Corte di Cassazione. sezione penale, sentenza n. 14232 depositata il 28 marzo 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – REATO DI OMICIDIO – RESPONSABILITA’ DEL PICCOLO IMPRENDITORE AGRICOLO – VIOLAZIONE DELLE NORME PER LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO
FATTO / DIRITTO
1. P.P. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. emessa nei suoi confronti dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Modena in data 5 giugno 2017 per il reato di omicidio e lesioni colpose con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Ha dedotto, a sostegno dei ricorso, violazione di legge in riferimento al mancato proscioglimento e alla sua qualifica di piccolo imprenditore agricolo.
2. Il ricorso é inammissibile per assoluto difetto di specificità e manifesta infondatezza.
Il ricorrente, pur dolendosi della suddetta violazione di legge per mancato proscioglimento, non indica, se non del tutto genericamente, le ragioni per le quali, in presenza di una richiesta di applicazione della pena da lui proveniente, che presuppone la rinuncia implicita a qualsiasi questione sulla colpevolezza, il Giudice avrebbe dovuto disattendere tale richiesta e pervenire ad una decisione di proscioglimento basata sull’evidenza della insussistenza dei fatti, della loro mancata commissione da parte dell’imputato etc., ex art. 129 c.p.p..
Questa Corte ha costantemente affermato che nel giudizio definito ex art. 444 cod proc. pen. é inammissibile per genericità l’impugnazione nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o comunque l’omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non punibilità, ove la censura non sia accompagnata dalla indicazione specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al giudice l’assoluzione o il proscioglimento ai sensi dell’ art. 129 cod. proc. (Cass Sez. 3, Sentenza n. 1693 del 19/04/2000 Cc. (dep. 01/06/2000) Rv. 216583; Sez. 3, Sentenza n. 2932 del 22/09/1997 Cc. (dep. 06/11/1997 ) Rv. 209387)
E difatti é onere del ricorrente indicare l’esistenza di una possibile causa di non punibilità. Qualora dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, il giudizio negativo sulla ricorrenza di una delle ipotesi previste dall’art. 129 c.p.p.. deve essere accompagnato da una specifica motivazione; diversamente, deve ritenersi sufficiente una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che é stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e nella valutazione negativa della non ricorrenza delle condizioni per una pronuncia di proscioglimento.
Conclusivamente, in assenza di specifica deduzione sul punto da parte del ricorrente, l’obbligo motivazionale del giudice é assolto dando atto della effettuata verifica della insussistenza di condizioni che impongano il proscioglimento dell’imputato e di tale adempimento ben può dare conto con motivazione sintetica (Sez. 3, Sentenza n.39952 del 03/10/2006, dep. 05/12/2006 Rv. 235495; Cass. Sez. 5, 5.1.2006 n. 211 C.).
3. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende
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