CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 09 maggio 2018, n. 11075
Agevolazioni fiscali – Credito d’imposta – Convenzione contro le doppie imposizioni Italia/Francia – Residenza
Rilevato che
BNP Paribas Personal Finance S.A. (già CETELEM S.A.), nella qualità di incorporante la COFICA S.A., ricorre, su tre motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato su unico motivo) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo (d’ora in poi C.T.R.), in accoglimento dell’appello proposto dalla parte pubblica aveva dichiarato non dovute le somme richieste dalla Società con il ricorso introduttivo;
in particolare, con detto ricorso, la Società aveva impugnato il silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria alla richiesta di pagamento della somma pari al credito di imposta spettante sui dividendi percepiti nel 1997 da una società (Findomestic s.p.a.) residente in Italia ai sensi dell’art. 10 della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia/Francia (ratificata con legge n. 20 del 7.1.1992);
la decisione di primo grado, favorevole alla Società, è stata integralmente riformata dalla Commissione di secondo grado la quale ha ritenuto che all’istanza in questione fosse applicabile l’art. 38 del d.p.r. n.602/1973, con la conseguenza che la stessa, presentata in data 30 novembre 1999 era da ritenersi tardiva;
il ricorso è stato fissato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, secondo comma, e dell’art.380 bis 1 cod.proc.civ., introdotti dall’art. 1bis del d.l. 31 agosto 2016 n.168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016 n.197;
il P.G. ha deposito le sue conclusioni chiedendo l’accoglimento del ricorso con le conseguenze previste dalla legge;
la Società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 cod.proc.civ.,
Considerato che
con il primo motivo si deduce insufficiente, illogica e contraddittoria motivazione, nonché nullità della sentenza impugnata in quanto basata su un’errata interpretazione della sentenza di primo grado, in relazione all’art.360, n.4 e n.5 del c.p.c.;
in particolare, con il mezzo, si censura la sentenza impugnata di illogicità e contraddittorietà laddove il Giudice di appello aveva ritenuto che la prima decisione fosse basata su un’argomentazione diversa da quella effettivamente formulata dalla C.T.P.;
la censura, nei termini in cui è formulata, è inammissibile laddove attinge un passo della motivazione, teso a riassumere la motivazione della sentenza del primo Giudice, privo dei caratteri della decisorietà, rispetto al quale, peraltro, non si ravvisa la sussistenza dei vizi denunziati;
con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’articolo 10 paragrafo 4-a della Convenzione Italia Francia contro le doppie imposizioni e dell’art. 38 del d.p.r. n. 602/1973 in relazione all’art. 360; I comma nn.3 e 5 c.p.c.;
con il terzo motivo di ricorso si deduce illogica e contraddizione motivazione a causa del palese contrasto tra le argomentazioni addotte nella parte finale rispetto a quelle contenute nella prima parte della sentenza;
il secondo motivo è palesemente fondato, con assorbimento del terzo;
in materia, nella giurisprudenza di questa Corte sì è ulteriormente consolidato l’orientamento (del quale aveva dato atto il primo Giudice e dal quale, al contrario, si è consapevolmente discostata la C.T.R.) secondo cui <<in tema d’imposta sui dividendi, il pagamento previsto dall’art. 10 della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e la Francia il 5 ottobre 1989, ratificata e resa esecutiva dalla legge 7 gennaio 1992, n. 20, secondo il quale la società residente in Francia (o soggetta alla legislazione francese), che riceva da una società residente in Italia dividendi, la cui corresponsione a un residente in Italia comporterebbe un credito d’imposta, ha diritto al pagamento da parte del Tesoro italiano di una somma pari alla metà di detto credito d’imposta, diminuito della ritenuta alla fonte prevista al paragrafo 2, esula dal sistema dei rimborsi d’imposta, sicché la relativa istanza non soggiace al termine decadenziale di cui all’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ma deve essere avanzata nel termine generale di prescrizione di cui all’art. 2946 cod. civ.>> (Cass.n.691 del 16.01.2015; id.n.2709 del 19.12.2014 e di recente Cass.n.27114/2016);
l’unico motivo di ricorso incidentale, con il quale l’Agenzia delle entrate, ha dedotto violazione di legge laddove la C.T.R. aveva aderito alla tesi della Società per cui il termine di decadenza, ex art.38 cit., decorrerebbe dal momento in cui viene pagata l’imposta sui dividendi nel Paese di residenza, va rigettato alla luce di quanto esposto in sede di esame del secondo motivo del ricorso principale;
in conclusione, in accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, inammissibile il primo ed assorbito il terzo, rigettato il ricorso incidentale condizionato, la sentenza impugnata va cassata;
non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, essendo incontestata la sussistenza e l’entità del credito richiesto, la controversia può essere decisa nel merito con l’accoglimento del ricorso introduttivo della Società;
in ossequio al principio di soccombenza, le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico dell’Agenzia delle entrate, mentre vanno integralmente compensate tra le parti quelle dei gradi di merito.
P.Q.M.
In accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, inammissibile il primo ed assorbito il terzo, rigettato il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto dalla Società;
compensa integralmente tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna l’Agenzia delle entrate alla refusione in favore della ricorrente principale alle spese del giudizio di legittimità liquidate in complessivi euro 5.500 oltre rimborso forfetario nella misura del 15% ed accessori di legge.
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