CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 maggio 2018, n. 12020
Tributi – Accertamento – Parametri e studi di settore – Scostamento del reddito dichiarato rispetto ai valori standard
Rilevato
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere con motivazione semplificata;
che A.C. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Napoli. Quest’ultima aveva accolto l’impugnazione del contribuente contro un avviso di accertamento IRPEF e IVA, relativo all’anno 2008;
Considerato
che il ricorso è affidato ad un unico motivo, col quale, ai sensi dell’art. 360 n. 3) c.p.c., il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 10 comma 3 bis I. n. 146/1998; che la CTR avrebbe erroneamente escluso l’obbligo del preventivo contraddittorio, pur a fronte di un accertamento basato sugli studi di settore; che l’intimata non ha resistito; che il motivo deve essere rigettato;
che, in tema di accertamento standardizzato mediante parametri e studi di settore, è prevista, a pena di nullità, una fase necessaria di contraddittorio procedimentale, che garantisce pienamente la partecipazione e l’interlocuzione del contribuente prima dell’emissione dell’accertamento (Sez. 5, n. 7960 del 04/04/2014; Sez. 6-5, n. 30370 del 18/12/2017); che, in altri termini, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente (Sez. 5, n. 21754 del 20/09/2017; Sez. 6- 5, n. 10047 del 16/05/2016);
che, tuttavia, tale principio si riferisce unicamente all’utilizzo esclusivo degli studi di settore e non all’ipotesi in cui l’accertamento sia motivato anche con riguardo ad elementi ulteriori, volti ad integrare i dati indice;
che, in tal senso, la CTR ha indicato il “comportamento antieconomico” nonché “altre incongruenze desunte dalle banche dati di anagrafe tributaria” nel corso di una pluralità di anni presi in considerazione, che indubbiamente depongono per l’antieconomicità del comportamento del contribuente, e che consentono di desumere in via induttiva, sulla base di presunzioni semplici, ma gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta; che al rigetto del ricorso non segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, stante la mancanza di attività difensiva di quest’ultima;
che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
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