CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 22 marzo 2018, n. 7209
Fondi di solidarietà per il sostegno del reddito nel settore del credito – Assegno straordinario di sostegno al reddito – Calcolo sulla base del sistema pensionistico retributivo
Fatti di causa
M.D.T. e le altre ricorrenti di cui in epigrafe, ex dipendenti di B.I. s.p.a., proposero appello avverso la sentenza con la quale il giudice del lavoro del Tribunale di Milano aveva respinto le loro domande volte al duplice fine di sentir accertare il loro diritto a ricevere l’assegno straordinario di sostegno al reddito sulla base del sistema pensionistico retributivo vigente prima dell’entrata in vigore della legge n. 243/2004 e di sentir dichiarare la sussistenza del loro diritto di accesso al pensionamento a far tempo dall’1.1.2010 in base al sistema di computo vigente prima della suddetta legge, con conseguente condanna dell’Inps al ricalcolo della prestazione.
La Corte d’appello di Milano (sentenza del 10.8.2012) rigettò l’impugnazione osservando che non poteva ritenersi valida la prima domanda di accesso al Fondo, presentata in attuazione dell’accordo del 15.1.2003 ai fini del conseguimento delle suddette prestazioni, in quanto successivamente le ricorrenti avevano ritenuto di optare, in base all’art. 1, comma 9, della legge n. 243/2004, per il trattamento pensionistico determinato attraverso il diverso metodo di calcolo contributivo, previa indicazione della cessazione del rapporto di lavoro al 31.8.2005 e con accesso al predetto Fondo a decorrere dall’1.9.2005.
Per la cassazione della sentenza ricorrono M.D.T. e le altre ricorrenti di cui in epigrafe con un solo motivo.
Resistono con controricorso la società Intesa Sanpaolo s.p.a. e l’Inps, i quali depositano anche memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Ragioni della decisione
Con un solo motivo, proposto sia per violazione di legge (art. 360 n. 3 c.p.c.) che per vizio di motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.), le ricorrenti, dopo aver esposto che entro il 30.6.2003 avevano presentato domanda di accesso volontario al Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito nel settore del credito, indicando come data di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro quella del 31.3.2005 e specificando la volontà di conseguire l’assegno straordinario con prosecuzione dei versamenti contributivi fino alla maturazione della pensione – che sarebbe decorsa dall’1.1.2010 sulla base del sistema di calcolo retributivo allora vigente – lamentano che solo dopo l’entrata in vigore della legge n. 243/2004 ed entro il 28.2.2005, su richiesta di B.I., avevano presentato una seconda domanda di adesione volontaria al Fondo, optando per il sistema di calcolo contributivo, con conseguente slittamento di sei mesi della finestra di uscita per il collocamento in pensione. Pertanto, a loro giudizio, aveva errato la Corte d’appello a non tener conto della loro volontà originariamente espressa di accedere al Fondo avvalendosi del sistema retributivo allora vigente, tanto più che le successive domande erano state presentate solo su richiesta di B.I. che aveva erroneamente interpretato le disposizioni di legge. Invero, aggiungono le ricorrenti, dopo l’entrata in vigore della legge n. 243/2004 era stato erroneamente ritenuto che i lavoratori potessero beneficiare del sostegno straordinario al reddito a condizione che aderissero al nuovo sistema pensionistico contributivo, senza tener conto del fatto che la legge in esame, pur modificando i requisiti di accesso al pensionamento di anzianità ed i criteri di calcolo del relativo trattamento (da retributivo a contributivo), aveva mantenuto l’applicabilità della previgente disciplina e la validità di tutte le relative disposizioni in materia di pensionamento nei limiti previsti dalla deroga di cui all’art. 1, commi 18 e 19. A quest’ultimo riguardo le medesime evidenziano che nelle successive istanze avevano esplicitamente richiamato quanto previsto dall’art. 1, comma 19, della legge n. 243/2004 che demandava all’Inps il monitoraggio delle domande di pensionamento presentate dai lavoratori che intendevano avvalersi, a decorrere dall’1.1.2008, dei requisiti previgenti l’entrata in vigore della stessa legge. Quindi, la Corte di merito aveva sbagliato a non tener conto di quanto realmente dichiarato e voluto da esse ricorrenti attraverso la seconda domanda di accesso al Fondo. Quanto al predetto monitoraggio le ricorrenti rilevano che, ai sensi dell’art. 7-quaterdecies della legge n. 43 del 31.3.2005, l’Inps aveva precisato che lo stesso – volto a verificare il raggiungimento del numero massimo di 10.000 lavoratori aventi diritto a fruire dei benefici di cui all’art. 1, comma 18, della legge n. 243/2004 – doveva essere riferito al momento della cessazione del rapporto di lavoro, tanto che in appello avevano dedotto che alla data del 31.8.2005 di cessazione del rapporto lavorativo non risultava il raggiungimento del predetto limite numerico; tuttavia, a tal riguardo la motivazione della Corte di merito era inesistente. Oltretutto, all’errata interpretazione fornita da B.I., che le aveva indotte ad aderire in un secondo momento al sistema di calcolo contributivo, essendo state convinte del fatto che diversamente non avrebbero potuto beneficiare dell’esodo anticipato con accesso al Fondo si solidarietà, si era aggiunta quella dell’Inps che, con messaggio n. 14952 dell’11.4.2005, aveva comunicato che il numero di 10.000 soggetti che avrebbero potuto fruire della normativa previgente la riforma del sistema pensionistico, introdotta dalla legge n. 243/2004, era da considerare esaurito. Conseguentemente, non poteva condividersi quanto affermato dalla Corte di merito in ordine al fatto che le domande di accesso al Fondo di solidarietà – con opzione al sistema pensionistico basato sul criterio contributivo – fossero libere e volontarie, mentre al contrario doveva ritenersi che le stesse fossero viziate da errore del consenso determinato dalle erronee interpretazioni del quadro normativo di riferimento eseguite sia dalla parte datoriale che dall’istituto di previdenza.
Il motivo è infondato.
Osserva, anzitutto, la Corte che per una corretta disamina della questione occorre prendere le mosse dai dati fattuali illustrati nell’impugnata sentenza: – Invero, la Corte d’appello di Milano rileva che le ricorrenti, non avendo raggiunto i requisiti necessari per la pensione – per effetto dell’innalzamento dell’età anagrafica per il pensionamento a 60 anni nel periodo 2008-09 ed a 61 nel periodo 2010-13 – al fine di mantenere la possibilità di pensionamento a 57 anni, avevano ritenuto di optare, in base all’art. 1, comma 9, della legge n. 243/2004, per la liquidazione dell’assegno straordinario e poi per il trattamento pensionistico sulla base del metodo di calcolo contributivo, con esodo al 31.3.2005 e pensionamento nel 2010. Le medesime lavoratrici avevano poi dovuto nuovamente presentare richiesta all’Inps per una nuova opzione, così potendo accedere al Fondo dall’1.9.2005, con cessazione del rapporto di lavoro al 31 agosto 2005.
La stessa Corte d’appello ha, inoltre, posto bene in evidenza che era risultata fondata l’eccezione della difesa della Banca per la quale le ricorrenti non avevano mai fatto riserva circa la deroga di cui all’art. 1, comma 18, della legge n. 243/2004 sulla sussistenza delle condizioni atte a consentire il mantenimento del sistema retributivo di calcolo della pensione, mentre l’opzione effettuata ai sensi del comma 9 del citato art. 1 aveva di fatto comportato una rinuncia alla facoltà di avvalersi della suddetta deroga. D’altra parte la stessa Corte di merito ha osservato, con argomentazione condivisibile sul piano logico, che se per un verso era vero che nel mese di aprile del 2005 l’Inps aveva comunicato che il numero dei 10.000 lavoratori che avrebbero potuto essere ammessi al Fondo di solidarietà era esaurito, per altro canto era pur certo che tale comunicazione era successiva alla domanda di adesione al Fondo con relativa opzione per il sistema contributivo, già effettuata dalle ricorrenti nel mese di febbraio del 2005.
In sostanza, dalla puntuale ricostruzione operata dalla Corte territoriale, è emerso che le ricorrenti avevano presentato la prima domanda, tesa al mantenimento del sistema di calcolo retributivo della pensione, all’esito di accordi sindacali in materia di esodo anticipato, accordi poi superati dalla legge n. 243 del 2004 che aveva disciplinato tale materia ed alla luce della quale le medesime proponevano istanza di adesione al Fondo di solidarietà esercitando l’opzione per il sistema contributivo di determinazione della pensione, senza esprimere alcuna riserva con riguardo alla possibilità, prevista dalla stessa legge, di deroga ai fini del mantenimento, a determinate condizioni, del sistema previgente, cioè quello retributivo.
Deve, quindi, dedursi che le ricorrenti si limitano a criticare la scelta interpretativa della Corte d’Appello circa le domande di diverso contenuto presente in tempi differenti per l’accesso al Fondo di solidarietà; ma trattasi, all’evidenza, di una indagine di fatto sulla portata e sull’efficacia di tali istanze già compiuta adeguatamente dalla Corte territoriale, la quale ha tratto da quell’esame il convincimento, congruamente motivato ed immune da vizi logici e giuridici, che non poteva non tenersi conto della volontà espressa da ultimo dalle lavoratrici con l’esercizio dell’opzione, prevista dall’art. 1, comma 9, della citata legge, di adesione al sistema di calcolo contributivo della pensione, senza la formulazione di alcuna riserva in ordine alla possibilità, prevista dal comma 18, dell’art. 1 della stessa legge, di mantenimento, in presenza di determinate condizioni, del precedente sistema di calcolo retributivo della pensione.
Quanto al denunziato vizio di violazione di legge non può non rilevarsene l’inammissibilità, stante la genericità del rilievo e la mancata indicazione delle regole di diritto che sarebbero state violate dalla Corte di merito nell’esegesi del quadro normativo di riferimento, tanto più che le doglianze finiscono per tradursi in una mera riproposizione delle ragioni di merito, inidonea, in quanto tale, ad inficiare la validità delle argomentazioni logico-giuridiche contenute nell’impugnata sentenza.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Motivi di equità dovuti alla particolarità della questione trattata, stante il susseguirsi delle normative di riferimento e delle iniziali difficoltà applicative da parte dell’istituto di previdenza, inducono la Corte a ritenere interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Dichiara compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
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