CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 05 marzo 2018, n. 5133
Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Appello – Notifica del ricorso al difensore revocato – Effetti – Inesistenza o nullità – Nullità – Rinnovazione ex art. 291, cod. proc. civ.
Rilevato che
Con sentenza in data 15 ottobre 2015 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 11110/25/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso della E.E.O. Srl contro l’avviso di accertamento per II.DD. ed IVA 2006. La CTR osservava in particolare che erano adeguate le prove indiziarie basanti le pretese creditorie erariali portate dall’atto impositivo impugnato.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente, ora in concordato preventivo, deducendo un motivo unico.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente al solo fine di partecipare al contradditorio orale.
Considerato che
In via preliminare e d’ufficio deve esaminarsi la questione della ammissibilità del ricorso per cassazione proposto dalla società contribuente, essendone evidente la tardività (sentenza impugnata depositata il 6 novembre 2015; ricorso consegnato all’Ufficiale giudiziario l’11 aprile 2017) e quindi dovendosi verificare l’allegata applicabilità dell’art. 38, comma 3, D.Lgs. 546/1992 (id est dell’art. 327, secondo comma, cod. proc. civ.).
In premessa di diritto, va ribadito che «In tema di contenzioso tributario, per stabilire, ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 546 del 1992, se sia ammissibile l’impugnazione tardivamente proposta, sul presupposto che l’impugnante non abbia avuto conoscenza del processo a causa di un vizio della notificazione dell’atto introduttivo, occorre distinguere due ipotesi: se la notificazione è inesistente, la mancata conoscenza della pendenza della lite da parte del destinatario si presume “iuris tantum”, ed è onere dell’altra parte dimostrare che l’impugnante ha avuto comunque contezza del processo; se invece la notificazione è nulla, si presume “iuris tantum” la conoscenza della pendenza del processo da parte dell’impugnante, e dovrà essere quest’ultimo a provare che la nullità gli ha impedito la materiale conoscenza dell’atto» (Sez. 5, Sentenza n. 2817 del 05/02/2009, Rv. 606613 – 01).
In applicazione del principio di diritto di cui a tale arresto giurisprudenziale, nulla quaestio se si dovesse ritenere la notifica del gravame agenziale inesistente, profilandosi tuttavia nel caso di specie, per le ragioni di cui si dirà appena oltre, la seconda ipotesi ossia quella della nullità della notifica di detto gravame, deve comunque affermarsi che la ricorrente ha adeguatamente comprovato la “non conoscenza” del processo di secondo grado.
Ciò può complessivamente desumersi e ritenersi in particolare sulla base dell’asseverazione delle circostanze che il dispositivo della sentenza di primo grado è stato comunicato all’avv. A.R.C., difensore/domiciliatario sostituto di quello originario revocato nel giudizio avanti alla CTP (all. 6 al ricorso), che il gravame agenziale non è mai stato notificato all’avv. R.C. e che lo stesso è stato invece notificato all’ originario difensore/domiciliatario revocato (all. 7-8 al ricorso).
La ricorrente ha altresì documentalmente asseverato la propria allegazione di essere venuta a conoscenza del processo di appello e della sentenza impugnata soltanto allorché l’Agenzia delle entrate, ufficio locale, le ha inviato una nota di osservazione al piano di riparto, comunicata al liquidatore giudiziario tramite PEC in data 15 febbraio 2017 (all. 4 al ricorso).
Ne deriva che essendo stato, come detto, il ricorso in esame notificato l’11 aprile 2017, lo stesso deve quindi considerarsi tempestivo.
Ciò rilevato in limine, con l’unico mezzo dedotto – ex art. 360, primo comma, nn. 3-4, cod. proc. civ. – la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 170, 330, 325, 326, 327, cod. proc. civ., poiché la CTR non ha in via preliminare ed assorbente rilevato l’inesistenza della notifica del gravame agenziale, in quanto eseguita presso il difensore revocato e non presso quello nominato in sostituzione già nel primo grado del giudizio, e conseguentemente non ha dichiarato l’inammissibilità del gravame stesso.
La censura è fondata, ma per una ragione di diritto diversa da quella dedotta e va quindi accolta in termini diversi.
Come già rilevato in relazione alla questione preliminare della tempestività del ricorso per cassazione, risulta asseverato in fatto dalla documentazione allegata al ricorso che la notifica del gravame dell’Agenzia fiscale è stata eseguita presso il primo difensore – revocato – della società contribuente e non presso quello nominato in sostituzione già nel primo grado del giudizio.
Si tratta dunque di stabilire quale conseguenza giuridica derivi da tale evidente vizio procedurale ed in particolare se detta notifica debba considerarsi inesistente, configurandosi la conseguente inammissibilità dell’appello, ovvero vada ritenuta nulla, ciò implicando la sua rinnovazione ex art. 291, cod. proc. civ.
Nonostante un recente precedente sezionale nel primo senso (Sez. 6-5, Ordinanza n. 529 del 11/01/2017, citato dalla ricorrente), ritiene il Collegio di affermare la seconda soluzione, essendo la medesima più aderente alla prevalente giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo Sez. 6-5, Ordinanza n. 26615 del 09/11/2017) ed in particolare conforme alla pronuncia delle SU, Sentenza n. 14916/2016, secondo i principi di diritto che «L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa»; e che «Il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli clementi costitutivi essenziali dell’atto, sicché i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia “ex tunc”, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c.» (Sez. U, Sentenza n. 14916 del 20/07/2016, Rv. 640604 – 01).
E’ chiaro che nel caso di specie vi siano gli elementi sostanziali minimi per ritenere l’atto notificatorio de quo “giuridicamente esistente”, secondo le indicazioni di cui al primo principio di diritto di cui a tale pronuncia delle SU, così come un almeno “minimo” riferimento al destinatario deve ravvisarsi nel domicilio del suo primo difensore, secondo quanto affermato nel secondo principio di diritto di cui alla pronuncia medesima.
La notifica de qua deve pertanto ritenersi non “inesistente”, bensì “nulla” ed in quanto tale da rinnovare.
In conclusione, la sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo nei sensi di cui in motivazione, assorbito il secondo motivo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.
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