnl del comparto Funzioni centrali.
INNOVAZIONI
Il Codice disciplinare allegato, nel recepire quanto disposto dal predetto Titolo VI del Ccnl sottoscritto in data 12 febbraio 2018 ha introdotto alcune innovazioni tra le quali assumono particolare rilevanza quelle di seguito riportate:
– la sanzione della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da undici giorni fino a un massimo di sei mesi comporta la privazione totale della retribuzione;
– è stata disciplinata la possibilità di procedere alla determinazione concordata della sanzione disciplinare tra l’Ufficio disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale risorse umane e il dipendente sottoposto a procedimento disciplinare nelle fattispecie e secondo la procedura indicata nell’articolo 15 del Codice disciplinare allegato.
COMPETENZE IN MERITO ALLA GESTIONE DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Per la gestione del procedimento disciplinare e per l’irrogazione della relativa sanzione la competenza è ascritta:
– al Responsabile di struttura se è prevista la sola sanzione del rimprovero verbale;
– all’Ufficio disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale risorse umane se la sanzione è superiore al rimprovero verbale, con la precisazione che la competenza a irrogare la sanzione del licenziamento con o senza preavviso è ascritta al Direttore centrale risorse umane.
Per le sole condotte che sono punibili con il licenziamento e che sono state accertate in flagranza, il Responsabile di struttura è competente a sospendere cautelarmente il dipendente e contestualmente ad avviare il procedimento disciplinare mediante contestazione scritta degli addebiti e convocazione in audizione innanzi all’Ufficio disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale risorse umane, che è invece competente alla conclusione del procedimento, secondo la procedura prevista dall’articolo 11 del nuovo Codice disciplinare.
Per il personale degli Uffici siti nella Provincia di Bolzano, visto quanto disposto dall’art. 29, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752, la competenza in materia disciplinare è attribuita al Consiglio locale di amministrazione, presieduto dal Commissario del governo e composto da cinque rappresentanti dell’amministrazione dello Stato, con qualifica di dirigente e da quattro rappresentanti del personale, eletti per una metà dagli appartenenti al gruppo linguistico italiano e per l’altra metà dagli appartenenti al gruppo linguistico tedesco.
Considerato che, a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 25 maggio 2017, non è più necessario che il Responsabile di struttura abbia qualifica dirigenziale, ai fini dell’applicazione del presente Codice, per “Responsabile di struttura” devono intendersi i sottoelencati soggetti:
per le Direzioni centrali: i Dirigenti degli uffici e i Responsabili degli uffici non dirigenziali;
per i Servizi, per l’Ufficio di livello dirigenziale della Segreteria tecnica del Presidente e per le Segreterie tecniche del Direttore generale e del Collegio dei sindaci, per la Struttura tecnico-amministrativa del Consiglio di indirizzo e vigilanza, per la Struttura tecnica di supporto all’Organismo indipendente di valutazione e per il Casellario centrale infortuni: i Dirigenti responsabili;
per l’Ufficio di livello non dirigenziale della Segreteria tecnica del Presidente, per la Segreteria tecnica del Magistrato della corte dei conti delegato al controllo e per l’Ufficio audit: il Funzionario apicale responsabile;
per la Sovrintendenza sanitaria centrale, per l’Avvocatura generale, per la Consulenza statistico attuariale, per la Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione centrale nonché per i responsabili degli Uffici non dirigenziali di cui al punto 3): il Direttore centrale risorse umane;
per la Consulenza tecnica per l’edilizia centrale: il Direttore centrale patrimonio;
per la Consulenza per l’innovazione tecnologica: il Direttore centrale organizzazione digitale;
per i Dipartimenti di ricerca: il Direttore centrale ricerca;
per le Direzioni regionali: i Dirigenti degli uffici e i Responsabili degli uffici non dirigenziali;
per le Direzioni regionali Molise e Basilicata: i Direttori regionali;
per le Direzioni provinciali di Trento e Bolzano: i Direttori provinciali e per la Sede regionale di Aosta: il Direttore della Sede regionale;
per le Sovrintendenze sanitarie regionali, per le Avvocature regionali, distrettuali, provinciali di Trento e Bolzano, per le Consulenze professionali regionali e per le Unità operative territoriali: il Direttore regionale/provinciale;
per le Sedi locali affidate alla responsabilità di un dirigente: il Dirigente responsabile;
per le Sedi locali non affidate a un dirigente: il Funzionario in posizione apicale o il Funzionario con posizione organizzativa di primo livello responsabile;
per i Responsabili di Struttura non aventi qualifica dirigenziale: il Direttore centrale/regionale/provinciale.
Il Responsabile di struttura, ai sensi dell’articolo 10 del nuovo Codice disciplinare, è altresì competente a segnalare all’Ufficio disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale risorse umane gli illeciti che comportano una sanzione superiore al rimprovero verbale.
COMPETENZE IN MERITO ALLA SOSPENSIONE CAUTELARE
Il Responsabile di struttura è competente a sospendere cautelarmente dal servizio il dipendente colpito da misura restrittiva della libertà personale (c.d. sospensione obbligatoria prevista dall’articolo 13, comma 1, del nuovo Codice disciplinare) e ne deve dare contestuale comunicazione all’Ufficio disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale risorse umane.
Il Direttore centrale risorse umane è competente a sospendere cautelarmente il dipendente in tutti gli altri casi previsti dagli articoli 12 e 13 del Codice (c.d. sospensione facoltativa).
PUBBLICITÀ E VIGENZA DEL CODICE DISCIPLINARE
La presente circolare e il Codice disciplinare sono portati a conoscenza del personale interessato tramite la procedura “Pubblicazione atti” ai sensi della circolare Inail 24 dicembre 2008, n. 80 e pubblicati sul sito istituzionale dell’Amministrazione, come previsto dall’articolo 55, comma 2, ultimo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Il Codice disciplinare entra in vigore a partire dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione e sostituisce il precedente “Codice disciplinare per il personale delle aree con rapporto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato”, allegato alla circolare Inail 21 dicembre 2009, n. 70.
Allegato
CODICE DISCIPLINARE PER IL PERSONALE DELLE AREE
Il presente Codice è applicabile al personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e a tempo determinato dipendente dell’Amministrazione, destinatario del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al personale del comparto Funzioni centrali – triennio 2016 – 2018, sottoscritto in data 12 febbraio 2018.
ARTICOLO 1
OBBLIGHI DEL DIPENDENTE
Il dipendente conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire la Repubblica con impegno e responsabilità e di rispettare i principi di buon andamento e imparzialità dell’attività amministrativa, anteponendo il rispetto della legge e l’interesse pubblico agli interessi privati propri e altrui. Il dipendente adegua altresì il proprio comportamento ai principi riguardanti il rapporto di lavoro, contenuti nel codice di comportamento di cui al d.p.r. 62/2013, adottato in attuazione dell’art. 54 del d.lgs. 165/2001, nonché nel codice di comportamento dell’Inail approvato con determinazione del Presidente 21 gennaio 2015 n. 15.
Il dipendente si comporta in modo tale da favorire l’instaurazione di rapporti di fiducia e collaborazione tra l’Amministrazione e i cittadini.
In tale specifico contesto, tenuto conto dell’esigenza di garantire la migliore qualità del servizio, il dipendente deve in particolare:
a) collaborare con diligenza, osservando le norme del contratto collettivo nazionale, le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro impartite dall’Amministrazione anche in relazione alle norme vigenti in materia di sicurezza e di ambiente di lavoro;
b) rispettare il segreto d’ufficio nei casi e nei modi previsti dalle norme dell’ordinamento ai sensi dell’articolo 24 della l. 241/1990;
c) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui disponga per ragioni d’ufficio;
d) nei rapporti con il cittadino, fornire tutte le informazioni cui lo stesso abbia titolo, nel rispetto delle disposizioni in materia di trasparenza e di accesso all’attività amministrativa previste dalla l. 241/1990, dai regolamenti attuativi della stessa vigenti nell’Amministrazione e dal d.lgs. 33/2013 in materia di accesso civico, nonché osservare le disposizioni dell’Amministrazione in ordine al d.p.r. 445/2000 in tema di autocertificazione;
e) rispettare l’orario di lavoro, adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze e non assentarsi dal luogo di lavoro senza l’autorizzazione del dirigente;
f) durante l’orario di lavoro, mantenere nei rapporti interpersonali e con gli utenti, condotta adeguata ai principi di correttezza ed astenersi da comportamenti lesivi della dignità della persona;
g) non attendere ad occupazioni estranee al servizio e ad attività che ritardino il recupero psico-fisico nel periodo di malattia od infortunio;
h) eseguire le disposizioni inerenti l’espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartite dai superiori; se ritiene che l’ordine sia palesemente illegittimo, il dipendente deve farne rimostranza a chi lo ha impartito, dichiarandone le ragioni; se l’ordine è rinnovato per iscritto ha il dovere di darvi esecuzione; il dipendente non deve, comunque, eseguire l’ordine quando l’atto sia vietato dalla legge penale o costituisca illecito amministrativo;
i) vigilare sul corretto espletamento dell’attività del personale sottordinato ove tale compito rientri nelle proprie responsabilità;
j) avere cura dei locali, mobili, oggetti, macchinari, attrezzi, strumenti ed automezzi a lui affidati;
k) non valersi di quanto è di proprietà dell’Amministrazione per ragioni che non siano di servizio;
l) non chiedere né accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con la prestazione lavorativa, salvo i casi di cui all’articolo 5 del Codice di comportamento Inail, approvato con determinazione del Presidente n. 15 del 21 gennaio 2015;
m) osservare scrupolosamente le disposizioni che regolano l’accesso ai locali dell’Amministrazione da parte del personale e non introdurre, salvo che non siano debitamente autorizzate, persone estranee all’Amministrazione stessa in locali non aperti al pubblico;
n) comunicare all’Amministrazione la propria residenza e, ove non coincidente, la dimora temporanea, nonché ogni successivo mutamento delle stesse;
o) in caso di malattia, dare tempestivo avviso all’ufficio di appartenenza, salvo comprovato impedimento;
p) astenersi dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere direttamente o indirettamente interessi finanziari o non finanziari propri, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado;
q) comunicare all’Amministrazione la sussistenza di provvedimenti di rinvio a giudizio in procedimenti penali.
ARTICOLO 2
SANZIONI DISCIPLINARI
Le violazioni da parte dei dipendenti, degli obblighi disciplinati all’articolo 1 danno luogo, secondo la gravità dell’infrazione, all’applicazione delle seguenti sanzioni disciplinari previo procedimento disciplinare:
a) rimprovero verbale;
b) rimprovero scritto (censura);
c) multa di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione;
d) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni;
e) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di sei mesi;
f) licenziamento con preavviso;
g) licenziamento senza preavviso.
Sono altresì previste, dal d.lgs. 165/2001, le seguenti sanzioni disciplinari:
a) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di quindici giorni, ai sensi dell’articolo 55-bis, comma 7, del d.lgs. 165/2001;
b) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, ai sensi dell’articolo 55-sexies, comma 1, del d.lgs. 165/2001;
c) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di tre mesi, ai sensi dell’articolo 55-sexies, comma 3, del d.lgs. 165/2001.
Non può tenersi conto, ad alcun effetto, delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro irrogazione.
I provvedimenti di cui al comma 1 non sollevano il dipendente dalle eventuali responsabilità di altro genere nelle quali egli sia incorso.
Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni in relazione alla gravità della mancanza, il tipo e l’entità di ciascuna delle sanzioni sono determinati in relazione ai seguenti criteri generali:
a) intenzionalità del comportamento, grado di negligenza, imprudenza o imperizia dimostrate, tenuto conto anche della prevedibilità dell’evento;
b) rilevanza degli obblighi violati;
c) responsabilità connesse alla posizione di lavoro occupata dal dipendente;
d) grado di danno o di pericolo causato all’Amministrazione, agli utenti o a terzi ovvero al disservizio determinatosi;
e) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, con particolare riguardo al comportamento del lavoratore, ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio previsto dalla legge, al comportamento verso gli utenti;
f) concorso nella violazione di più lavoratori in accordo tra di loro.
Al dipendente responsabile di più mancanze compiute con unica azione od omissione o con più azioni od omissioni tra loro collegate ed accertate con un unico procedimento, è applicabile la sanzione prevista per la mancanza più grave se le suddette infrazioni sono punite con sanzioni di diversa gravità.
Le mancanze non espressamente previste dall’articolo 3 all’articolo 9 sono comunque sanzionate secondo i criteri di cui al comma 5, facendosi riferimento, quanto all’individuazione dei fatti sanzionabili, agli obblighi dei lavoratori di cui all’articolo 1, e facendosi riferimento, quanto al tipo e alla misura delle sanzioni, ai principi desumibili dai commi precedenti.
ARTICOLO 3
SANZIONI DISCIPLINARI DAL MINIMO DEL RIMPROVERO VERBALE O SCRITTO AL MASSIMO DELLA MULTA DI IMPORTO PARI A QUATTRO ORE DI RETRIBUZIONE
La sanzione disciplinare dal minimo del rimprovero verbale o scritto al massimo della multa di importo pari a quattro ore di retribuzione si applica, graduando l’entità delle sanzioni in relazione ai criteri di cui all’articolo 2, comma 5, per:
a) inosservanza delle disposizioni di servizio, anche in tema di assenze per malattia, nonché dell’orario di lavoro, ove non ricorrano le fattispecie considerate nell’articolo 9, comma 3, lettera a), primo periodo;
b) condotta non conforme ai principi di correttezza verso i superiori o altri dipendenti o nei confronti degli utenti o terzi;
c) negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati, nella cura dei locali e dei beni mobili o strumenti a lui affidati o sui quali, in relazione alle sue responsabilità, debba espletare attività di custodia o vigilanza;
d) inosservanza degli obblighi in materia di prevenzione degli infortuni e di sicurezza sul lavoro ove non ne sia derivato danno o pregiudizio al servizio o agli interessi dell’Amministrazione o di terzi;
e) rifiuto di assoggettarsi a visite personali disposte a tutela del patrimonio dell’Amministrazione, nel rispetto di quanto previsto dall’ articolo 6 della l. 300/1970;
f) insufficiente rendimento nell’assolvimento dei compiti assegnati, ove non ricorrano le fattispecie considerate nell’articolo 9, comma 2, lettera f);
g) violazione, per i dipendenti che svolgono attività a contatto con il pubblico, dell’obbligo di rendere conoscibile il proprio nominativo mediante l’uso di cartellini identificativi o di targhe da apporre presso la postazione di lavoro;
h) violazione di doveri ed obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, da cui sia derivato disservizio ovvero danno o pericolo all’Amministrazione, agli utenti o ai terzi.
L’importo delle ritenute per multa sarà introitato dal bilancio dell’Amministrazione e destinato ad attività sociali a favore dei dipendenti.
ARTICOLO 4
SANZIONE DISCIPLINARE DELLA SOSPENSIONE DAL SERVIZIO CON PRIVAZIONE DELLA RETRIBUZIONE FINO A UN MASSIMO DI DIECI GIORNI
La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a un massimo di dieci giorni si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui all’articolo 2, comma 5, per:
a) recidiva nelle mancanze previste dall’articolo 3;
b) particolare gravità delle mancanze previste all’articolo 3;
c) ove non ricorra la fattispecie prevista dall’articolo 9, comma 2, lettera a), assenza ingiustificata dal servizio o arbitrario abbandono dello stesso; in tali ipotesi, l’entità della sanzione è determinata in relazione alla durata dell’assenza o dell’abbandono del servizio, al disservizio determinatosi, alla gravità della violazione dei doveri del dipendente, agli eventuali danni causati all’Amministrazione, agli utenti o ai terzi;
d) ingiustificato ritardo, non superiore a 5 giorni, a trasferirsi nella sede assegnata dai superiori;
e) svolgimento di attività che ritardino il recupero psico-fisico durante lo stato di malattia o di infortunio;
f) manifestazioni ingiuriose nei confronti dell’Amministrazione, salvo che siano espressione della libertà di pensiero, ai sensi dell’articolo 1 della l. 300/1970;
g) ove non sussista la gravità e la reiterazione delle fattispecie considerate nell’articolo 9, comma 3, lettera c), atti, comportamenti o molestie, lesivi della dignità della persona;
h) ove non sussista la gravità e la reiterazione delle fattispecie considerate nell’articolo 9, comma 3, lettera c), atti o comportamenti aggressivi ostili e denigratori che assumano forme di violenza morale nei confronti di un altro dipendente, comportamenti minacciosi, ingiuriosi, calunniosi o diffamatori nei confronti di altri dipendenti o degli utenti o di terzi;
i) violazione di doveri ed obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti, da cui sia comunque derivato grave danno all’Amministrazione e agli utenti o ai terzi.
ARTICOLO 5
SANZIONE DISCIPLINARE DELLA SOSPENSIONE DAL SERVIZIO CON PRIVAZIONE DELLA RETRIBUZIONE FINO AD UN MASSIMO DI QUINDICI GIORNI
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di quindici giorni si applica qualora il dipendente o il dirigente, appartenente all’Amministrazione o a una diversa amministrazione pubblica dell’incolpato, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuti, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane ovvero renda dichiarazioni false o reticenti.
ARTICOLO 6
SANZIONE DISCIPLINARE DELLA SOSPENSIONE DAL SERVIZIO CON PRIVAZIONE DELLA RETRIBUZIONE FINO AD UN MASSIMO DI TRE MESI
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di tre mesi, si applica nel caso di mancato esercizio o decadenza dall’azione disciplinare, dovuti all’omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare, inclusa la segnalazione di cui all’articolo 10, comma 2, ovvero a valutazioni manifestamente irragionevoli di insussistenza dell’illecito in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare.
ARTICOLO 7
SANZIONE DISCIPLINARE DELLA SOSPENSIONE DAL SERVIZIO CON PRIVAZIONE DELLA RETRIBUZIONE DA UN MINIMO DI TRE GIORNI FINO AD UN MASSIMO DI TRE MESI
La sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi nel caso di violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno.
ARTICOLO 8
SANZIONE DISCIPLINARE DELLA SOSPENSIONE DAL SERVIZIO CON PRIVAZIONE DELLA RETRIBUZIONE DA UNDICI GIORNI FINO AD UN MASSIMO DI SEI MESI
La sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da undici giorni fino ad un massimo di sei mesi si applica, graduando l’entità della sanzione in relazione ai criteri di cui all’articolo 2, comma 5, per:
a) recidiva nel biennio delle mancanze previste nell’articolo 4;
b) occultamento, da parte del responsabile della custodia, del controllo o della vigilanza, di fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di pertinenza dell’Amministrazione o ad essa affidati;
c) atti, comportamenti o molestie a carattere sessuale ove non sussista la gravità e reiterazione;
d) alterchi con vie di fatto negli ambienti di lavoro, anche con gli utenti;
e) violazione di doveri ed obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti da cui sia, comunque, derivato grave danno all’Amministrazione agli utenti o a terzi.
f) fino a due assenze ingiustificate dal servizio in continuità con le giornate festive e di riposo settimanale;
g) ingiustificate assenze collettive nei periodi, individuati dall’Amministrazione, in cui è necessario assicurare continuità nell’erogazione di servizi all’utenza.
ARTICOLO 9
SANZIONE DISCIPLINARE DEL LICENZIAMENTO
Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, la sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso o senza preavviso si applica nelle fattispecie di cui ai seguenti commi.
Il licenziamento con preavviso si applica per:
a) assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell’arco di un biennio o comunque per più di sette giorni nel corso degli ultimi dieci anni ovvero mancata ripresa del servizio, in caso di assenza ingiustificata, entro il termine fissato dall’Amministrazione;
b) ingiustificato rifiuto del trasferimento disposto dall’Amministrazione per motivate esigenze di servizio;
c) gravi o reiterate violazioni del Codice di comportamento di cui al d.p.r. 62/2013 e alla determinazione del Presidente 21 gennaio 2015 n. 15;
d) commissione dolosa, o gravemente colposa, dell’infrazione di cui all’articolo 6;
e) la reiterata violazione di obblighi concernenti la prestazione lavorativa, che abbia determinato l’applicazione, in sede disciplinare, della sospensione dal servizio per un periodo complessivo superiore a un anno nell’arco di un biennio;
f) insufficiente rendimento, dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’Amministrazione, e rilevato dalla costante valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno dell’ultimo triennio, resa a tali specifici fini ai sensi dell’articolo 3, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 150/2009;
g) recidiva nelle violazioni indicate dall’articolo 5 all’articolo 8.
h) recidiva plurima, in una delle mancanze previste dall’articolo 5 all’articolo 8 anche se di diversa natura, o recidiva, nel biennio, in una mancanza che abbia già comportato l’applicazione della sanzione di sospensione dal servizio e dalla retribuzione;
i) recidiva nel biennio di atti, comportamenti o molestie a carattere sessuale o quando l’atto, il comportamento o la molestia rivestano carattere di particolare gravità;
j) condanna passata in giudicato, per un delitto che, commesso fuori del servizio e non attinente in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta la prosecuzione per la sua specifica gravità;
k) la violazione degli obblighi di comportamento di cui alla determinazione del Presidente del 21 gennaio 2015 n. 15, previsti all’articolo 5, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l’immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un’attività tipici dell’ufficio, all’articolo 6, comma 6, e all’articolo 14, comma 3, violazione valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento e all’entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell’Amministrazione;
l) la recidiva nella violazione degli obblighi di comportamento di cui alla determinazione del Presidente del 21 gennaio 2015 n. 15, previsti all’articolo 5, comma 6 e all’articolo 6, comma 1, esclusi i conflitti meramente potenziali;
m) violazione dei doveri e degli obblighi di comportamento non ricompresi specificatamente nelle lettere precedenti di gravità tale, secondo i criteri di cui all’articolo 2, comma 5, da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro;
n) mancata ripresa del servizio, salvo casi di comprovato impedimento, dopo periodi di interruzione dell’attività previsti dalle disposizioni legislative e contrattuali vigenti, alla conclusione del periodo di sospensione o alla scadenza del termine fissato dall’Amministrazione;
o) nei casi di cui all’articolo 11, per i responsabili di struttura, l’omessa attivazione del procedimento disciplinare e l’omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare, senza giustificato motivo;
Il licenziamento senza preavviso si applica per:
a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia.
Costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere, anche avvalendosi di terzi, per far risultare il dipendente in servizio o trarre in inganno l’amministrazione presso la quale il dipendente presta attività lavorativa circa il rispetto dell’orario di lavoro dello stesso. Della violazione risponde anche chi abbia agevolato con la propria condotta attiva o omissiva la condotta fraudolenta.
b) falsità documentali o dichiarative commesse ai fini o in occasione dell’instaurazione del rapporto di lavoro ovvero di progressioni di carriera;
c) reiterazione nell’ambiente di lavoro di gravi condotte aggressive o moleste o minacciose o ingiuriose o comunque lesive dell’onore e della dignità personale altrui;
d) condanna penale definitiva, in relazione alla quale è prevista l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero l’estinzione, comunque denominata, del rapporto di lavoro;
e) commissione di gravi fatti illeciti di rilevanza penale, ivi compresi quelli che possono dare luogo alla sospensione cautelare, secondo la disciplina dell’articolo 13, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 14;
f) condanna passata in giudicato per un delitto commesso in servizio o fuori servizio che, pur non attenendo in via diretta al rapporto di lavoro, non ne consenta neanche provvisoriamente la prosecuzione per la sua specifica gravità;
g) commissione in genere – anche nei confronti di terzi – di fatti o atti dolosi, che, pur non costituendo illeciti di rilevanza penale, sono di gravità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro;
h) condanna, anche non passata in giudicato:
– per i delitti indicati dall’articolo 7, comma 1, e articolo 8, comma 1, del d.lgs. 235/2012;
– quando alla condanna consegua comunque l’interdizione perpetua dai pubblici uffici;
– per i delitti previsti dall’articolo 3, comma 1, della l. 97/2001;
– per gravi delitti commessi in servizio;
i) violazioni intenzionali degli obblighi, non ricomprese specificatamente nelle lettere precedenti, anche nei confronti di terzi, di gravità tale, in relazione ai criteri di cui all’articolo 2, comma 5, da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro.
ARTICOLO 10
PROCEDURE DISCIPLINARI
Per le infrazioni di minore gravità, per le quali è prevista l’irrogazione della sanzione del rimprovero verbale, il procedimento disciplinare è di competenza del responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente.
Fermo restando quanto previsto dall’articolo 11, commi 1 e 2, per le infrazioni per le quali è prevista l’irrogazione di sanzioni superiori al rimprovero verbale, il responsabile della struttura presso cui presta servizio il dipendente, segnala immediatamente, e comunque entro dieci giorni, all’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare di cui abbia avuto conoscenza. L’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane, con immediatezza e comunque non oltre trenta giorni decorrenti dal ricevimento della predetta segnalazione, ovvero dal momento in cui abbia altrimenti avuto piena conoscenza dei fatti ritenuti di rilevanza disciplinare, provvede alla contestazione scritta dell’addebito e convoca l’interessato, con un preavviso di almeno venti giorni, per l’audizione in contraddittorio a sua difesa. Il dipendente può farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. In caso di grave ed oggettivo impedimento, ferma la possibilità di depositare memorie scritte, il dipendente può richiedere che l’audizione a sua difesa sia differita, per una sola volta, con proroga del termine per la conclusione del procedimento in misura corrispondente. Salvo quanto previsto dall’articolo 54-bis, comma 4, del d.lgs. 165/2001 il dipendente ha diritto di accesso agli atti istruttori del procedimento. L’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane conclude il procedimento, con l’atto di archiviazione o di irrogazione della sanzione, entro centoventi giorni dalla contestazione dell’addebito. Gli atti di avvio e conclusione del procedimento disciplinare, nonché l’eventuale provvedimento di sospensione cautelare del dipendente, sono comunicati dall’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane, per via telematica, all’Ispettorato per la funzione pubblica, entro venti giorni dalla loro adozione. Al fine di tutelare la riservatezza del dipendente, il nominativo dello stesso è sostituito da un codice identificativo.
La comunicazione di contestazione dell’addebito al dipendente, nell’ambito del procedimento disciplinare, è effettuata tramite posta elettronica certificata, nel caso in cui il dipendente dispone di idonea casella di posta, ovvero tramite consegna a mano. In alternativa all’uso della posta elettronica certificata o della consegna a mano, le comunicazioni sono effettuate tramite raccomandata postale con ricevuta di ritorno. Per le comunicazioni successive alla contestazione dell’addebito, è consentita la comunicazione tra l’Amministrazione e i propri dipendenti tramite posta elettronica o altri strumenti informatici di comunicazione, ai sensi dell’articolo 47, comma 3, secondo periodo, del d.lgs. 82/2005, ovvero anche al numero di fax o altro indirizzo di posta elettronica, previamente comunicati dal dipendente o dal suo procuratore.
Nel corso dell’istruttoria, l’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane può acquisire da altre amministrazioni pubbliche informazioni o documenti rilevanti per la definizione del procedimento. La predetta attività istruttoria non determina la sospensione del procedimento, né il differimento dei relativi termini.
Il dipendente o il dirigente, appartenente alla stessa o a una diversa amministrazione pubblica dell’incolpato, che, essendo a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio di informazioni rilevanti per un procedimento disciplinare in corso, rifiuta, senza giustificato motivo, la collaborazione richiesta dall’Ufficio disciplinare procedente ovvero rende dichiarazioni false o reticenti, è soggetto all’applicazione della sanzione di cui all’articolo 5.
In caso di trasferimento del dipendente, a qualunque titolo, in un’altra amministrazione pubblica, il procedimento disciplinare è avviato o concluso e la sanzione è applicata presso quest’ultima. In caso di trasferimento del dipendente in pendenza di procedimento disciplinare, l’ufficio per i procedimenti disciplinari che abbia in carico gli atti provvede alla loro tempestiva trasmissione al competente ufficio disciplinare dell’amministrazione presso cui il dipendente è trasferito. In tali casi il procedimento disciplinare è interrotto e dalla data di ricezione degli atti da parte dell’ufficio disciplinare dell’amministrazione presso cui il dipendente è trasferito decorrono nuovi termini per la contestazione dell’addebito o per la conclusione del procedimento. Nel caso in cui l’amministrazione di provenienza venga a conoscenza dell’illecito disciplinare successivamente al trasferimento del dipendente, la stessa amministrazione provvede a segnalare immediatamente e comunque entro venti giorni i fatti ritenuti di rilevanza disciplinare all’Ufficio per i procedimenti disciplinari dell’amministrazione presso cui il dipendente è stato trasferito e dalla data di ricezione della predetta segnalazione decorrono i termini per la contestazione dell’addebito e per la conclusione del procedimento. Gli esiti del procedimento disciplinare vengono in ogni caso comunicati anche all’amministrazione di provenienza del dipendente.
La cessazione del rapporto di lavoro estingue il procedimento disciplinare salvo che per l’infrazione commessa sia prevista la sanzione del licenziamento o comunque sia stata disposta la sospensione cautelare dal servizio. In tal caso le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici ed economici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
La violazione dei termini e delle disposizioni sul procedimento disciplinare previste dai commi precedenti e dall’articolo 11 fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità degli atti e della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente, e le modalità di esercizio dell’azione disciplinare, anche in ragione della natura degli accertamenti svolti nel caso concreto, risultino comunque compatibili con il principio di tempestività. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 11, commi 1 e 2, sono da considerarsi perentori il termine per la contestazione dell’addebito e il termine per la conclusione del procedimento.
ARTICOLO 11
PROCEDURE DISCIPLINARI PREVISTE PER LE CONDOTTE PUNIBILI CON IL LICENZIAMENTO ACCERTATE IN FLAGRANZA
Le condotte punibili con il licenziamento accertate in flagranza determinano l’immediata sospensione cautelare senza stipendio del dipendente, fatto salvo il diritto all’assegno alimentare nella misura stabilita dall’articolo 13, comma 7, senza obbligo di preventiva audizione dell’interessato. La sospensione è disposta dal responsabile della struttura in cui il dipendente lavora o, ove ne venga a conoscenza per primo, dall’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane, con provvedimento motivato, in via immediata e comunque entro quarantotto ore dal momento in cui i suddetti soggetti ne sono venuti a conoscenza. La violazione di tale termine non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’inefficacia della sospensione cautelare, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile.
Con il medesimo provvedimento di sospensione cautelare di cui al comma 1 si procede anche alla contestuale contestazione per iscritto dell’addebito e alla convocazione del dipendente dinanzi all’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane. Il dipendente è convocato, per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno quindici giorni e può farsi assistere da un procuratore ovvero da un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato. Fino alla data dell’audizione, il dipendente convocato può inviare una memoria scritta o, in caso di grave, oggettivo e assoluto impedimento, formulare motivata istanza di rinvio del termine per l’esercizio della sua difesa per un periodo non superiore a cinque giorni. Il differimento del termine a difesa del dipendente può essere disposto solo una volta nel corso del procedimento. L’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane conclude il procedimento entro trenta giorni dalla ricezione, da parte del dipendente, della contestazione dell’addebito. La violazione dei suddetti termini, fatta salva l’eventuale responsabilità del dipendente cui essa sia imputabile, non determina la decadenza dall’azione disciplinare né l’invalidità della sanzione irrogata, purché non risulti irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa del dipendente e non sia superato il termine per la conclusione del procedimento di cui all’articolo 10, comma 2.
Nei casi di cui al comma 1, la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti avvengono entro venti giorni dall’avvio del procedimento disciplinare.
Nei casi di cui al comma 1, l’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane deve dare notizia all’Autorità giudiziaria dell’omessa attivazione del procedimento disciplinare e dell’omessa adozione del provvedimento di sospensione cautelare senza giustificato motivo da parte del responsabile di struttura, ai fini dell’accertamento della sussistenza di eventuali reati.
ARTICOLO 12
SOSPENSIONE CAUTELARE IN CORSO DI PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Fatta salva la sospensione cautelare disposta ai sensi dell’articolo 11, comma 1, l’Amministrazione, laddove riscontri la necessità di espletare accertamenti su fatti addebitati al dipendente a titolo di infrazione disciplinare punibili con sanzione non inferiore alla sospensione dal servizio e dalla retribuzione, può disporre, nel corso del procedimento disciplinare, l’allontanamento dal lavoro per un periodo di tempo non superiore a trenta giorni, con conservazione della retribuzione.
Quando il procedimento disciplinare si conclude con la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione, il periodo dell’allontanamento cautelativo deve essere computato nella sanzione, ferma restando la privazione della retribuzione relativa ai giorni complessivi di sospensione irrogati.
Il periodo trascorso in allontanamento cautelativo, escluso quello computato come sospensione dal servizio, è valutabile agli effetti dell’anzianità di servizio.
ARTICOLO 13
SOSPENSIONE CAUTELARE IN CASO DI PROCEDIMENTO PENALE
Il dipendente che sia colpito da misura restrittiva della libertà personale è sospeso d’ufficio dal servizio con privazione della retribuzione per la durata dello stato di detenzione o, comunque, dello stato restrittivo della libertà.
Il dipendente può essere sospeso dal servizio, con privazione della retribuzione, anche nel caso in cui venga sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della libertà personale o questa sia comunque cessata, qualora l’Amministrazione disponga la sospensione del procedimento disciplinare fino al termine di quello penale, ai sensi dell’articolo 14.
Resta fermo l’obbligo di sospensione del dipendente in presenza dei casi già previsti dall’articolo 7, comma 1, e dall’articolo 8, comma 1, del d.lgs. 235/2012.
Nel caso dei delitti previsti all’articolo 3, comma 1, della l. 97/2001, trova applicazione la disciplina ivi stabilita. Per i medesimi delitti, qualora intervenga condanna anche non definitiva, ancorché sia concessa la sospensione condizionale della pena, trova applicazione l’articolo 4, comma 1, della citata l. 97/2001.
Nei casi indicati ai commi precedenti, si applica quanto previsto dall’articolo 14.
Ove l’Amministrazione proceda all’applicazione della sanzione di cui all’articolo 9, comma 3, la sospensione del dipendente disposta ai sensi del presente articolo conserva efficacia solo fino alla conclusione del procedimento disciplinare. Negli altri casi, la sospensione dal servizio eventualmente disposta a causa di procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non superiore a cinque anni. Decorso tale termine, essa è revocata ed il dipendente è riammesso in servizio, salvo i casi nei quali, in presenza di reati che comportano l’applicazione dell’articolo 9, comma 3, l’Amministrazione ritenga che la permanenza in servizio del dipendente provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa, a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di opportunità ed operatività dell’Amministrazione stessa. In tal caso, può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale. Ove il procedimento disciplinare sia stato eventualmente sospeso fino all’esito del procedimento penale, ai sensi dell’articolo 14, tale sospensione può essere prorogata, ferma restando in ogni caso l’applicabilità dell’articolo 9, comma 3.
Al dipendente sospeso, ai sensi del presente articolo, sono corrisposti un’indennità pari al 50% dello stipendio tabellare, nonché gli assegni del nucleo familiare e la retribuzione individuale di anzianità, ove spettanti.
Nel caso di sentenza penale definitiva di assoluzione o di proscioglimento, pronunciata con la formula “il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso” oppure “non costituisce illecito penale” o altra formulazione analoga, quanto corrisposto, durante il periodo di sospensione cautelare, a titolo di indennità, verrà conguagliato con quanto dovuto al dipendente se fosse rimasto in servizio, escluse le indennità o i compensi connessi alla presenza in servizio o a prestazioni di carattere straordinario. Ove il procedimento disciplinare riprenda, ai sensi dell’articolo 14, comma 5, secondo periodo, il conguaglio dovrà tener conto delle sanzioni eventualmente applicate.
In tutti gli altri casi di riattivazione del procedimento disciplinare a seguito di condanna penale, ove questo si concluda con una sanzione diversa dal licenziamento, al dipendente precedentemente sospeso verrà conguagliato quanto dovuto se fosse stato in servizio, esclusi i compensi per il lavoro straordinario, quelli che richiedano lo svolgimento della prestazione lavorativa, nonché i periodi di sospensione del comma 1 e quelli eventualmente inflitti a seguito del giudizio disciplinare riattivato.
Resta fermo quanto previsto dall’articolo 11, comma 1.
ARTICOLO 14
RAPPORTO TRA PROCEDIMENTO DISCIPLINARE E PROCEDIMENTO PENALE
Il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale. Per le infrazioni per le quali è applicabile una sanzione superiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni, l’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane, nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale. Fatto salvo quanto previsto al comma 3, il procedimento disciplinare sospeso può essere riattivato qualora l’Amministrazione giunga in possesso di elementi nuovi, sufficienti per concludere il procedimento, ivi incluso un provvedimento giurisdizionale non definitivo. Resta in ogni caso salva la possibilità di adottare la sospensione o altri provvedimenti cautelari nei confronti del dipendente.
Se il procedimento disciplinare, non sospeso, si conclude con l’irrogazione di una sanzione e, successivamente, il procedimento penale viene definito con una sentenza irrevocabile di assoluzione che riconosce che il fatto addebitato al dipendente non sussiste o non costituisce illecito penale o che il dipendente medesimo non lo ha commesso, l’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane, ad istanza di parte da proporsi entro il termine di decadenza di sei mesi dall’irrevocabilità della pronuncia penale, riapre il procedimento disciplinare per modificarne o confermarne l’atto conclusivo in relazione all’esito del giudizio penale.
Se il procedimento disciplinare si conclude con l’archiviazione ed il processo penale con una sentenza irrevocabile di condanna, l’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane riapre il procedimento disciplinare per adeguare le determinazioni conclusive all’esito del giudizio penale. Il procedimento disciplinare è riaperto, altresì, se dalla sentenza irrevocabile di condanna risulta che il fatto addebitabile al dipendente in sede disciplinare comporta la sanzione del licenziamento, mentre ne è stata applicata una diversa.
Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, il procedimento disciplinare è, rispettivamente, ripreso o riaperto, mediante rinnovo della contestazione dell’addebito, entro sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza, da parte della cancelleria del giudice, all’Amministrazione, ovvero dal ricevimento dell’istanza di riapertura. Il procedimento si svolge secondo quanto previsto nell’articolo 10 con integrale nuova decorrenza dei termini ivi previsti per la conclusione dello stesso. Ai fini delle determinazioni conclusive, l’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane, nel procedimento disciplinare ripreso o riaperto, applica le disposizioni dell’articolo 653, commi 1 e 1-bis, del codice di procedura penale.
Nel caso del procedimento disciplinare sospeso, ai sensi del comma 1, qualora per i fatti oggetto del procedimento penale intervenga una sentenza penale irrevocabile di assoluzione che riconosce che il “fatto non sussiste” o che “l’imputato non lo ha commesso” oppure “non costituisce illecito penale” o altra formulazione analoga, l’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane, nel rispetto delle previsioni del comma 4, riprende il procedimento disciplinare ed adotta le determinazioni conclusive, applicando le disposizioni dell’articolo 653, comma 1, del codice di procedura penale. In questa ipotesi, ove nel procedimento disciplinare sospeso, al dipendente, oltre ai fatti oggetto del giudizio penale per i quali vi sia stata assoluzione, siano state contestate altre violazioni, oppure i fatti contestati, pur prescritti o non costituenti illecito penale, rivestano comunque rilevanza disciplinare, il procedimento riprende e prosegue per dette infrazioni, nei tempi e secondo le modalità stabilite dal comma 4.
Se il procedimento disciplinare non sospeso si sia concluso con l’irrogazione della sanzione del licenziamento, ai sensi dell’articolo 9, comma 3, e successivamente il procedimento penale sia definito con una sentenza penale irrevocabile di assoluzione, che riconosce che il “fatto non sussiste” o che “l’imputato non lo ha commesso” oppure “non costituisce illecito penale” o altra formulazione analoga, ove il medesimo procedimento sia riaperto e si concluda con un atto di archiviazione, ai sensi e con le modalità del comma 4, il dipendente ha diritto dalla data della sentenza di assoluzione alla riammissione in servizio presso l’Amministrazione, anche in soprannumero nella medesima sede o in altra, nella medesima qualifica e con decorrenza dell’anzianità posseduta all’atto del licenziamento.
Analoga disciplina trova applicazione nel caso che l’assoluzione del dipendente consegua a sentenza pronunciata a seguito di processo di revisione.
Dalla data di riammissione di cui al comma 6, il dipendente è reinquadrato, nella medesima qualifica cui è confluita la qualifica posseduta al momento del licenziamento qualora sia intervenuta una nuova classificazione del personale. Il dipendente riammesso ha diritto a tutti gli assegni che sarebbero stati corrisposti nel periodo di licenziamento, tenendo conto anche dell’eventuale periodo di sospensione antecedente escluse le indennità comunque legate alla presenza in servizio ovvero alla prestazione di lavoro straordinario. Analogamente si procede anche in caso di premorienza per il coniuge o il convivente superstite e i figli.
Qualora, oltre ai fatti che hanno determinato il licenziamento di cui al comma 3, siano state contestate al dipendente altre violazioni, ovvero nel caso in cui le violazioni siano rilevanti sotto profili diversi da quelli che hanno portato al licenziamento, il procedimento disciplinare viene riaperto secondo la normativa vigente.
Resta fermo quanto previsto dall’articolo 11, commi 1 e 2.
ARTICOLO 15
DETERMINAZIONE CONCORDATA DELLA SANZIONE
L’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane ed il dipendente, in via conciliativa, possono procedere alla determinazione concordata della sanzione disciplinare da applicare fuori dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo prevedono la sanzione del licenziamento, con o senza preavviso.
La sanzione concordemente determinata in esito alla procedura conciliativa di cui al comma 1 non può essere di specie diversa da quella prevista dalla legge o dal contratto collettivo per l’infrazione per la quale si procede e non è soggetta ad impugnazione.
L’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane o il dipendente può proporre all’altra parte, l’attivazione della procedura conciliativa di cui al comma 1, che non ha natura obbligatoria, entro il termine dei cinque giorni successivi alla audizione del dipendente per il contraddittorio a sua difesa, ai sensi dell’articolo 10, comma 2. Dalla data della proposta sono sospesi i termini del procedimento disciplinare, di cui all’articolo 10. La proposta dell’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane o del dipendente e tutti gli altri atti della procedura sono comunicati all’altra parte con le modalità dell’articolo 10, comma 3.
La proposta di attivazione deve contenere una sommaria prospettazione dei fatti, delle risultanze del contraddittorio e la proposta in ordine alla misura della sanzione ritenuta applicabile. La mancata formulazione della proposta entro il termine di cui al comma 3 comporta la decadenza delle parti dalla facoltà di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.
La disponibilità della controparte ad accettare la procedura conciliativa deve essere comunicata entro i cinque giorni successivi al ricevimento della proposta, con le modalità dell’articolo all’articolo 10, comma 3. Nel caso di mancata accettazione entro il suddetto termine, da tale momento riprende il decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all’articolo 10. La mancata accettazione comporta la decadenza delle parti dalla possibilità di attivare ulteriormente la procedura conciliativa.
Ove la proposta sia accettata, l’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane convoca nei tre giorni successivi il dipendente, con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui il lavoratore aderisce o conferisce mandato.
Se la procedura conciliativa ha esito positivo, l’accordo raggiunto è formalizzato in un apposito verbale sottoscritto dall’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane e dal dipendente e la sanzione concordata dalle parti, che non è soggetta ad impugnazione, può essere irrogata dall’Ufficio Disciplinare e contenzioso del personale della Direzione centrale Risorse umane.
In caso di esito negativo, questo sarà riportato in apposito verbale e la procedura conciliativa si estingue, con conseguente ripresa del decorso dei termini del procedimento disciplinare, di cui all’articolo 10.
In ogni caso la procedura conciliativa deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla contestazione e comunque prima dell’irrogazione della sanzione. La scadenza di tale termine comporta la estinzione della procedura conciliativa eventualmente già avviata ed ancora in corso di svolgimento e la decadenza delle parti dalla facoltà di avvalersi ulteriormente della stessa.
ARTICOLO 16
IMPUGNAZIONE DELLA SANZIONE DISCIPLINARE
Le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dinanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’articolo 63, del d.lgs. 165/2001.
ARTICOLO 17
DISPOSIZIONI TRANSITORIE PER I PROCEDIMENTI DISCIPLINARI
Agli illeciti commessi prima dell’entrata in vigore del Codice disciplinare si applicano le disposizioni al tempo vigenti.
ARTICOLO 18
NORMA FINALE
Per quanto non previsto dalle presenti disposizioni, si rinvia al d.lgs. 165/2001.
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