CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 aprile 2018, n. 8775
Sgravio contributivo ex art. 44, L. n. 448/2001 – Insussistenza dei presupposti – Incremento occupazionale non realizzato – Assorbimento dell’attività di aziende preesistenti – Utilizzo delle medesime attrezzature ed impiego degli stessi dipendenti – Operazione societaria volta alla formale costituzione di una nuova impresa – Onere del datore di lavoro – Adeguata dimostrazione degli elementi di novità intervenuti nella struttura – Irrilevante la sola variazione nella titolarità dell’impresa
Rilevato
che il giudice del lavoro del Tribunale di Caltanisetta rigettò la domanda proposta dalla società S. s.r.l. volta ad ottenere in contraddittorio con l’Inps la dichiarazione del diritto agli sgravi contributivi previsti dall’art. 44 della legge n. 448/2001 dalle singole date di assunzione di ciascun dipendente o, in subordine, di non essere tenuta a restituire all’Inps le somme trattenute a titolo di sgravi contributivi;
che il giudice adito rigettò la domanda dopo aver escluso la sussistenza dei presupposti per gli sgravi richiesti, in quanto la società aveva assorbito l’attività di altre aziende preesistenti e, quindi, non si era realizzato il necessario incremento occupazionale;
che impugnata tale sentenza, la Corte d’appello di Caltanissetta (sentenza dell’8.2.2012) rigettò il gravame e confermò la sentenza di primo grado; che per la cassazione della sentenza ricorre la società S. s.r.l. in liquidazione con cinque motivi;
che per l’Inps risulta depositata delega difensiva in atti; che il P.G. ha fatto pervenire richiesta di rigetto del ricorso;
Considerato
che la richiesta preliminare di interruzione del giudizio per la segnalata cancellazione della società ricorrente dal registro delle imprese in data 6.3.2014 è inammissibile;
che, infatti, la predetta comunicazione di cancellazione (successiva al deposito del presente ricorso) non può essere acquisita, trattandosi di documentazione nuova la cui produzione non è consentita nel giudizio di legittimità a mente dell’art. 372 c.p.c.;
che si è, al riguardo, statuito (Cass. Sez. Lav. n. 13792 del 6.7.2016) che “in tema di società di persone, l’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto che le cancella ha valore di pubblicità meramente dichiarativa, superabile con la prova che la società abbia continuato ad operare pur dopo la suddetta cancellazione, sicché il difetto di legittimazione processuale della società non può essere dedotto per la prima volta in cassazione, con produzione dell’atto di cancellazione ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comportando una non consentita introduzione di una nuova questione di fatto in sede di legittimità”;
che col primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 414, 416, 420 e 437 c.p.c., dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.;
che la ricorrente lamenta l’erroneità della decisione impugnata nella parte in cui sono state ritenute inammissibili, in quanto tardive, le prove testimoniali richieste in primo grado;
che col secondo motivo, dedotto per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., la ricorrente lamenta la violazione del potere-dovere di ammissione delle prove orali da parte del giudicante;
che i due motivi, esaminabili congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati;
che, invero, la Corte territoriale ha giustamente evidenziato la tardività della richiesta dei mezzi istruttori, posto che l’art. 414 c.p.c. impone l’indicazione specifica nel ricorso introduttivo dei mezzi di prova dei quali il ricorrente intende avvalersi e considerato che nella fattispecie la società ricorrente avrebbe dovuto, sin dall’inizio del procedimento, allegare ed offrire di provare gli elementi costitutivi del preteso diritto allo sgravio contributivo;
che in maniera altrettanto corretta la Corte di merito ha precisato che nemmeno poteva essere condivisa la tesi difensiva secondo la quale solo a seguito delle difese dell’Inps sarebbe sorta l’esigenza di dimostrare l’avvenuta assunzione dei lavoratori iscritti nelle liste di collocamento ed escludere che gli stessi si fossero fittiziamente dimessi, trattandosi, al contrario, di elementi costitutivi del preteso riconoscimento del diritto agli sgravi ed essendo già note alla società ricorrente le contestazioni nascenti dall’accertamento congiunto svolto dagli ispettori del lavoro di Caltanissetta e di Agrigento, tra le quali proprio quella della prosecuzione dell’attività lavorativa anche nel periodo in cui i dipendenti risultavano formalmente iscritti nelle liste di collocamento; che egualmente corretta è l’osservazione della Corte territoriale secondo la quale non ricorrevano i presupposti per ammettere i mezzi di prova che la parte non aveva potuto proporre prima, dal momento che il tipo di contestazione sollevata dall’Inps non costituiva un fatto sopravvenuto, in ordine al quale garantire le esigenze difensive della parte, trattandosi di rilievi già svolti nella fase amministrativa;
che tale osservazione della Corte di merito è tanto più corretta se si considera che i poteri d’ufficio non possono supplire carenze istruttorie attinenti ad elementi costitutivi del diritto vantato in giudizio;
che col terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 6, della legge n. 448/1998, dell’art. 44 della legge n. 448/2001 e dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.;
che in pratica la ricorrente ritiene che la sentenza impugnata è errata nella parte in cui la Corte di merito ha escluso l’applicabilità dei benefici previsti dalle citate disposizioni di legge;
che col quarto motivo, dedotto per vizio di motivazione e per illogicità della sentenza, la ricorrente si duole del fatto che i giudici di merito avrebbero erroneamente ritenuto non ravvisabile la ricorrenza degli elementi costitutivi per il riconoscimento del diritto agli sgravi;
che col quinto motivo, formulato per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c., la ricorrente deduce che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto di poter escludere anche l’ipotesi normativa di cui alla lettera b) dell’art. 3, comma 6, della legge n. 448/1998, in quanto nel caso di specie l’attività svolta dalla società non avrebbe potuto essere annoverata tra quelle sottoposte a limite numerico o di superficie;
che il terzo, il quarto ed il quinto motivo, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati; che si è, infatti, affermato (Cass. Sez. Lav. n. 11379 del 22.5.2014) che “gli sgravi contributivi previsti dall’art. 3, comma 5, legge 23 dicembre 1998, n. 448 (applicabile “ratione temporis”) hanno lo scopo di favorire lo sviluppo delle imprese operanti nel Mezzogiorno e l’effettiva occupazione di nuovi dipendenti, per cui è condizione per il loro riconoscimento, ai sensi dell’art. 3, comma 6, lett. d), della citata legge, che le aziende operanti in tali territori abbiano realizzato l’effettiva creazione di nuovi posti di lavoro, eccedenti rispetto al personale già occupato nelle stesse attività al 31 dicembre dell’anno precedente. Ne consegue che non ricorre il requisito dell’effettivo incremento occupazionale ove l’impresa, senza creare nuovi posti di lavoro, si sia limitata a succedere nei rapporti lavorativi, non a rischio, facenti capo ad un’altra azienda”;
che nella fattispecie, con motivazione adeguata ed esente da vizi logici e giuridici, la Corte territoriale ha posto ben in evidenza, alla stregua degli accertamenti di fatto compiuti che sfuggono ai rilievi di legittimità, che la società ricorrente aveva assorbito un ramo d’impresa preesistente utilizzando in gran parte le medesime attrezzature ed impiegando gli stessi dipendenti, per cui non si era avuta una nuova occupazione, circostanza, questa, necessaria per il conseguimento degli sgravi richiesti;
che, invece, si era trattato di un’operazione societaria volta, attraverso apposita procedura sindacale, al mantenimento dei livelli occupazionali e al riassorbimento dei lavoratori in precedenza facenti parte dell’organico della società preesistente;
che correttamente la Corte di merito ha posto in rilievo che i benefici in esame non competono a seguito della formale costituzione di una nuova impresa allorquando sia stata accertata la presenza di significativi elementi di permanenza della preesistente struttura aziendale e l’imprenditore non abbia dato adeguata dimostrazione degli elementi di novità intervenuti nella struttura, essendo, altresì, irrilevante la sola variazione nella titolarità dell’impresa, con la conseguenza che nella fattispecie era mancata una reale creazione di nuovi posti di lavoro atta a giustificare il riconoscimento dei pretesi sgravi contributivi;
che la Corte d’appello ha correttamente escluso anche la ricorrenza dell’invocata ipotesi di cui all’ultima parte del richiamato comma 6 dell’art. 3 della legge n. 448/98, vale a dire quella dell’esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie, nel cui alveo tenta di essere ricondotta l’odierna ricorrente nell’intento di giustificare la richiesta negatale del diritto agli sgravi oggetto di causa;
che, infatti, secondo il condivisibile ragionamento della Corte di merito, le attività sottoposte a limite numerico o di superficie devono intendersi quelle il cui esercizio, per le particolari connotazioni di rilevanza pubblica, sono sottoposte ad un elevato controllo degli organi amministrativi ed il cui avvio è subordinato ad un provvedimento amministrativo di tipo concessorio, mentre i limiti di superficie attengono propriamente ai limiti di natura urbanistica e non semplicemente a quelli dei piani commerciali di carattere generale; che in effetti, ai fini delle agevolazioni in esame l’art. 3, comma 6, lett. b) della legge n. 448/1998 prevede come condizione che l’impresa di nuova costituzione eserciti attività che non assorbono neppure in parte attività di imprese giuridicamente preesistenti ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie;
che, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese nella misura di € 1000,00 per compensi professionali e di € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
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