CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 01 marzo 2018, n. 4851
Tributi – IRAP – Rimborso – Attività di medico di base convenzionato col SSN – Valutazione del presupposto di autonoma organizzazione – Ammontare dei costi sostenuti – Illegittimità
Ragioni della decisione
Costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. (come modificato dal decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197), osserva con motivazione semplificata:
1. Il dott. B.V. ricorre avverso la decisione della CTR Lazio che il 29 aprile 2016, riformando la decisione di primo grado, ha ritenuto infondata la domanda del contribuente, medico di base convenzionato col SSN, diretta a ottenere il rimborso dell’IRAP versata (2008, 2007, 2006). L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
2. Premesso che la motivazione della sentenza d’appello rispetta il minimo costituzionale, il che comporta la reiezione del primo motivo, col secondo mezzo il ricorrente censura (per violazione di norme di diritto sostanziali) l’operato della CTR, laddove questa, pur mancando obiettivi riscontri di un’attività autonomamente organizzata e della presenza di dipendenti eccedentari, come dedotto sin dal primo grado, enfatizza erroneamente l’ammontare dei costi sopportati dal contribuente per lo svolgimento dell’attività.
3. In effetti il giudice d’appello non ancora l’accertamento dell’autonoma organizzazione ai parametri elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte ed in particolare fa malgoverno di principi regolativi ora definitivamente certificati da Cass., se. un., n. 9451 del 2016, laddove si afferma in generale che, riguardo al presupposto dell’IRAP, il decisivo requisito dell’autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia responsabile dell’organizzazione; b) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure impieghi più di un collaboratore con mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
4. Riguardo al punto centrale dell’apparato argomentativo, si osserva che il valore assoluto dei compensi (Cass., se. 6-5, n. 22705 del 2016) e dei costi, ed il loro reciproco rapporto percentuale, non costituiscono elementi utili per desumere il presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione di un professionista, atteso che, da un lato, i compensi elevati possono essere sintomo del mero valore ponderale specifico dell’attività esercitata e, dall’altro, le spese consistenti possono derivare da costi strettamente afferenti all’aspetto personale (es. studio professionale, veicolo strumentale, etc.), rappresentando, così, un mero elemento passivo dell’attività professionale, non funzionale allo sviluppo della produttività e non correlato all’implementazione dell’aspetto organizzativo (Cass., se. 6-5, n. 23557 del 2016; conf Cass., se 6 -5, n. 23552 del 2016).
5. Tali parametri, orientativi d’ineludibili indagini di fatto (Cass., se un., cit.), non risultano globalmente rispettati né concretamente valutati dal giudice d’appello, ove si consideri che, con ragionamento giuridico del tutto anapodittico, la CTR trascura gli indicatori offerti nel giudizio di merito dalla parte contribuente circa l’utilizzo di due dipendenti part time per mansioni di segreteria e pulizia. Trattasi di avvalimento che, in tesi generale, non inficia di per se stesso l’applicazione del principio di diritto sopra indicato (Cass., se un., attesa la necessità per il giudice di merito d’indagare sulle concrete modalità d’impiego delle due unità lavorative parte time, onde verificare se l’attività di collaborazione delle stesse possa essere equiparata alla collaborazione di un’unità lavorativa a tempo pieno (Cass., se 6-5, nn. 16595- 14353 – 383 del 2017).
Il che, stante la scorretta applicazione delle norme di diritto che governano l’imposta, rende indispensabile un’indagine di merito, invece, erroneamente elusa dal giudice regionale e tale da integrare il vizio di cui al n. 3) dell’invocato art. 360 del codice di rito.
Consequenzialmente il ricorso va accolto nei sensi sopra precisati e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente Commissione tributaria regionale in diversa composizione, per nuovo esame, alla luce dei criteri indicati, nonché per la statuizione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo motivo di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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