Corte di Cassazione sentenza n. 8374 depositata il 4 aprile 2018
LAVORO – RAPPORTO DI LAVORO – SICUREZZA SUL LAVORO – INFORTUNIO SUL LAVORO – RESPONSABILITA’ DEL DATORE DI LAVORO – ONERE DELLA PROVA – NESSO CAUSALE – NON SUSSISTE
Fatto
PREMESSO IN FATTO
– che con sentenza n. 6527/2012, depositata il 16 agosto 2012, la Corte di appello di Roma, in accoglimento del gravame di G.D., ha riformato la sentenza di primo grado, con cui il Tribunale di Roma ne aveva rigettato la domanda di condanna della datrice di lavoro Poste Italiane S.p.A. al risarcimento dei danni subiti in relazione all’infortunio verificatosi il (OMISSIS), allorquando il G., nel corso di attività ispettiva nell’Ufficio postale di (OMISSIS), nel sedersi su una sedia priva di schienale, era caduto pesantemente a terra; e condannato la società, previa consulenza medico – legale, al pagamento di Euro 7.430,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale;
– che a sostegno della propria decisione, e per quanto di interesse ai fini della presente impugnazione, la Corte di appello ha ritenuto sussistente la responsabilità del datore di lavoro, sul rilievo che nel locale, ove il G. stava svolgendo la sua attività al momento del sinistro, non vi erano altre sedie disponibili, se non quella da cui era caduto, peraltro priva dello schienale; ha escluso, d’altra parte, che il lavoratore avesse realizzato una condotta anomala ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo, così da porsi quale causa esclusiva dell’evento, dovendosi valutare l’essersi piegato all’indietro come un movimento del tutto normale quando ci si trovi su una sedia;
– che avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Poste Italiane S.p.A. con due motivi, cui ha resistito il G. con controricorso.
Diritto
RILEVATO I DIRITTO
– che con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte fondato le proprie conclusioni, in violazione dell’art. 2087 c.c., su un concetto di responsabilità del datore di lavoro oggettiva e sostanzialmente assoluta e su una lettura della norma tale da esonerare il lavoratore da qualsiasi tipo di prova, essendo lo stesso, nella prospettiva del giudice di appello, tenuto unicamente ad allegare in ricorso una condotta integrante un inadempimento colpevole a fronte dell’onere, gravante sulla parte datoriale, di fornire la prova rigorosa della riconducibilità dell’infortunio a causa ad essa non imputabile, coincidente con la dimostrazione della presenza di una causa estranea di per sè sola sufficiente a determinare l’evento dannoso;
– che con il secondo motivo la società censura la sentenza per insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, non avendo la Corte di appello chiarito perchè dovesse escludersi un comportamento anomalo ed imprevedibile nell’azione del G. consistita nel piegarsi all’indietro dopo avere scelto di utilizzare una seduta palesemente mancante dello schienale;
osservato:
– che è fondato, e deve essere accolto, il secondo motivo di ricorso;
– che al riguardo si deve premettere che la sentenza impugnata ha accertato, sulla base delle risultanze dell’attività istruttoria svolta in grado di appello, come il lavoratore si fosse trovato nella necessità di “utilizzare una poltroncina con le rotelle alla quale però mancava lo schienale e dalla quale, dopo essersi piegato all’indietro, cadde pesantemente a terra”, traendo da tale accertamento in punto di fatto la conclusione che era da escludersi “una qualsiasi responsabilità” del prestatore di lavoro, nella considerazione che egli si era “limitato ad utilizzare in modo normale l’unica sedia disponibile”: in particolare, il G. – ha rilevato ancora la Corte territoriale – “non aveva certo posto in essere una condotta del tutto atipica ed eccezionale rispetto al procedimento lavorativo”, e cioè una condotta idonea in via esclusiva ad interrompere il nesso di causalità fra il comportamento datoriale e l’evento, “dovendosi considerare l’essersi piegato all’indietro come un movimento del tutto normale allorquando ci si trova su una sedia” (cfr. sentenza, pp. 4-5);
– che su tali premesse la sentenza impugnata non si sottrae alla critica che, con il motivo in esame, le viene rivolta dalla società ricorrente, non chiarendo anzitutto le ragioni che, sul piano logico – formale, porterebbero a convalidare l’apprezzamento di “normalità” del movimento del piegarsi all’indietro, all’atto e nel momento del disporsi all’utilizzo di una seduta pur mancante di schienale; nè, d’altra parte, e più in generale, offrendo una ricostruzione precisa e compiuta della dinamica dell’infortunio, tanto sotto il profilo delle modalità assunte dal movimento posto in essere dal lavoratore, come sotto il profilo delle cause della rovinosa caduta a terra che ad esso sarebbe conseguita secondo un nesso diretto di causa/effetto, dovendo tale indagine comprendere i particolari costruttivi del sedile e la sua collocazione nello spazio circostante;
– che nell’accoglimento del motivo esaminato il primo resta assorbito;
ritenuto:
pertanto che – accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo – l’impugnata sentenza n. 6527/2012 della Corte di appello di Roma deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio, alla medesima Corte in diversa composizione, la quale procederà alla rivalutazione della condotta del lavoratore, alla luce di quanto sopra precisato e di un esame complessivo delle circostanze del caso concreto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma in diversa composizione.
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