COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE PER LA SICILIA sentenza n. 204 sez. 7 depositata il 15 gennaio 2018
Il Contribuente XXXXXX, ex dipendente Enel, proponeva istanza all’Agenzia delle Entrate di Enna al fine di ottenere il rimborso delle ritenute fiscali, ammontanti a complessivi euro 1.160,00 operate dall’Istituto Nazionale di Previdenza (INPS) sulla pensione dello stesso a titolo di IRPEF ex art. 23 del dpr 600 del 1973, relative al controvalore dell’agevolazione tariffaria sui consumi di energia elettrica praticatagli dall’ex datore di lavoro per gli anni dal 2004 al 2007.
A sostegno del proprio ricorso il Contribuente rilevava che l’agevolazione in parola non costituiva reddito di lavoro dipendente o assimilato atteso che non intercorreva (ex art. 51 comma 1 del TUIR) tra beneficiario ed Enel spa un rapporto di lavoro dipendente. Il Contribuente impugnava quindi il silenzio rifiuto dinnanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Enna ribadendo la propria richiesta di rimborso.
La Commissione Tributaria adita, sezione I, con sentenza n. 818/01/14 del 27 giugno 2014, rigettava il ricorso del Contribuente.
I primi Giudici argomentavano la propria decisone osservando preliminarmente che “…11 ricorrente è un dipendente Enel a riposo, il quale continua a godere dello stesso prezzo di favore sul consumo di energia di quando era in servizio.
Egli assume che il beneficio, essendo cessato il rapporto di lavoro, non ha più ragion d’essere tassato, non potendo esso qualificarsi reddito imponibile da lavoro dipendente…”. (pag. 2 sentenza di 1 grado).
Nel merito rilevavano quindi che “…l’art. 48, comma 2 lettera O del TU1R, il quale chiarisce che tali benefici (fringe benefit), connessi all’esistenza del rapporto di lavoro hanno natura remuneratoria e concorrono alla formazione del reddito di lavoro imponibile, con l’ad. 48 comma 2 dello stesso Testo Unico, il quale equipara le pensioni ai redditi da lavoro dipendente…”(pag. 2 sentenza di I grado).
Il Contribuente ha quindi impugnato tale sentenza eccependo che lo
sconto sul prezzo di energia elettrica può essere “mercede
remunerativa” solo in presenza di un sottostante rapporto di lavoro; la struttura giuridica dell’art. 51 del TUIR si innerva sullo status del lavoratore subordinato; che l’espressione contenuta nel primo comma dell’art. 51 “in relazione al rapporto di lavoro” non può avere effetti ultronei; che nessuna norma legittima l’equiparazione tra dipendente e pensionato.
Conclude per l’accoglimento dell’appello e la riforma del primo giudicato.
L’Agenzia delle Entrate di Enna ha versato in atti proprie controdeduzioni ed appello incidentale.
Con appello incidentale rileva che la prima Commissione non si è pronunciata sull’eccezione preliminare di decadenza relativamente all’anno 2004 invocando in tal senso l’art. 38 del dpr 602 del 1973. La controversia veniva quindi sottoposta all’esame di questo Collegio nel corso dell’udienza del 18 dicembre 2017.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A prescindere dai profili di inammissibilità emergenti dall’esame del testo del gravame, nel merito l’appello in esame non è fondato su argomentazioni di pregio giuridico e pertanto va rigettato.
- Osserva preliminarmente il Collegio che l’art. 53 del d.lvo 546 del 1992 dispone che l’appello deve indicare a pena di inammissibilità i “motivi specifici di impugnazione”.
L’indicazione di specifici motivi di impugnazione costituisce un requisito essenziale dell’atto di appello, posto che la relativa funzione è quella di indicare con esattezza i limiti della devoluzione.
A tal fine l’atto deve essere formulato con un grado di specificità tale da consentire di individuare i capi del provvedimento contestato nonché le ragioni di fatto e di diritto adottate per chiederne la loro eliminazione (Cassazione civile, sez. trib., 09/04/2009, n. 8640).
Va evidenziato inoltre che in tema di contenzioso tributario,
l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dall’art. 53 d.lg. 31 dicembre 1992 n. 546, non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza. (Cassazione civile, sez. trib., 26/01/2005, n. 1574).
Nella fattispecie che qui ci occupa il Contribuente con il proprio atto di gravame non rivolge alcuna censura al primo giudicato limitandosi preliminarmente ad una ricostruzione “storica” dei fatti di causa e ad una riproposizione dei motivi già esposti nel ricorso introduttivo, senza formulare censure specifiche alla sentenza di I grado.
L’appellante anche in questa sede, quindi, propone le stesse argomentazioni che aveva già esposto in sede di prime cure senza formulare specifiche censure nei confronti del primo giudicato.
In disparte tali profili rilevanti ex art. 53 del d.lo 546 del 1992, l’appello è nel merito infondato.
- La Parte contribuente, a sostegno delle proprie richieste, espone l’errata (a suo avviso) qualificazione giuridica delle somme
corrisposte dall’Enel anche agli ex dipendenti a titolo di riduzione
delle tariffe elettriche, sostenendo che l’imponibilità di tali emolumenti andrebbe esclusa nell’ipotesi in cui il rapporto di lavoro venga cessato.
Ritiene questo Collegio che la riduzione del costo dell’energia elettrica utilizzata dagli ex dipendenti Enel rappresenti una sorta di “compenso in natura” (ovvero fringe benefit) , in quanto tale sottoponibile a tassazione ex art. 51 (ex art. 48) del TUIR.
Tale norma individua come reddito da lavoro dipendente “… tutte le somme e i valori in genere a qualunque tutolo percepiti ne! periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al apporto di lavoro…”.
In tal senso va rilevato che lo sconto di che trattasi sul consumo dell’energia elettrica in favore degli ex dipendenti Enel viene applicato in virtù di una esplicita previsione contrattuale (CCM_ di comparto del 1979) rispetto ad un “tetto massimo” di consumo gratuito (o a prezzo agevolato) in favore dei dipendenti già in servizio alla data dell’ 1 agosto 1979, il cui diritto rimane “comunque” immutato anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro.
A parere di questo Collegio, quindi si tratta di erogazioni liberali (in quanto consistenti in uno sconto tariffario) che concorrono a formare il reddito complessivo da lavoro dipendente del soggetto qualora non superino l’importo di euro 258,23.
Per i superiori motivi l’appello proposto dal Contribuente è infondato e va rigettato.
3.- Con appello incidentale l’Amministrazione Finanziaria ha censurato la sentenza di primo grado nella parte in cui i Giudici di prime cure non si sono pronunciati sull’eccezione preliminare di decadenza relativamente all’anno 2004.
Rileva il Collegio che dall’esame del fascicolo di primo grado e della relativa sentenza, il Giudice di primo grado aveva preso atto della eccezione in parola e richiesta di inammissibilità per decadenza dei termini (cfr. sentenza I grado) ma non si è pronunciata sul punto. Osserva questo Collegio che l’art. 38 del dpr 602 del 1973 c. 2 dispone che “… l’istanza di cui al primo comma può essere presentata anche dal percipiente delle somme assoggettate a ritenuta entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data in cui la ritenuta è stata operata…”.
Nella fattispecie specifica che qui ci occupa e con riguardo alle ritenute poste in essere nel 2004, l’istanza di rimborso del 3 marzo 209 risulta essere stata proposta oltre il termine decadenziale previsto dal già citato art. 38.
Per le superiori argomentazioni l’appello incidentale
dell’Amministrazione Finanziaria è fondato e va accolto, con conseguente riforma, limitatamente al punto, della sentenza gravata oggi sottoposta al vaglio critico di questo Collegio.
Le spese di entrambi i gradi seguono la soccombenza e vengono liquidiate come da dispositivo.
P.Q.M.
Accoglie l’appello incidentale dell’Amministrazione Finanziaria ed in parziale riforma della sentenza di primo grado impugnata dichiarata inammissibile la richiesta di rimborso delle ritenute operate con riferimento al 2004.- Rigetta l’appello del Contribuente.
– Conferma per il resto l’impugnata sentenza.
- Condanna l’appellante alle spese di entrambi i gradi di giudizio che liquida in complessivi euro 1.000,00 (mille/00) di cui euro 400,00 per il primo grado ed euro 600,00 per il presente grado, in favore dell’Amministrazione Finanziaria appellata.
- In relazione al rigetto dell’appello si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater DPR n. 115/2002.
Caltanissetta, 18 dicembre 2017
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