CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 04 dicembre 2018, n. 31293
Tributi – Reddito d’impresa – Accertamento – Riscossione – Redditi da partecipazione
Rilevato che
– S. L., in proprio e in qualità di socio liquidatore della S.N.C. L. in liquidazione e G. L. in proprio e nella qualità di socio della medesima società, propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza di reiezione dell’appello avanzato nei confronti della decisione di primo grado che aveva respinto i ricorsi, riuniti, con cui erano stati impugnati tre avvisi di accertamento nei confronti della società L. per maggior reddito d’impresa IRAP e IVA nonché dei soci Stefano e G. L. per recupero a tassazione maggiori redditi di partecipazione, maggior Irpef, maggiore addizionale comunale e regionale Irpef;
– il ricorso è affidato a tre motivi;
– resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Considerato che
– con il primo motivo, società e soci deducono violazione o falsa applicazione dell’art. 21 DPR n. 633 del 1972,
– con il secondo motivo si denunzia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, nonché omessa motivazione in ordine alla prova fornita dai ricorrenti di aver dichiarato negli anni 2005 e 2006 interamente i redditi e/o ricavi percepiti dal contratto di appalto concorrenti alla formazione dell’imponibile;
– con il terzo motivo si censura la decisione impugnata per violazione degli artt. 3 e 6 del DPR n. 633 del 1972;
– i tre motivi, da scrutinarsi congiuntamente per l’intima connessione, sono inammissibili;
in virtù del principio di autosufficienza, infatti, il ricorso per cassazione deve, come noto, contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, sicché il ricorrente ha l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo preciso in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato, mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (ex plurimis, Cass. n. 14784 del 2015);
– nel caso di specie, da nessun elemento è consentito al giudice di legittimità evincere che le censure prospettate in sede di ricorso non rappresentino un novum inammissibile;
– parte ricorrente, infatti, sembra dedurre per la prima volta in sede di ricorso per cassazione di aver provveduto solo in un momento successivo (il riferimento è alla fattura n. 8 del 30/04/2009 che non risulta depositata negli altri gradi) a procedere ad una azione forzosa nei confronti della GMR che non aveva operato ili saldo delle cambiali emesse, essendosi limitata nel ricorso introduttivo ad affermare che l’omissione, commessa nel 2005, risultava sanata con la successiva emissione della fattura nel 2009);
– nessun elemento è stato addotto nel ricorso introduttivo da cui possa evincersi che fosse stata prodotta documentazione – ed in quale luogo essa sia rinvenibile – che consenta di arguire il mancato incasso;
– del pari nuove, in assenza di elementi in senso contrario contenuti nel ricorso, sembrano essere la deduzione concernente la circostanza che le cambiali costituissero esclusivamente una forma di garanzia di un futuro pagamento e quella concernente la connessa correlazione tra le cambiali in oggetto e il contratto d’opera con la GMR s.r.l.;
– con particolare riguardo, poi, ad elementi documentali rilevanti quali le scritture richiamate nel ricorso introduttivo a sostegno dell’asserito diligente adempimento ai propri obblighi legali in conformità al principio della competenza economica, – va rilevato che, qualora sia dedotta la omessa o viziata valutazione di documenti, deve procedersi ad un sintetico ma completo resoconto del loro contenuto, nonché alla specifica indicazione del luogo, appunto, in cui ne è avvenuta la produzione, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza sulla base del solo ricorso, senza necessità di fare rinvio od accesso a fonti esterne ad esso (sul punto, fra le più recenti, Cass. n. 5478 del 2018);
– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile;
– le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 2.300,00 oltre spese prenotate a debito.
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