CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 18 dicembre 2018, n. 32712
Inail – Premi evasi – Illegittimità dell’iscrizione a ruolo – Accertamento ispettivo
Rilevato che
la Corte d’Appello di Perugia, con sentenza n. 121/2012, ha respinto il gravame dell’I.N.A.I.L. avverso la pronuncia del Tribunale della stessa città, con cui era stata accolta, per violazione degli artt. 24, co. 1 e 3, d. Igs. 46/1999, l’opposizione a cartella esattoriale proposta da M. G. s.r.l., sul presupposto che l’ente avesse iscritto a ruolo il credito nel 2007, allorquando già dal novembre 2006 la società aveva introdotto un giudizio con cui si contestava l’accertamento ispettivo che aveva dato origine alla cartella; la Corte riteneva infondata la censura con cui l’ente lamentava che non fosse stata accolta la propria domanda riconvenzionale volta ad ottenere la condanna della M. per quella parte di credito, portato nella cartella, che non trovava fondamento nell’accertamento ispettivo già fatto oggetto di altra azione giudiziale in accertamento negativo;
in particolare la Corte affermava che il Tribunale avesse spiegato chiaramente in sentenza che la verifica della fondatezza della domanda riconvenzionale aveva attinenza al merito della questione, cui il primo giudice non era potuto pervenire a seguito dell’accoglimento dell’eccezione di illegittimità dell’iscrizione a ruolo, sicché l’inserimento cumulativo di due crediti diversi in un’unica cartella esattoriale comportava la perdita per l’I.N.A.I.L. di ottenere in questa sede almeno il pagamento della quota di credito non strettamente riguardante l’accertamento;
l’Inail ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo, poi illustrato da memoria, mentre la M. s.r.l. è rimasta intimata;
Considerato che
con il motivo di ricorso l’I.N.A.I.L. adduce la violazione dell’art. 24, co. 1 e 3 d. Igs. 46/1999, anche in relazione agli artt. 17 e 24 dello stesso decreto, nonché illogicità della motivazione (art. 360 nn. 3 e 5), per avere i giudici di merito definito il processo con il mero annullamento del ruolo, senza procedere, neppure per la parte di credito che era estranea all’accertamento già sub iudice, alla disamina di merito pur sollecitata dall’ente con domanda di condanna; il motivo è fondato;
l’I.N.A.I.L., nel contesto del ricorso per cassazione, ha precisato che i crediti azionati solo in parte (euro 17.906,34 per premi evasi negli anni 2003, 2004 e 2005 e relative sanzioni civili) erano oggetto di un antecedente giudizio di accertamento negativo ed ha altresì aggiunto che, nelle conclusioni del ricorso di appello, la domanda è stata limitata al riconoscimento del credito per le somme estranee a tale antecedente giudizio di accertamento, per tali intendendosi l’importo di euro 11.316,24 derivante dal mancato pagamento di una parte dell’autoliquidazione 2005-2006 con scadenza il 16.11.2006; così definito l’oggetto del contendere, è indubbia l’erroneità dell’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’inserimento cumulativo dei due crediti diversi in un’unica cartella impedirebbe all’INAIL di ottenere in questa causa almeno la pronuncia di merito sulla rata di premio del 2006; infatti, costituisce principio consolidato quello per cui «in tema di riscossione di contributi e di premi assicurativi, il giudice dell’opposizione alla cartella esattoriale che ritenga illegittima l’iscrizione a ruolo non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo» (Cass. 6 luglio 2018, n. 17858; Cass. 6 agosto 2012, n. 14149);
pertanto, se anche l’iscrizione a ruolo del credito sia da considerare illegittima per il disposto dell’art. 24, co. 3, cit., con relativo annullamento della cartella esattoriale, ciò non toglie che il giudizio debba chiudersi – a prescindere anche dalla non necessaria proposizione di domanda riconvenzionale – con una pronuncia di merito sulla sussistenza o meno del diritto azionato, destinata a confluire in una pronuncia di condanna, ove la pretesa dell’ente risulti in tutto o in parte fondata;
la censura, come detto, è stata peraltro mossa in sede di appello e poi di legittimità solo con riferimento ad una parte del credito (euro 11.316,24, per i titoli cui si è accennato sopra) ed è in tali limiti che essa deve essere accolta, rimettendo al giudice del rinvio al cognizione sul merito del corrispondente diritto;
sarà sempre il giudice del rinvio, ove effettivamente sussista un nesso rispetto alla causa di accertamento negativo avverso il verbale, a valutare se siano possibili o anche doverose forme di coordinamento (riunione ex art. 274 c.p.c.; sospensione ex art. 295 o 337 c.p.c. del giudizio pregiudicante etc.) nella trattazione dei due diversi giudizi;
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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