CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 20 luglio 2018, n. 19342
INPS – Recupero di contributi agricoli – Incertezza del credito contributivo – Quantificazione
Rilevato
che con sentenza del 30 giugno- 1 settembre 2016 numero 1995 la Corte d’Appello di Bari riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e per l’effetto rigettava l’opposizione proposta dalla società Azienda Agricola G.V. e F. Srl avverso la cartella esattoriale notificata per il recupero di contributi agricoli dovuti negli anni 2000-2005 (€ 116.693,67);
che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che il recupero della contribuzione derivava dai dati contenuti nelle denunce trimestrali della manodopera agricola presentate dalla società (modelli DMAG), in assenza di ogni discrezionalità dell’Inps nella determinazione dell’importo della contribuzione; la società opponente avrebbe dovuto contestare in maniera puntuale l’obbligazione contributiva mentre si era limitata a contestare genericamente la pretesa dell’INPS ed ad richiedere la prova del credito, gravante a carico dell’Ente;
che avverso la sentenza ha proposto ricorso la società Azienda Agricola G.V. e F., articolato in un unico motivo, cui l’INPS, anche quale procuratore speciale di SCCI spa, ha opposto difese con controricorso; EQUITALIA ETR spa è rimasta intimata;
che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’udienza ai sensi dell’articolo 380 bis codice di procedura civile;
che la società ricorrente ha depositato memoria
Considerato
che con l’unico motivo la società ricorrente ha dedotto — ai sensi dell’articolo 360 numero 5 cod.proc.civ. omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti — nonché — ai sensi dell’articolo 360 numero 3 cod.proc.civ. — violazione e falsa applicazione degli articoli 442 e seguenti e 645 codice di procedura civile.
Ha dedotto che nel giudizio di opposizione a cartella esattoriale ciascuna parte era tenuta ad ottemperare agli oneri di allegazione a suo carico, in relazione alle rispettive posizioni sostanziali: affinché il suo contegno processuale, come parte opponente, potesse integrare l’omessa contestazione dei fatti addotti dalla parte opposta era indispensabile che quest’ultima avesse previamente assolto al suo onere di allegazione.
Nella fattispecie di causa con la opposizione era stata dedotta l’incertezza del credito contributivo, con particolare riguardo ai criteri adottati per la sua quantificazione; l’Inps non aveva assolto al proprio onere di allegazione e prova, in quanto la causale della pretesa era incomprensibile e priva di motivazione (con conseguente nullità della cartella). Tanto nella memoria difensiva di primo grado che con l’atto di appello l’Istituto si era limitato ad assumere che la cartella conteneva una specifica individuazione della pretesa iscritta a ruolo e che il credito posto in riscossione era stato quantificato in relazione alla base imponibile di cui alle denunce della stessa parte opponente; non aveva, dunque, chiarito come fosse stata calcolata la pretesa creditoria. L’opponente aveva contestato di avere denunciato un numero di giornate lavorative corrispondente alle somme indicate in cartella ed aveva impugnato le modalità di calcolo di contributi, sanzioni ed interessi. L’INPS aveva calcolato la contribuzione sul salario medio convenzionale anziché sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai lavoratori.
Si trattava di fattispecie in cui il contribuente non era in grado di conoscere i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa, in quanto la materia della contribuzione agricola era soggetta a continue modifiche, in materia di sgravi fiscali, fiscalizzazioni, rinvii, esoneri di pagamento, dilazioni, condoni. L’INPS, ereditate le funzioni dello SCAU, inoltre, non aveva provveduto ad aggiornare in modo puntuale gli estratti conto delle aziende agricole, che notoriamente erano compilati in maniera superficiale ed errata.
che ritiene il Collegio il ricorso debba essere dichiarato inammissibile;
che, infatti, parte ricorrente solleva in questa sede tanto questioni inerenti a vizi formali della cartella esattoriale ed, in particolare la nullità della cartella per difetto assoluto di motivazione (si veda dalla pagina 8 del ricorso, primo capoverso, alla pagina 11), che questioni sostanziali, quali la prescrizione dei contributi, l’errore del calcolo, l’erronea applicazione da parte del giudice dell’appello ai fini della prova del credito del principio di non contestazione.
Orbene, quanto ai vizi di carattere formale, appare assorbente la statuizione della sentenza impugnata (che neppure è oggetto di censura) secondo cui i vizi ed eccezioni di natura formale non sono rilevabili nella sede d’appello ma in quella, diversa ed assoggettata ad altro regime di impugnazione, della opposizione agli atti esecutivi (pagina 6 della sentenza, in principio).
Quanto agli aspetti di natura sostanziale, con il ricorso la parte, piuttosto che contestare specifiche statuizioni della sentenza d’appello, come necessario nella presente sede, devolve in via diretta a questa Corte I’esame di merito, peraltro anche su questioni non trattate nella sentenza gravata, come la prescrizione dei contributi.
Per la parte in cui il ricorso coglie le statuizioni della sentenza — ovvero là dove la società ricorrente assume di avere idoneamente contestato la pretesa dell’INPS — la inammissibilità del ricorso consegue, invece, al difetto di specificità.
La parte ricorrente non indica — neppure per sintesi — né localizza le deduzioni con le quali nell’originario ricorso in opposizione alla cartella esattoriale essa opponente aveva contestato il credito dell’INIPS, al fine di consentire a questa Corte di verificare se la contestazione. fosse (o meno) del tutto generica, come statuito dalla sentenza impugnata.
La censura, dunque, non è idonea a porre in discussione l’accertamento, contenuto in sentenza, secondo cui il computo dei contributi derivava in via automatica dai dati comunicati dalla stessa società opponente.
che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso può essere definito con ordinanza in camera di Consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ.
che le spese di giudizio, liquidate in disposiivo, seguono la soccombenza;
che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1 co. 17 L. 228/2012 (che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata,
P.Q.M.
Dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed € 3.700 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.
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