CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 19 dicembre 2018, n. 32874
Danno da dequalificazione – Risarcimento – Cessione del contratto di lavoro
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Roma, pronunziando sugli appelli proposti da L.S. e T.I. s.p.a., in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermata quanto alla condanna della società al risarcimento del danno da dequalificazione, ha dichiarato la nullità della cessione del contratto di lavoro di L.S., la giuridica persistenza del rapporto di lavoro con T.I. s.p.a. e condannato detta società alla riammissione dello S. nel posto di lavoro.
2. Per la cassazione della sentenza di appello hanno proposto separati ricorsi T.I. s.p.a., sulla base di tre motivi e S.T.I.I.T. s.r.l. ( già S.S.C. s.r.l.) sulla base di due motivi; L.S. ha resistito con tempestivi controricorso .
3. T.I. s.p.a. ( anche quale incorporante di T.I. I.T. s.r.l.) e L.S. hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.
Ragioni della decisione
1. Con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. T.I. s.p.a., premesso di avere, a far data dal 1° gennaio 2017, incorporato la società TI.IT T.I. I.T. s.r.l., cessionaria del ramo di azienda, ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere atteso che la pretesa del lavoratore all’instaurazione del rapporto con T.I. s.p.a. doveva ritenersi ormai priva di valore per essere lo stesso divenuto dipendente della originaria cedente per effetto dell’incorporazione.
2. L.S. nella propria memoria ha dato atto che in seguito alla incorporazione della cessionaria in T.I. s.p.a. i lavoratori esternalizzati, compreso esso S., erano stati tutti reintegrati in quest’ultima società alle dipendenze della quale era proseguito il rapporto di lavoro.
3. Alla luce di quanto sopra ed in conformità della giurisprudenza di questa Corte i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili in quanto l’interesse ad agire e, quindi, ad impugnare deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione ( o l’impugnazione), ma anche nel momento della decisione, poiché è in relazione a tale decisione – ed in considerazione della domanda originariamente formulata – che tale interesse va valutato. (Cass. 30/1/2018 n. 2235, in motivazione; Cass. Sez. Un. 12/9/2017 n. 21107, in motivazione; Cass. 31/05/2005 n. 11609; Cass 08/09/2003 n. 13113).
4. Quanto alle spese, la comune richiesta di cessazione della materia del contendere, reiterata in sede di discussione ne giustifica la compensazione.
5. Non trova applicazione, trattandosi di inammissibilità per sopravvenuta cessazione della materia del contendere, l’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in quanto tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità originarie della stessa (Cass. 02/07/2015, n. 13636; Cass. 12/11/2015, n. 23175; Cass. 10/02/2017, n. 3542).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi. Compensa le spese.
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