Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 805 depositata il 11 gennaio 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ DELL’AMMINISTRATORE UNICO – ADEGUATA INFORMAZIONE – RISCHI PER LA SALUTE E PER LA SICUREZZA DEL LAVORO
Fatto
1. Con sentenza del Tribunale di Castrovillari in data 14/09/2015, F.T. fu condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di 4.000 euro di ammenda in quanto riconosciuto colpevole dei reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 81, cpv. cod. pen., 55, comma 5, lett. e) per violazione all’art. 18, comma 1, lett. g), nonché 55, comma 5, lett. c) per violazione all’art. 36, commi 1 e 2 del D.lgs. n. 81 del 2008 per avere, nella sua qualità di amministratore unico della società I. S.r.l., omesso di sottoporre a sorveglianza sanitaria i lavoratori A.C. e F.M. e di provvedere affinché gli stessi ricevessero un’adeguata informazione sui rischi per la salute e la sicurezza del lavoro; fatti accertati in Santa Sofia d’Epiro in data 24/06/2010.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso lo stesso F.T. a mezzo del difensore fiduciario, avv. OMISSIS, deducendo tre distinti motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
2.1. Con il primo di essi, il ricorrente lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. B), cod. proc. pen., l’inosservanza o erronea applicazione della legge processuale penale in relazione agli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., per avere la sentenza valutato la responsabilità dell’imputato in relazione alle omissioni compiute nei confronti di T.S., laddove l’imputazione faceva invece riferimento ai lavoratori A.C. e F.M., cosicché la condanna avrebbe riguardato fatti diversi da quelli contestati.
2.2. Con il secondo motivo, F.T. censura, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. B) cod. proc. pen., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale, per avere la sentenza condannato l’imputato nonostante che l’omissione delle informazioni di sicurezza sia stata esclusa dal teste A.C.. Sotto altro profilo, si opina che la condotta di cui all’art. 18, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 81 del 2008, relativa all’omessa sottoposizione ad accertamenti sanitari dei lavoratori, sarebbe stata ormai depenalizzata ex art. 2, comma 3, della legge n. 67 del 2014.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., la violazione dell’art. 157 cod. pen. per essersi il reato di cui agli artt. 36 e 55 del d.lgs. 81/2008 ormai estinto per prescrizione.
3. Con memoria depositata in data 28/04/2017, la difesa di F.T. ha presentato motivi aggiunti. In particolare, oltre a ribadire le doglianze già dedotte, il ricorrente, sviluppando una censura già enunciata nel secondo motivo del ricorso introduttivo, lamenta la illegittimità della condanna al risarcimento dei danni in favore della parte civile, laddove i reati contestati riguarderebbero altri due soggetti, ovvero i soli A.C. e F.M..
Diritto
1. Il ricorso è parzialmente fondato e, pertanto, deve essere accolto per quanto di ragione.
2. Preliminarmente giova rilevare che in materia di prevenzione degli infortuni ai danni dei lavoratori, la condotta del datore di lavoro che non adempia agli obblighi di informazione, formazione e addestramento, espressamente formulati dagli artt. 36, commi 1 e 2, 37, commi 1, 7, 9 e 10, d.lgs. 81/2008, rientra fra i fatti di reato puniti ai sensi dell’art. 55, comma 5, lettera c), dello stesso decreto legislativo. Infatti, le modifiche apportate al citato art. 55 del d.lgs. 106/2009 – e, in particolare, la soppressione del preesistente rinvio all’art. 18, comma 1, lett. I), che reca una generica enunciazione degli obblighi in materia gravanti sul datore di lavoro – non incidono sulla continuità normativa esistente tra il combinato disposto degli artt. 89, comma 1, e 22, comma 1, del d.lgs. 626/1994 e il richiamato art. 55, comma 5, lett. c), per quanto attiene alla configurazione del tipo di illecito riguardante gli obblighi datoriali di informazione e formazione nei confronti dei lavoratori (Sez. 3, n. 3898 del 23/11/2016, dep. 27/01/2017, Colleoni, Rv. 269070; per l’opinione difforme, qui non condivisa, v. Sez. 3, n. 3145 del 11/12/2013, dep. 23/01/2014, Dal Sasso, Rv. 258382).
E ad analoga soluzione deve pervenirsi con riferimento al reato previsto dall’art. 18, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 81 del 2008, relativo all’omessa sottoposizione ad accertamenti sanitari dei lavoratori. Secondo la tesi difensiva, tale fattispecie sarebbe stata, ormai, depenalizzata ex art. 2, comma 3, della legge n. 67 del 2014. Tuttavia, tale prospettazione omette di considerare che l’art. 2, comma 1, lett. a) n. 4 della legge 28 aprile 2014, n. 67 esclude, espressamente, dalla depenalizzazione i reati in materia di “salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”. Pertanto, la relativa doglianza è manifestamente infondata.
3. Tanto premesso, venendo al merito dell’impugnazione, rileva il Collegio che, diversamente da quanto dedotto con il primo motivo di ricorso, la sentenza gravata ha fornito adeguata motivazione in relazione alle condotte di mancata sottoposizione alla sorveglianza sanitaria e di omessa informazione sui rischi per la salute e la sicurezza poste in essere nei confronti di A.C. e di F.M. e non, come invece si assume dalla difesa, nei confronti del solo T.S.. Il giudice di prime cure, infatti, ha puntualmente sottolineato, attraverso il riferimento, in particolare, alla testimonianza dell’ispettore del lavoro E. P., autore del primo accesso in azienda, compendiato nel verbale di accertamento n. 123/08 del 20/09/2010, come in occasione dei controlli fosse stato riscontrato che per alcuni lavoratori, tra i quali anche i ricordati A.C. e F.M., non risultasse alcuna documentazione relativa alla sorveglianza sanitaria, esibita solo successivamente, una volta impartite le prescrizioni, senza che peraltro la stessa fosse sottoscritta dai lavoratori (v. dichiarazioni del teste A. all’udienza del 14/07/2014); e come, nello stesso frangente, non fosse disponibile alcuna attestazione dell’adempimento degli obblighi di formazione e informazione.
Dunque, il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto palesemente smentito dal contenuto della motivazione della sentenza.
4. Ad analoga conclusione deve, poi, pervenirsi con riferimento al secondo motivo di ricorso, nella parte in cui la difesa di F.T. ha richiamato le dichiarazioni rese dal teste A.C., il quale avrebbe escluso l’omissione delle informazioni di sicurezza. Anche a questo proposito, infatti, deve osservarsi che la sentenza ha puntualmente argomentato in relazione alle ragioni che hanno indotto il primo giudice a concludere per la palese inattendibilità di tale deposizione (v. foglio 7 della sentenza, ove si è sottolineato come A.C., non assunto all’epoca dell’accertamento, fosse stato, invece, assunto, al momento della sua escussione, con un regolare contratto di lavoro e come tale circostanza lo rendesse inattendibile); valutazione, quella sulla attendibilità del testimone, tipicamente appartenente al giudice di merito e che, in quanto congruamente motivata, si sottrae a qualunque sindacato da parte del giudice di legittimità.
5. Manifestamente infondata è, ancora, la dedotta eccezione di prescrizione formulata in relazione a tutte le contravvenzioni contestate. Infatti, la prospettazione difensiva non tiene conto dei numerosi eventi sospensivi occorsi durante il presente procedimento, per un totale di 158 giorni (e segnatamente dal 15/12/2014, in misura pari a 60 giorni, per impedimento del difensore; dall’8/06/2015 al 14/09/2015, per 98 giorni, a seguito di istanza del difensore), sicché deve escludersi che, alla data della pronuncia della sentenza impugnata, fosse maturato il relativo termine di prescrizione, la cui relativa scadenza, proprio per effetto dei cennati eventi sospensivi, doveva ritenersi individuata al 29/11/2015.
5. Fondato è, invece, il motivo relativo alla condanna al risarcimento del danno nei confronti di T.S..
Pur dovendo condividersi la premessa assunta dal primo giudice in ordine alla legittimazione all’azione civile del danneggiato e non del solo soggetto passivo del reato, deve tuttavia escludersi qualunque rapporto etiologico tra i reati contestati all’odierno imputato e il danno cagionato allo stesso T.S..
Secondo quanto, infatti, è dato rilevare sia dall’imputazione, sia dalla descrizione dei fatti contenuta in sentenza, oggetto del presente giudizio è l’omissione, ascritta a F.T. nella sua qualità di amministratore unico della società I. S.r.l., concernente sia la sottoposizione a sorveglianza sanitaria dei soli A.C. e F.M., che lavoravano, peraltro irregolarmente alle dipendenze della predetta azienda, sia l’erogazione di un’adeguata informazione sui rischi per la salute e la sicurezza dei lavoro a beneficio degli stessi lavoratori. Rispetto a tali specifiche condotte è di tutta evidenza, a parere di questo Collegio, l’assenza di qualunque collegamento, sul piano causale, con le lesioni patite da T.S. e con le conseguenti pretese risarcitorie vantate dallo stesso.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio in relazione alla condanna dell’imputato al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita, la quale, pertanto, deve essere eliminata ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. I) cod. proc. pen.. Nel resto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle disposizioni civili, che elimina. Dichiara inammissibile, nel resto, il ricorso.
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