Corte di Cassazione sentenza n. 10173 depositata il 27 aprile 2018
APPALTO – TIPI DI APPALTO – DI COSTRUZIONE – ESECUZIONE SENZA CONCESSIONE EDILIZIA – ILLICEITA’ – CONCESSIONE RILASCIATA DOPO LA STIPULAZIONE DEL CONTRATTO DI APPALTO MA COMUNQUE PRIMA DELLA REALIZZAZIONE DELL’OPERA – NULLITA’ – ESCLUSIONE – FONDAMENTO
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO
1. L.B.V. e C.S. con citazione del 15 luglio 2004 hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Lagonegro F.D., esponendo che, a seguito di concessione edilizia rilasciata in data 30/1/1989 avevano iniziato la realizzazione di un fabbricato sul fondo del quale erano proprietari sito in (omissis).
Deducevano altresì che con la scrittura del 1/9/93, con una successiva scrittura priva di data ed una ulteriore scrittura avente la data del 2 giugno 1997, avevano concordato con il convenuto il completamento del fabbricato, a cura e spese del F., prevedendosi l’assegnazione allo stesso della metà dell’immobile edificato, una volta terminati i lavori.
Lamentavano, però, che il convenuto si era reso gravemente inadempiente, in quanto non aveva concluso i lavori nel termine fissato, avendo omesso di eseguire alcune delle opere commissionategli (muri paraterra, marciapiedi perimetrali, installazione dei discendenti delle grondaie, impermeabilizzazione dei cornicioni perimetrali del piano di copertura, ecc.) sicché instavano per la risoluzione giudiziale del contratto per inadempimento della controparte, con la condanna al rilascio del fabbricato.
Nella resistenza del F., che eccepiva in via preliminare la nullità del contratto di appalto in quanto stipulato in assenza di concessione edilizia, con la conseguente richiesta di condanna degli attori al pagamento di un indennizzo ex art. 2041 c.c., il Tribunale adito con la sentenza n. 201/2009 accoglieva la domanda di risoluzione, condannando il F. al pagamento della somma di Euro 58.567,85, oltre interessi e rivalutazione a titolo di risarcimento danni, dichiarando gli attori tenuto al pagamento della somma di Euro 79.309,18, a titolo di effetto restitutorio scaturente dalla pronunciata risoluzione.
La Corte d’Appello di Potenza decidendo sull’appello principale del F. e sull’appello incidentale dei convenuti, con la sentenza n. 369 del 18 dicembre 2013, rigettava il gravame principale ed in accoglimento di quello incidentale, condannava il F. al rilascio in favore degli attori del fabbricato oggetto di causa.
A tal fine, ed in relazione al primo motivo di appello, con il quale si insisteva per la nullità del contratto di appalto misto a vendita, in quanto avente ad oggetto un immobile privo di concessione ad edificare, rilevavano i giudici di appello che la prima scrittura del 1/9/1993 aveva ad oggetto il completamento di lavori di costruzione inizialmente intrapresi sulla base di una concessione edilizia scaduta il 29/1/1993, ma che la seconda scrittura, sebbene priva di data, faceva riferimento ad una concessione del 15/11/1994, assumendosi che a quella data i lavori erano in corso.
Inoltre con la terza scrittura del 2/6/1997 si assegnava un nuovo termine per il completamento dei lavori (sette mesi dal rilascio della concessione di variante in corso d’opera), emergendo pertanto che i lavori furono svolti in esecuzione di provvedimenti di concessione già rilasciati al momento della seconda e delle terza scrittura, prevedendosi, con il rinvio alla concessione in variante, che il rilascio di quest’ultima rappresentava il momento iniziale per l’esecuzione delle ulteriori opere previste nella terza scrittura.
Quanto al secondo motivo dell’appello principale, con il quale ci si doleva dell’omessa valutazione della gravità dell’inadempimento ascritto all’appaltatore, la Corte distrettuale rilevava che era condivisibile la valutazione formulata sul punto da parte del giudice di prime cure, emergendo peraltro che a ben undici anni dalla scadenza del termine per la consegna dei lavori, le opere non erano ancora state completate.
Infine, si riteneva meritevole di accoglimento l’appello incidentale, in quanto, pur essendo stata pronunziata la risoluzione del contratto, il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda di rilascio, che era da accogliere proprio in conseguenza della dichiarazione di risoluzione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione F.D. sulla base di tre motivi.
Gli intimati hanno resistito con controricorso.
2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1346 e 1418 c.c., nella parte in cui i giudici di merito hanno omesso di dichiarare la nullità del contratto di appalto misto a vendita intervenuto tra le parti.
Si rileva, alla luce del pacifico principio per il quale il contratto di appalto relativo ad opere edilizie in assenza di concessione edilizia o di valido titolo edificatorio, è nullo per contrarietà a norme imperative, e quindi per illiceità dell’oggetto, che nella fattispecie la prima scrittura del settembre 1993 faceva riferimento ad una concessione edilizia ormai scaduta, prevedendosi che i lavori dovessero avere immediato inizio. Trattasi di previsione che quindi ha ad oggetto opere abusive e che implica la nullità del contratto, atteso che il rilascio della concessione deve precedere la stessa stipula del contratto di appalto.
Il secondo motivo denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto erroneamente la Corte d’Appello ha affermato che i lavori furono eseguiti in data successiva al rilascio della nuova concessione edilizia del 15/11/1994, in evidente contrasto con tutte le risultanze istruttorie, dalle quali invece emergeva, attesa anche la non contestazione degli attori, che i lavori ebbero immediato inizio, e che comunque furono in parte eseguiti in epoca anteriore al secondo titolo concessorio.
Il terzo motivo denunzia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, osservandosi che, sempre in relazione alla data di esecuzione dei lavori per effetto dell’appalto concluso, ed al fine di affermare che i lavori erano stati posti in essere prima del rilascio della seconda concessione, la Corte distrettuale non aveva tenuto conto di quanto previsto in contratto, ove si prevedeva che i lavori sarebbero iniziati subito, del tenore delle deposizioni testimoniali, in quanto gli stessi testi addotti dagli attori avevano riferito che il F. aveva iniziato la realizzazione del fabbricato prima del 15/11/1994, nonché dei provvedimenti del 29/10/1993, con il quale il Sindaco di (omissis) aveva sospeso i lavori, e dell’ordinanza dello stesso Sindaco del 3/2/1994, con la quale era stata ordinata la demolizione delle opere analiticamente individuate, ed aggiuntive rispetto a quelle già poste in essere in data anteriore alla prima scrittura intercorsa tra le parti.
Da tali elementi si ricava in maniera inequivoca che i lavori furono intrapresi dal F. ancor prima del rilascio della concessione del novembre 2004, risultando quindi priva di fondamento l’affermazione dei giudici di appello secondo cui i lavori furono svolti in esecuzione di provvedimenti di concessione già rilasciati al momento della seconda e terza scrittura.
3. I motivi, attesa la loro evidente connessione, devono essere esaminati congiuntamente.
In tema di appalto avente ad oggetto immobili privi di concessione edilizia, ritiene il Collegio di dover fare rinvio alla propria costante giurisprudenza che a più riprese ha affermato che (cfr. Cass. n. 20301/2012) il contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di un’opera senza la prescritta concessione edilizia è nullo per illiceità dell’oggetto e la nullità impedisce al contratto di produrre i suoi effetti sin dall’origine, senza che rilevi l’eventuale ignoranza delle parti circa il mancato rilascio della concessione, ignoranza comunque inescusabile, attesa la grave colpa di ciascun contraente, che avrebbe potuto verificare, con l’ordinaria diligenza, la reale situazione del bene dal punto di vista amministrativo (conf. Cass. n. 4015/2007 che ribadisce che trattasi di nullità che impedisce sin dall’origine al contratto di produrre gli effetti suoi propri e ne impedisce anche la convalida ai sensi dell’art. 1423 c.c.; Cass. n. 13969/2011).
In linea con questo orientamento, si è altresì affermato che (cfr. Cass. n. 2884/2002) trattandosi di contratto nullo, ex artt. 1346 e 1418 c.c., avendo un oggetto illecito per violazione delle norme imperative di cui della Legge Urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 artt. 31 e 41 e della L. 6 agosto 1967, n. 765, artt. 10 e 13, la nullità permane ancorché sopraggiunga ad esso condono edilizio, in quanto la nullità, una volta verificatasi, anche se non ancora dichiarata, impedisce sin dall’origine al contratto di produrre gli effetti suoi propri.
All’ipotesi di appalto avente ad oggetto lavori privi di concessione, può assimilarsi anche quella avente ad oggetto lavori relativi ad una concessione ormai priva di efficacia (cfr. Cass. n. 4640/2009, a mente della quale, l’ipotesi di costruzione eseguita in base ad una concessione edilizia successivamente annullata non è assimilabile a quella di costruzione realizzata dopo la decadenza dell’originaria concessione per mancato rispetto del previsto termine di inizio dei lavori, dal momento che la L. n. 724 del 1994, art. 39, comma 1, il quale consente nella prima ipotesi di condonare abusi edilizi per volumetrie eccedenti i limiti fissati dalla medesima disposizione, è norma eccezionale e quindi non suscettibile di applicazione analogica, in quanto volta a tutelare l’affidamento di chi ha costruito presupponendo l’esistenza di un titolo che a ciò lo legittimava).
Sfugge alla conclusione della nullità, alla luce dei più recenti approdi di questa Corte, l’ipotesi in cui (cfr. Cass. n. 3913/2009) la concessione sia rilasciata dopo la data di stipula del contratto ma, comunque, prima della realizzazione dell’opera, non essendo conforme alla “mens legis” la sanzione di nullità comminata ad un contratto il cui adempimento, in ossequio al precetto normativo, sia stato intenzionalmente posposto al previo ottenimento della concessione o autorizzazione richiesta, e potendosi tale contratto considerare sospensivamente condizionato, in forza di presupposizione, al previo ottenimento dell’atto amministrativo mancante al momento della stipulazione.
Alla luce di tale precedente è quindi possibile affermare che sia valido il contratto ove le parti condizionino la stessa esecuzione dei lavori al previo rilascio di un provvedimento autorizzativo, che funge da presupposizione della sua efficacia.
I giudici di appello si sono limitati ad affermare che in realtà i lavori sarebbero stati tutti eseguiti dopo il rilascio di una nuova concessione, senza in alcun modo peritarsi di pervenire ad un’interpretazione della volontà delle parti finalizzata appunto alla riconduzione dell’efficacia del contratto al previo rilascio del provvedimento concessorio.
Tuttavia l’affermazione concernente la data di realizzazione dei lavori in epoca successiva al rilascio del nuovo provvedimento abilitativo dell’attività edilizia appare smentita dalle stesse affermazioni dei controricorrenti i quali riconoscono che almeno i muri paraterra furono immediatamente realizzati dal F., sebbene con il dissenso degli attori, i quali, a loro dire, pretendevano che fosse prima rilasciata una nuova concessione edilizia.
Ad avviso del Collegio l’affermazione secondo cui le parti intendevano in realtà subordinare l’efficacia del contratto al rilascio della concessione non trova riscontro nell’effettivo contenuto della decisione gravata, e presupponeva a monte un’attività di interpretazione del contratto che doveva essere svolta dal giudice di merito e che non è dato ora compiere da parte di questa Corte.
Ad avviso del Collegio il convincimento invece espresso dalla sentenza impugnata, per il quale i lavori sono stati tutti posti in essere dopo il rilascio della concessione del 1994, con la conseguente validità della scrittura originaria, costituisce un’affermazione non condivisibile, risultando meritevole di accoglimento la denuncia di omesso esame di fatti decisivi e l’erroneo apprezzamento della non contestazione.
In tal senso vi sono numerosi elementi fattuali che non sono stati minimamente presi in considerazione dai giudici di appello che depongono per l’esecuzione di lavori anche in epoca anteriore al rilascio della nuova concessione (si pensi alla previsione di immediato inizio dei lavori di cui alla prima scrittura, alle deposizioni dei testi che hanno riferito di lavori immediatamente eseguiti dall’appaltatore, sebbene con il dissenso dei committenti, all’adozione di provvedimenti di sequestro adottati dall’autorità comunale sul presupposto dell’assenza di provvedimento autorizzativo), sicché l’omessa considerazione di tali elementi si è riflessa anche in una violazione delle regole in tema di nullità dei contratti di appalto aventi ad oggetto immobili privi di titolo edificatorio.
La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Potenza in diversa composizione, la quale dovrà rivalutare l’effettiva volontà delle parti in relazione alla prima scrittura intervenuta tra le parti quanto all’incidenza dell’effettivo rilascio del provvedimento concessorio, e ciò per quanto attiene alle sole opere eseguite tra la prima scrittura del settembre 1993 e la seconda scrittura.
4. Al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’Appello di Potenza in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
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