CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 giugno 2018, n. 14574
Tributi – Notifica dell’avviso di accertamento tramite servizio postale – Prova della rituale notifica – Duplicato ex art. 8, del DPR n. 655/1982
Fatti di causa
1. La R.G. S.p.A. ricorre con sette motivi avverso l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 55/08/10 della Commissione Tributaria Regionale della Toscana emessa il 18/6/2010, depositata il 22/7/2010 e non notificata, che, in controversia concernente l’impugnativa del ruolo e della cartella di pagamento n. 08920090003714904/001, nonché dell’atto di diniego della definizione agevolata riguardante IVA, IRPEG ed IRAP per l’anno di imposta 2003, ha rigettato l’appello della società contribuente avverso la sentenza della C.T.P. di Pistoia, che, a sua volta, aveva dichiarato inammissibile il ricorso della contribuente avverso l’atto di diniego della definizione agevolata e rigettato il ricorso contro il ruolo e la cartella di pagamento.
2. Con la sentenza impugnata, la C.T.R. della Toscana ha ritenuto che l’Agenzia delle Entrate avesse prodotto il duplicato dell’avviso di ricevimento, idoneo ad attestare la notifica dell’avviso di accertamento, quale atto presupposto della cartella di pagamento impugnata, nonché ha confermato l’inammissibilità del ricorso avverso l’atto del 29/1/09, con cui l’Agenzia delle Entrate di Pistoia aveva comunicato alla contribuente l’inesistenza del procedimento di accertamento con adesione, perché tale atto non era riconducibile agli atti impugnabili ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 546/92.
3. A seguito del ricorso della R.G. S.p.A., l’Agenzia delle Entrate si costituisce e resiste con controricorso.
Ragioni della decisione
1.1. Con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente denuncia la omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.5, c.p.c. in ordine ad un fatto decisivo e controverso relativo all’idoneità del documento prodotto dall’Amministrazione a fungere da duplicato dell’avviso di ricevimento (relativo alla notifica dell’avviso di accertamento, quale atto presupposto della cartella di pagamento impugnata) con riguardo ai requisiti indicati dall’art. 8 D.P.R. 29 maggio 1982 n. 655.
Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 4 e 6 L. n. 890/82, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nella parte in cui dispongono che la prova della eseguita notificazione sia data dall’avviso di ricevimento o dal suo duplicato.
1.2. I motivi devono essere esaminati insieme, perché connessi, sono infondati e vanno rigettati.
1.3. Ed invero, giova premettere che “l’avviso di ricevimento – o, in caso di smarrimento o distruzione, il suo duplicato rilasciato dall’ufficio postale – è il solo documento idoneo a provare sia la consegna sia la data di questa sia l’identità della persona a mani della quale la consegna è stata eseguita” (Cass. sent. n. 1196/00).
“Ai sensi dell’art. 8 D.P.R. n. 655/1982, il duplicato rilasciato dall’Ufficio postale, in caso di smarrimento dell’avviso di ricevimento, in quanto costituisce la riproduzione di un documento, al quale deve essere conforme, è il solo documento idoneo a provare sia la consegna della raccomandata sia la data di questa, sia l’identità della persona a mani della quale la consegna è stata eseguita, (Cass. 1996/2000), tenendo luogo appunto dell’avviso di ricevimento smarrito”. (Cass. ord. n. 23546/16).
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, quindi, l’unico atto idoneo a provare l’avvenuta notifica, in caso di smarrimento dell’avviso di ricevimento, è il suo duplicato, previsto dall’art. 8 D.P.R. n. 655/82, senza che possa attribuirsi la medesima efficacia probatoria al registro di consegna o ad altra attestazione dell’agente postale.
Deve, però, rilevarsi che l’art. 8 del Regolamento postale non può essere interpretato nel senso che il duplicato dell’avviso di ricevimento deve essere nuovamente sottoscritto dal destinatario, poiché tale interpretazione equivale a richiedere una seconda notifica. La norma regolamentare afferma che l’ufficio postale rilascia un duplicato dell’avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario, dovendosi riferire il requisito della sottoscrizione all’originario avviso di ricevimento e non al duplicato, che non può che basarsi sul registro di consegna attestante l’avvenuta ricezione.
Già in una risalente pronuncia di questa Corte è enunciato il principio secondo cui “in tema di notificazioni a mezzo di servizio postale, il duplicato dell’avviso di ricevimento (previsto dall’art. 177 del regolamento di esecuzione dei titoli primo e secondo del libro primo del codice postale, approvato con d. 18 aprile 1940, n. 689) non richiede affatto, per la sua efficacia, la sottoscrizione della persona cui il piego fu consegnato, essendo essenziale che il duplicato stesso riproduca tutte le indicazioni che debbono essere contenute nell’avviso di ricevimento facendo anche menzione della persona che ha ricevuto il piego”. (Sez. 1, Sentenza n. 3920 del 25/10/1956, Rv. 881909 – 01)
A tali principi risulta essersi conformata la sentenza della CTR della Toscana, che, sulla base delle specifiche caratteristiche dell’atto dell’Amministrazione Postale, ha affermato l’idoneità del duplicato a fornire adeguata prova della ricezione dell’avviso di accertamento, in quanto costituito da un modello compilato dall’Ufficio postale sulla base del registro di consegna.
2.1. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione del combinato disposto degli artt. 6, 7, 8, 14 e 16 L. n. 890/82 e dell’art. 8 D.P.R. n. 655/82, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver ritenuto il giudice di appello implicitamente valida la decisione della C.T.P. di Pistoia, secondo cui l’art. 8 D.P.R. n. 655/82 era stato abrogato dall’art. 16 L. n. 890/82.
2.2. Il motivo risulta assorbito dal rigetto del primo e del quinto, nella cui motivazione la Corte, ritenendo applicabile alla fattispecie in esame l’art. 8 D.P.R. n. 655/82, ne ha chiarito la portata e la corretta interpretazione.
3.1. Con il terzo motivo, la società ricorrente denuncia la omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. in ordine ad un fatto decisivo e controverso, consistente nella presenza di correzioni manuali ed incongruenze nell’attestazione dell’Amministrazione Postale.
3.2. Il motivo è inammissibile.
3.3. Ed invero, “in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, l’avviso di ricevimento, il quale è parte integrante della relata di notifica, costituisce, ai sensi dell’art. 4, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data, sia l’identità della persona alla quale la consegna stessa è stata eseguita, e che ha sottoscritto l’avviso; esso riveste natura di atto pubblico, e, riguardando un’attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale ai sensi dell’art. 1 della legge n. 890 cit., gode della medesima forza certificatoria di cui è dotata la relazione di una notificazione eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario, ovverosia della fede privilegiata attribuita dall’art. 2700 cod. civ. in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’agente postale, mediante la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza; pertanto, il destinatario che intenda contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, affermando di non aver mai ricevuto l’atto ed in particolare di non aver mai apposto la propria firma sull’avviso, ha l’onere di impugnarlo a mezzo della querela di falso, anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo, ma soltanto ad imperizia, leggerezza, o negligenza dell’agente postale”. (Cass. sent. n. 24852/06).
Lo stesso principio deve applicarsi al duplicato dell’avviso rilasciato dall’Amministrazione Postale, per cui le doglianze relative al contenuto dell’atto andavano fatte valere con una specifica querela di falso.
4.1. Con il quarto motivo, la società ricorrente denuncia l’omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. in ordine ad un fatto decisivo e controverso, relativo alla circostanza che il giudice di appello avrebbe fatto riferimento al registro di consegna, mentre l’attestazione postale era basata sulla distinta di consegna.
4.2. Tale motivo è parimenti inammissibile, riguardando le caratteristiche del duplicato dell’avviso di ricevimento, già valutate dal giudice di appello, che ne ha ritenuto l’idoneità a provare l’avvenuta ricezione, sulla base del registro di consegna.
5.1. Con il sesto motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 19 d.lgs. n. 546/92, in relazione all’art. 630, comma 1, n. 3, c.p.c., poiché la C.T.R. della Toscana ha ritenuto che l’atto, con il quale l’Amministrazione adduceva la mancata attivazione e l’insussistenza del conseguente perfezionamento del procedimento di adesione, non fosse impugnabile ai sensi dell’articolo citato.
5.2. Il motivo è infondato.
5.3. Ed invero, non rientra nel novero degli atti impugnabili una semplice nota dell’Agenzia delle Entrate che, a riscontro di una precedente comunicazione della contribuente, afferma che tra le parti non è intervenuto alcun atto di accertamento con adesione, dovendosi considerare che la prova dell’avvenuta definizione concordata della pretesa tributaria è costituita dall’atto scritto di accertamento con adesione, in possesso del fisco e del contribuente, il cui contenuto è tipizzato dall’art. 7 della legge n. 218 del 1997, atto che, se esistente, avrebbe dovuto essere prodotto dal ricorrente in sede di impugnazione del prodromico avviso di accertamento al fine di contestare la pretesa impositiva.
Deve, invece, escludersi l’ammissibilità di una mera azione di accertamento, così come richiesta dal ricorrente, al fine di verificare se vi sia stata, oppure non vi sia stata, una definizione con adesione, ostando a ciò la natura impugnatoria del processo tributario.
6.1. Con il settimo motivo, la società ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per l’omessa pronuncia in cui sarebbe incorso il giudice di appello sulla questione relativa alla sussistenza dell’avvenuta definizione con adesione dell’accertamento tributario.
6.2. Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
6.3. Ed invero, come questa Corte ha più volte affermato, “l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello integra un difetto di attività del giudice di secondo grado, che deve essere fatto valere dal ricorrente non con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale ex art. 360 c.p.c., n. 3, o del vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, giacché siffatte censure presuppongono che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente non corretto ovvero senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione al riguardo resa, ma attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell’art. 112 c.p.c.” (v. Cass. sez. VI, 12 gennaio 2016, n. 329 Cass. 12 dicembre 2005, n. 27387; id. 26 gennaio 2006, n. 1701; 14 febbraio 2006, n. 3190; 4 giugno 2007, n. 12952; 22 novembre 2006, n. 24856; 10 dicembre 2009, n. 25825; 17 dicembre 2009, n. 26598 e da ultimo Cass. 11 maggio 2012, n. 7268). Nel caso in esame la censura del ricorrente appare inammissibile, poiché volta a contestare l’omissione di pronuncia quale “error in iudicando” e non quale violazione di norme processuali; inoltre, il motivo è chiaramente infondato, poiché il giudice di appello, senza incorrere in alcuna omissione di pronuncia, semplicemente non ha esaminato il merito della domanda, avendo ritenuto inammissibile il ricorso.
7.1. Atteso il rigetto del ricorso, la società ricorrente deve essere condannata al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 20.000,00, oltre eventuali spese prenotate a debito.
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