CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 novembre 2018, n. 29364
Inps – Cartella di pagamento – Contributi per maternità – Applicabilità della riduzione contributiva
Rilevato che
la Corte di appello di Milano, per quanto qui ancora di interesse, decidendo sull’appello avverso la sentenza del Tribunale della stessa città n. 504 del 2009 proposto da A.R.E. s.p.a., ha dichiarato non dovuti i contributi per maternità e le relative sanzioni richiesti in favore dell’Inps con cartella di pagamento n. 06820070374226139000, confermando nel resto la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione alla cartella con riguardo alla richiesta di annullamento dei contributi per CIGO, Clgs, mobilità disoccupazione involontaria e CUAF compensando tra le parti le spese del giudizio di appello; avverso la sentenza ha proposto ricorso A.R.E. s.p.a., in cui ha articolato dieci motivi cui ha resistito l’Inps con controricorso, mentre Equitalia Esatri s.p.a., ora Equitalia Nord s.p.a. è rimasta intimata; successivamente, nelle more della fissazione dell’udienza in data 17.5.2017, la società ha depositato atto di rinuncia al ricorso notificato alle controparti;
nei confronti della medesima sentenza l’Inps ha proposto separato ricorso, rubricato al medesimo numero di questo procedimento, formulando un unico motivo che denuncia la violazione degli artt. 78, comma 1, e 79 d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, cui A.R.E. s.p.a. ha resistito con controricorso mentre Equitalia Esatri s.p.a. è rimasta intimata;
Considerato che
la rituale rinuncia al ricorso da parte di A.R.E. s.p.a., ai sensi degli artt. 391 e 392 cod.proc.civ., determina l’estinzione del processo dalla stessa proposto, quanto ai motivi ivi fatti valere, con definitiva conferma delle relative statuizioni della sentenza di merito impugnata e si dovrebbe disporre la compensazione delle spese atteso che la rinuncia è motivata dalla accettazione dei contenuti della consolidata giurisprudenza di legittimità contraria ai motivi di ricorso intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso;
occorre, tuttavia, procedere all’esame del ricorso proposto dall’Inps avverso la medesima sentenza della Corte d’appello di Milano;
quanto a tale ricorso proposto dall’INPS, infatti, questa Corte di cassazione (Cass. n. 5695 del 20 marzo 2015; n. 26662 del 2005) ha affermato che il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 cod. proc. civ., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi anche laddove si intenda proporre impugnazione contro una parte non impugnante o avverso capi della sentenza diversi da quelli oggetto della già proposta impugnazione;
il ricorso dell’INPS, dunque, va qualificato come ricorso incidentale tempestivo ai sensi dell’art. 333 cod. proc. civ. ed è ammissibile in quanto, oltre che proposto nel rispetto del termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ., risulta depositato l’8 luglio 2013, nel rispetto del termine di 40 gg. dalla notifica del ricorso principale avvenuta il 30 maggio 2013; in ordine a tale ricorso, la rinunzia al ricorso principale ritualmente proposta dalla Società A.R.E. s.p.a. e la consequenziale dichiarazione di estinzione, per avvenuta rinuncia, del processo relativo al ricorso principale, non producono effetti proprio in quanto il ricorso dell’INPS risulta tempestivamente proposto ed esso si converte in ricorso principale (Cass. n. 15055 del 2005; n. 1795 del 1970);
ciò premesso, il ricorso dell’Inps è infondato e deve essere rigettato; questa Corte in numerose pronunzie ha chiarito che l’art. 78, comma 1 d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, prevede, a decorrere dal 1.1.2002, la riduzione degli oneri contributivi quale conseguenza della fiscalizzazione degli importi delle indennità di maternità erogate per eventi successivi al 10 luglio 2001 e per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza alcun riferimento all’aumento dell’aliquota contributiva dovuta al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui all’art. 3, comma 23, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
consegue l’applicabilità della riduzione contributiva anche sulle retribuzioni dei lavoratori che siano dipendenti da datori di lavoro privati e che, in forza di pregresse disposizioni legislative, abbiano optato per il mantenimento della posizione assicurativa presso l’INPDAP (cfr. tra le altre, Cass. nn. 8211 del 2014, 9593 del 2014, 7834 del 2014, 18455 del 2014, 14098 del 2014 e recentemente n. 24667 del 2015 e n. 312 del 2016);
è stato in particolare precisato che l’art. 78 d. lgs n. 151 del 2001, (in cui è stato trasfuso l’art. 49, commi 1, 4 e 11, legge n. 488/99), introduce la riduzione degli oneri contributivi quale conseguenza (“Conseguentemente’) della prevista messa a carico del bilancio statale (nei limiti indicati) degli importi delle prestazioni relative ai parti, alle adozioni e agli affidamenti intervenuti successivamente al luglio 2001 e per i quali è riconosciuta la tutela previdenziale obbligatoria, senza far quindi alcun riferimento all’aumento dell’aliquota contributiva dovuta al Fondo pensioni lavoratori dipendenti di cui all’art. 3, comma 23, legge n. 335/95; non può quindi condividersi l’assunto dell’INPS secondo cui la suddetta disposizione costituirebbe la disciplina di riferimento;
sotto il profilo testuale, inoltre, l’art. 79 d. lgs n. 151/01 stabilisce espressamente che il contributo, in attuazione della riduzione degli oneri di cui all’art. 78, è “dovuto dai datoti di lavoro […] sulle retribuzioni di tutti i lavoratori dipendenti”; la inequivoca dizione legislativa “tutti i lavoratori dipendenti” impedisce pertanto di accogliere l’opzione ermeneutica secondo cui la riduzione in parola non dovrebbe applicarsi per i lavoratori (dipendenti da datori di lavoro privati) che, per effetto di pregresse disposizioni legislative, abbiano optato per il mantenimento della propria posizione assicurativa presso l’Inpdap”(Cass. n. 18455 del 2014 cit.); in definitiva, dovendosi disporre sulle spese dell’intero giudizio di legittimità, dichiarato estinto il processo quanto ai motivi proposti dalla ricorrente A.R.E. s.p.a. e rigettato il ricorso dell’INPS, va tenuto conto della compensazione delle spese derivante dalla rinunzia al ricorso di A2A R. E. s.p.a. nella misura di tre quarti ed, in applicazione della regola della soccombenza, quanto al ricorso proposto dall’Inps, va disposta la condanna di quest’ultimo al pagamento della restante parte in favore della s.p.a. A2A Reti elettriche, nella misura liquidata in dispositivo; si deve dare atto che solo per l’INPS sussistono i presupposti per il versamento ex art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115/2002 dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
Dichiara estinto il processo proposto da A2A R.E. s.p.a.; rigetta il ricorso proposto dall’Inps; dichiara compensate per tre quarti le spese del giudizio di legittimità che liquida, nell’intero, in Euro 4000,00 oltre che in euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’INPS, ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13 (ndr comma 1 bis dello stesso art. 13).
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