CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 dicembre 2018, n. 32405
Dichiarazioni reddituali – Modello Unico – Tributi – Accertamento – Termini di decorso – Proroga – Presupposti
Rilevato che
Con l’avviso di accertamento n. R3803A101248, notificato il 25.10.2005, l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Catania, sulla scorta di un p.v.c. redatto dalla Guardia di Finanza-Nucleo di P.T. in data 6.5.2002, rettificava la dichiarazione Modello Unico 2000 per l’esercizio 1999 della società C. & C. s.p.a., rideterminando il reddito imponibile ai fini Irpeg ed il valore della produzione netta ai fini Irap, accertando, altresì, maggiori ricavi imponibili ai fini Iva;
– la società contribuente impugnava il predetto avviso avanti alla CTP di Catania, che accoglieva il ricorso sulla base della intervenuta decadenza dall’accertamento a seguito del decorso del termine ex art. 43 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ritenendo insussistenti, nella specie, i presupposti per l’applicazione della proroga biennale ex art. 10 legge 27 dicembre 2002, n. 289;
– contro tale decisione interponeva appello l’Ufficio, che veniva dichiarato inammissibile dalla CTR della Sicilia con sentenza n. 153/34/11 pronunciata in data 4.10.2010 e depositata il 28.3.2011; i giudici di secondo grado, accogliendo l’eccezione sollevata dalla società appellata, rilevavano che l’appellante non aveva adempiuto, a fronte della contestazione della controparte, all’onere di provare in giudizio l’esistenza di una delega a proporre appello rilasciata in forma scritta al dirigente che aveva sottoscritto l’atto di impugnazione;
– avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato a due motivi;
si è costituita mediante controricorso la società contribuente, la quale ha depositato, altresì, memoria ex art.380-bis cod. proc. civ.
Il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto che
1. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, invocata dalla difesa della società contribuente in ragione del fatto che l’Agenzia, limitandosi a contestare la declaratoria di inammissibilità della CTR, non ha riproposto le altre domande ed eccezioni e deduzioni a sostegno della legittimità e fondatezza nel merito dell’atto impugnato, non esaminate dai giudici di appello.
Invero, secondo l’orientamento di questa Corte al quale il Collegio intende dare continuità, «la mancata riproposizione nel ricorso per cassazione delle argomentazioni esposte nell’atto di appello in relazione a motivi dichiarati assorbiti dal giudice di secondo grado non determina la definitività delle statuizioni del giudice di primo grado, in quanto sono inammissibili in sede di legittimità censure che non siano dirette contro la sentenza di appello, ma riguardino questioni sulle quali questa non si è pronunciata ritenendole assorbite, atteso che le stesse, in caso di accoglimento del ricorso per cassazione, possono essere nuovamente riproposte al giudice di rinvio». (Cass. Sez. 5, 01/06/2012, n. 8817, Rv. 622949 – 01).
2. Deve essere, parimenti, rigettata l’ulteriore censura di inammissibilità del ricorso, formulata dalla r controricorrente in ragione del fatto che l’Agenzia non avrebbe mai contestato, nel corso del giudizio di merito, i fatti ex adverso dedotti, nonché i documenti e la consulenza tecnica di parte oggetto di produzione a sostegno della inattendibilità dell’accertamento, onde anche sotto tale profilo dovrebbe ipotizzarsi la carenza di interesse a ricorrere in sede di legittimità.
Indipendentemente dal rilievo circa la necessità di trascrizione o di puntuale richiamo di tutti gli atti sulla cui base dovrebbe ritenersi integrata l’ipotesi di non contestazione che il controricorrente formula (cfr. Cass. Sez. 6 – 3, 22/05/2017, n. 12840), va osservato che l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non i documenti prodotti, né la loro valenza probatoria, la cui valutazione, in relazione ai fatti contestati, è riservata al giudice (Cass. Sez. 3, 21/06/2016, n. 12748, Rv. 640254 – 01). Nello stesso senso, questa Corte ha precisato che l’onere di contestazione per la parte attiene alle circostanze di fatto e non anche alla loro componente valutativa, che è sottratta al principio di non contestazione, sicché non sussiste alcun onere di contestazione con riferimento alla valutazione svolta da un consulente tecnico (con riferimento al c.t.u., cfr. Cass. Sez. 6 – 3, 21/12/2017, n. 30744, Rv. 647006 – 01).
Ciò posto, dall’esposizione contenuta nel ricorso e nell’impugnata sentenza risulta, altresì, che l’Agenzia ricorrente, nell’affermare sin dalla costituzione in giudizio la correttezza del metodo di accertamento di tipo analitico-induttivo impiegato e la congruità degli esiti raggiunti, evidenziando la ricorrenza dei relativi presupposti, abbia contestato nel loro complesso le allegazioni di segno contrario addotte dall’odierna controricorrente.
3. Con il primo motivo l’Agenzia ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 10 e 11 del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., sostenendo che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice d’appello, deve considerarsi ammissibile l’appello proposto dal competente Ufficio, recante la firma del funzionario sottoscrivente in luogo del direttore titolare, giacché la delega di questi deve intendersi rilasciata in via generale con la preposizione del funzionario autore della sottoscrizione al settore di competenza dell’ufficio.
3.1. Il motivo è fondato.
In tema di contenzioso tributario, gli artt. 10 e 11, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate nei cui confronti è proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale, sicché è validamente apposta la sottoscrizione dell’appello dell’ufficio finanziario da parte del preposto al reparto competente, anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega, salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza (Cass. Sez. 5, 21/03/2014, n. 6691, Rv. 630527 – 01; nello stesso senso, Cass. Sez. 6 – 5, 26/07/2016, n. 15470, Rv. 640640 – 01), dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dall’ufficio e ne esprima la volontà (v., altresì, Cass. Sez. 5, 09/01/2014, n. 220, Rv. 629872 – 01).
3.2. Invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, al quale il Collegio intende aderire, la legittimazione processuale degli uffici locali dell’Agenzia delle entrate trova fondamento nelle norme del il Regolamento di amministrazione delle Agenzie delle Entrate n. 4 del 2000 (pubblicato sulla G.U. del 13/12/2001), adottato ai sensi dell’art. 66 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300. Ne consegue che agli uffici periferici va riconosciuta la posizione processuale di parte e l’accesso alla difesa davanti alle commissioni tributarie, permanendo la vigenza degli artt. 10 e 11 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546; in tal caso essi possono essere rappresentati tanto dal rispettivo direttore, quanto da altra persona delegata nei termini sopra specificati (cfr. anche Cass. Sez. 5, 03/10/2014, n. 20911, Rv. 632446 – 01).
3.3. Ha, dunque, errato la CTR nel dichiarare inammissibile l’appello dell’Agenzia sulla base della mera considerazione della non avvenuta esibizione in giudizio di una delega specifica ad impugnare la sentenza, in quanto detta inammissibilità avrebbe potuto essere dichiarata solo se il contribuente avesse eccepito l’eventuale abusiva posizione del firmatario dell’impugnazione in quanto non appartenente all’ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza e avesse soprattutto adempiuto all’onere di dimostrare la veridicità di tale assunto.
Nella medesima prospettiva, inconferenti risultano, infine, i richiami effettuati dal controricorrente alle ordinanze della Sesta sezione di questa Corte, nn. 12960, 15781, 17196 e 19858 del 2017, che fanno riferimento alla diversa fattispecie della sottoscrizione dell’avviso di accertamento che, in base all’art. 42 d.P.R. n. 600/1973, è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato; delega che può essere conferita o con atto proprio o con ordine di servizio purché venga indicato, unitamente alle ragioni della delega, il termine di validità ed il nominativo del soggetto delegato.
4. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4 stesso codice, avendo la CTR sollevato d’ufficio la questione relativa alla mancanza in atti del documento di delega ed avendo erroneamente desunto da tale omessa produzione l’inammissibilità dell’atto di appello.
Il motivo è infondato. La questione in esame attiene al difetto di legittimazione attiva dell’appellante ed alla regolare instaurazione del contraddittorio e, come tale, è rilevabile, anche d’ ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, con l’unico limite costituito dalla formazione del giudicato sul punto; diversamente opinando, i principi costituzionali di incondizionato accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti e del giusto processo risulterebbero lesi, posto che l’osservanza delle relative disposizioni dipenderebbe esclusivamente dalla iniziativa di parte (Cass. Sez. 3, 05/07/2004, n. 12286, Rv. 574140 – 01; Cass. Sez. 5, 05/05/2003, n. 6787, Rv. 562628 – 01).
Tale rilievo assorbe la circostanza, comunque comprovata dalla controricorrente, della specifica proposizione da parte di quest’ultima della relativa questione di difetto di legittimazione processuale in capo al sottoscrittore dell’atto di appello, diverso dal direttore titolare, senza che fosse stato prodotto l’atto di delega.
5. Pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla medesima CTR, in diversa composizione, per nuovo esame. La CTR provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in sede di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo motivo; cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla commissione tributaria regionale della Sicilia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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