CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 aprile 2018, n. 8619
Tributi – Imposta di registro, ipotecaria e catastale – Cessione di azienda – Contraddittorio endoprocedimentale
Fatto e diritto
Costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, osserva quanto segue:
La CTR del Veneto, con sentenza n. 423/8/2015, depositata il 24 febbraio 2015, rigettò l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della A. J. S.a.s. di De F. R. L. & C. (di seguito, società) avverso la decisione della CLP di Belluno, che aveva accolto il ricorso proposto dalla società avverso avviso di liquidazione, con il quale l’Ufficio aveva recuperato le maggiori imposta di registro, ipotecaria e catastale ritenute dovute in ragione della riqualificazione, ex art. 20 del d.P.R. n. 131/1986, di una serie di atti negoziali tra loro collegati (nell’ordine: costituzione in data 28.9.2009, da parte della contribuente, di nuova società unipersonale a responsabilità limitata denominata “Hotel A. S.r.l.”; contestuale conferimento nel capitale sociale della società di nuova costituzione del ramo di azienda costituito dalla struttura alberghiera sino a quel momento direttamente gestita dalla società A. J.; cessione in data 14.12.2009 alla società Cellulis S.r.l. dell’intera propria partecipazione al capitale sociale della Hotel A. S.r.l.).
Il giudice di secondo grado confermò l’annullamento dell’atto impugnato, ritenendo assorbente, sul piano procedimentale, che la riqualificazione dovesse rispettare il procedimento, con relativo obbligo di attivazione del contraddittorio, ex art. 37 bis del d.P.R. n. 600/1973.
Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
La società resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria critica alla proposta depositata in atti dal relatore.
Con l’unico motivo l’Amministrazione finanziaria denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 131/1986, anche in relazione all’art. 37 bis del d.P.R. n. 600/1973, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., presupponendo la riqualificazione operata sulla base della citata norma la verifica della causa concreta dell’operazione negoziale, senza che occorra quindi un intento elusivo delle parti, trovando, invece, applicazione l’art. 37 bis, comma 4, del d.P.R. n. 600/1973 quale vigente al tempo dell’emanazione dell’avviso di liquidazione, con la previa instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, unicamente in tema di imposte dirette e riguardo ad atti o negozi, anche collegati tra loro, aventi finalità elusiva.
In primo luogo deve essere disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza.
Diversamente, infatti, da quanto dedotto dalla controricorrente, risulta soddisfatto in maniera adeguata il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa e riportato il contenuto essenziale dell’avviso di liquidazione volto a consentire la piena comprensione della riqualificazione dell’operazione complessiva attraverso il collegamento negoziale dinanzi descritto.
Ciò premesso, il motivo è manifestamente fondato.
Come affermato dalla giurisprudenza largamente prevalente di questa Corte, in tema d’imposta di registro, l’art. 20 del d.P.R. n. 131/1986 attribuisce preminente rilievo all’intrinseca natura ed agli effetti giuridici dell’atto rispetto al suo titolo ed alla sua forma apparente (cfr., ex multis, Cass. sez. 5, 24 novembre 2017, n. 28064; Cass. sez. 5, 12 maggio 2017, n. 11873; Cass. sez. 6-5, ord. 2 dicembre 2015, n. 24594; Cass. sez. 5, 28 giugno 2013, n. 16345), sicché l’Amministrazione finanziaria può riqualificare come cessione di azienda la cessione totalitaria delle quote di una società senza essere tenuta a provare l’intento elusivo delle parti; dalla natura di regola interpretativa e non antielusiva dell’art. 20 del d.P.R. n. 131/1986 (cd. TUR), scaturendo quindi la conseguenza che la sua applicazione, contrariamente a quanto affermato dall’impugnata pronuncia, non è soggetta al contraddittorio endoprocedimentale previsto per l’utilizzazione delle disposizioni antielusive, quale appunto l’art. 37 bis, comma 4, del d.P.R. n. 600/1973, vigente al tempo dell’emanazione dell’atto impugnato, disposizione oggi abrogata nel contesto della nuova disciplina normativa dell’abuso del diritto ex artt. 10 bis della l. n. 212/2000, quale introdotto dall’art. 1, comma 1, del d. lgs. n. 128/2015 (cfr. Cass. sez. 5, 15 marzo 2017, n. 6758), e successive modifiche.
In dissenso rispetto a quanto isolatamente esposto da Cass. sez. 5, 27 gennaio 2017, n. 2054, che ha affermato che la potestà di riqualificazione non può invece travalicare lo schema negoziale tipico nel quale l’atto risulta inquadrabile, l’orientamento tradizionale di questa Corte è stato ulteriormente ribadito da Cass. sez. 5, 26 gennaio 2018, nn. 2007, 2008 e 2009, che hanno avuto modo di prendere posizione anche in ordine alla sopravvenienza, in pendenza di lite, del nuovo testo dell’art. 20 del d.P.R. n. 131/1986, quale modificato dall’art. 1, comma 87, lett. a), della l. 27 dicembre 2017, n. 205, norma entrata in vigore il 1° gennaio 2018, che stabilisce che «l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi».
Con le succitate pronunce si è, infatti, osservato che l’introduzione di nuovi limiti all’attività di riqualificazione giuridica della fattispecie dapprima non esistenti fa sì che alla succitata disposizione debba riconoscersi natura innovativa e non meramente interpretativa della disposizione previgente, ciò comportando che essa non potrà trovare nel presente giudizio relativo ad avviso di liquidazione relativo alla riqualificazione di atti registrati nel 2009, a nulla valendo l’intenzione, palesata nella relazione illustrativa alla legge n. 205/2017, di «chiarire» il criterio di individuazione della natura e degli effetti che devono essere presi in considerazione ai fini della registrazione, che, in effetti viene a raccordarsi con la nuova disciplina dell’abuso del diritto quale prevista dall’art. 10 bis della l. n. 212/2000, quale introdotto dall’art. 1 del d. lgs. n. 128/2015, per effetto della quale l’Amministrazione, ove vorrà contestare l’intento volto a conseguire un indebito vantaggio fiscale in ragione del collegamento di più negozi, dovrà previamente esperire il contraddittorio.
Viceversa, la conclusione per la quale non era richiesto il previo espletamento del contraddittorio per la riqualificazione secondo l’art. 20 del d.P.R. n. 131/1986, nel testo applicabile, ratio ne temporis, al presente giudizio, per il quale «l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se vi corrisponda il titolo o la forma apparente», è, d’altronde, coerente con quanto affermato in generale dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 9 dicembre 2015, n. 28423), secondo cui allo stato attuale della legislazione nazionale vigente, il previo espletamento del contraddittorio è richiesto nei soli casi in cui sia espressamente previsto a pena di nullità dell’atto, mentre l’Amministrazione è invece gravata da un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale in tema di tributi armonizzati, purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa.
Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione, che, nell’uniformarsi al principio di diritto sopra espresso, esaminerà le ulteriori questioni rimaste assorbite e provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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